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Kindle Notes & Highlights
Credo che esistano persone, come noi, la cui anima si trascina dietro al corpo fintanto che ce la fa, come quei moribondi nei vicoli del distretto che si aggrappano ai muri per non cadere, fin quando non gli si sgretola tra le dita. La nostra anima arranca, è stanca, trema. Poi, quando sbiadisce del tutto, il corpo smette di sforzarsi e finalmente la raggiunge. Ovunque l’anima sia andata a finire. Persone così possono solo attendere che ciò accada. E io attendo. Dovrei lasciarmi
Ti giuro che mi farò andare bene la mia stanza, e i miei tarocchi, e la mia pietra azzurra dal cuore terroso e il mio “pettine”. Mi basta riavere mia madre, anche se mi odia, e quella mano e quegli occhi che spuntano tra il buco del palazzo di fronte.
“Catturerò il destino afferrandolo per il collo. Non mi dominerà.” Di certo, io dominerò lei.
Mi sistemo meglio il mio Audemars Piguet sul polso.
La rassegnazione è peggiore della paura. Prende per mano il pericolo e insieme vanno incontro all’inevitabile.
È luce e oscurità. È vita. È morte.
Io non sono un iceberg. Sono un fottuto vulcano pronto a esplodere per un nonnulla, che non so come diavolo spegnere.
Sul comodino, in camera mia, il carillon smette di suonare la sua musica malinconica e sgraziata. Ansante, allungo un braccio dal letto sul quale sono riverso sfiancato e afferro la giostra ora immobile. Traccio con un dito le rifiniture, gli intarsi dorati, i cavalli bianchi, prima di caricare l’ingranaggio che le permetterà di suonare di nuovo.
L’autunno è la mia stagione preferita. Amo il colore arancione. Mi piacciono le tartarughe anche se non ne ho mai vista una. Colleziono pietre.
Sbuffo dalle narici. A cavalcioni sulla mia Yamaha YZF-R1, mi sfilo il casco e con una mano tiro indietro i capelli attaccati alla fronte sudata.
Amo il colore arancione, mi affascinano i fiori arancioni, ma questi… sono perfetti. Diventano in assoluto i miei… «Sono calendule.» Alietta si inginocchia accanto a me. «I preferiti del signorino.» Dopodiché
Nevena, come tutte le volte che smetto di toccarla, traballa. Succede. Ogni. Volta. Come se fossi il suo sostegno, la sua impalcatura, e la cosa mi fa impazzire. Voltandole
Un cazzo di fiore nato in mezzo ai rifiuti.
capelli, chiari e spettinati, ricoprono gli occhi del mio angelo.
voce. È come se avessi aspettato lei.
Mi smarrisco a osservarla e allo stesso tempo è come se mi ritrovassi.
Adesso. Adesso sono andata davvero. I suoi occhi sono fermi sulle mie labbra. Le dita immobili sulla ferita. E l’energia che ci attraversa non saprei spiegarla: è dolore, tensione, strazio e… amore, amore, amore. Non l’amore delle favole, o dei libri, o di amanti che si saziano e si abbeverano. Non quello che mi hanno raccontato e quello sul quale ho fantasticato a occhi aperti. È amore che tocchi, che vedi, che senti addosso. È come perdere se stessi e trovarlo nell’altro. È sentirsi parte di un’altra persona.
È sentire le viscere stringersi dal desiderio di immergersi dentro a quella persona. È sconfinare in un posto che non è il tuo, ma che possiedi allo stesso tempo. E tutto questo, per me, è impossibile. Io non posso amarlo. Lui non può amarmi. Sto delirando.
Hristo posa delicatamente la mano sulla mia schiena. Mi dà colpi deboli, perché conosce le ferite che i miei vestiti nascondono, ed è l’unico di cui non m’importa che sappia.
I miei genitori mi hanno insegnato a impacchettare la mia anima e a metterla da parte. A dimenticarla, a non farmene niente. Tuttavia, i miei genitori mi hanno anche nutrito d’odio, e l’odio è un’emozione che non si può impacchettare né nascondere. L’odio divora, cresce fino a inglobare tutto, e non importa cosa io faccia oggi o domani o il giorno dopo ancora; l’odio resta, cambiato, sì, ma non sparisce come l’amore.
Fin quando proverò così tanto, fin quando sentirò tutto quel rancore, filtrato dall’amplificatore che ho incastrato in petto, resterò un debole essere umano. Per i Damyanov non va bene essere umano.
Le emozioni vanno bene, ma devi dominarle. Trova un punto fermo che ti calmi.»
Sono Mikael Gavrilov Damyanov, il diciassettenne più ricco e potente del paese, la cui vita è già stata scritta. Possiedo tutto ciò che desidero, ma mi ritrovo a non desiderare niente, sono libero di correre in strada a duecentocinquanta chilometri orari, ma la mia libertà termina esattamente dov’è sancito da mio padre.
D’istinto, infilo la mano nella tasca dei pantaloni e, disperato, stringo l’ossidiana che uno stupido moscerino mi ha detto di portare con me.
Mi aggrappo a lui, per permettere ai suoi pezzi rotti di infilarsi nei miei pezzi rotti, per fargli comprendere che non esiste un “io” senza di lui.
Non mi interessa esistere senza di lui.
Nel momento esatto in cui l’ho toccata, sono andato in mille pezzi e mi sono ricomposto un milione di volte. Vedevo me stesso frantumarmi e ricompormi in continuazione. E nell’istante in cui mi sono lasciato andare, il dolore si è volatilizzato e mi sono sentito più forte. L’ho condiviso con lei, il mio dolore, e lei lo ha accolto.
L’unica persona che mi fa respirare perché respira lei.
Slinky è uno scoiattolino che, per qualche strana ragione, mi si è incollato addosso, neanche fossi sua madre.
Maledettamente fragile. Maledettamente mia.
Realizzo di non conoscere affatto il tuo mondo. Conosco te, la tua anima, il tuo essere, ma non ciò che ti circonda. E io non sono questo mondo. Io sono una soffitta che ripara i tuoi dolori. Un altro sforzo e potrai sfilare via da questo posto.
Apro gli occhi. Il mio pugno piantato al centro dello specchio. La mia immagine riflessa in
Premo la fronte contro la sua. Premo il naso contro il suo. Premo la bocca contro la sua e tutto in me va a fuoco, lei va a fuoco, noi andiamo a fuoco.
La mia vita nella sua.
«Non ho mai guardato nessuna come guardo te.» L’indice lascia una scia di brividi sul suo cammino. La bramosia del modo in cui mi fissa mi fa sentire più nuda di quanto in realtà non sia. «Non ho mai toccato nessuna come tocco te.» Le dita scendono, si immergono nella peluria chiara del mio sesso, indugiano proprio lì, dove bramo che mi tocchi. «E non ho mai baciato nessuna come bacio te, Nevena.»
«Non so se mi piace che tu apra le gambe con tale disinvoltura, moscerino.» La voce dura mi fa irrigidire. Mi brucia. «Ma voglio credere che sia dovuto a me.» «Soltanto per te» confermo, con le guance a fuoco e l’imbarazzo che aleggia tra i miei ansiti. «Soltanto per te, non voglio che mi tocchi nessun altro.»
A dargli ciò che gli spetta. Quel fiore che la me bambina ha a lungo protetto e ora so il perché: è sempre stato suo. Suo soltanto. Eternamente suo.
lui beve, insaziabile, l’oasi che divento, l’oasi che lo accoglie.
«Te l’ho detto che sono una brutta persona.» No, no, no! Piace anche a me, lo penso ma non lo dico. Non ne ho la forza, non ne ho l’energia.
Gli dono il mio respiro e lui mi concede il suo.
Provare è sempre stato sbagliato. Sentire è sempre stato proibito. Quante volte sono stato punito da mio padre per non essere riuscito a nascondere quanto godessi per il dolore altrui.
Voglio lei, con tutte le conseguenze.
L’autunno è la mia stagione preferita. In autunno è nato Mikael. Amo il colore arancione. Lo ama anche Mikael. Mi piacevano le tartarughe, ma adesso adoro gli scoiattoli. Slinky è il mio primo vero amico, se escludiamo Mikael e Alietta e se non consideriamo che Slinky è uno scoiattolo. Non colleziono più comuni sassi, ma pietre che Mikael ha iniziato a regalarmi. Sono un po’ come i sassi, ma hanno valore, proprietà e colori differenti. Ho una voglia a forma di cuore sul ginocchio. Mikael ha centinaia di cicatrici orribili sulla schiena. Ne ho qualcuna anch’io, ma sono dolci. Mi piace l’odore
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Mi piacciono i fiori, soprattutto quelli arancioni, e le calendule sono diventate il mio fiore preferito. Nevena
«Sono convinta che alcune anime nascano spezzate» geme, il corpo uno stelo reciso e io piango, piango come un maledetto, inutile infame. «Ma la mia e la tua sono un unico pezzo, non è vero?»
Vengo ammanettata al sedile davanti. Vengo legata per le gambe, corde strette alle caviglie. Mi manca perfino la forza per piangere.
sogni non sono altro che frammenti che tagliano la carne. I sogni ti lacerano in silenzio, quando il tempo passa e loro restano indietro. I sogni non sono fatti per i fantasmi, inconsistenti e destinati a vagare senza niente addosso. I sogni sono rimpianti abbelliti da illusioni che ti spaccano il cuore in due. Ho smesso di sognare, tanto tempo fa.
Galleggio in un mondo inconsistente, privo di solidità, impalpabile, fatto di nulla, e nemmeno m’importa.
Poi, un ansito. Il mio. Il suo. Non saprei dirlo. No. Non mi sto sbagliando, è tutto reale. E non posso più scappare. Lentamente, volto il capo alla mia destra. Tutto maledettamente reale. E non posso più scappare. Lentamente, sollevo lo sguardo e lo aggancio all’uomo che ammira le acque. Tutto… reale. E non posso più scappare. D’un tratto, l’oceano riprende ad agitarsi, il mondo romba, e il mio cuore batte, batte, batte tanto forte da rendere indistinto nient’altro al di fuori del panico. Fa male. Il profilo intagliato alla perfezione. Le mascelle inflessibili. La linea crudele delle labbra
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L’angelo dannato sospira, gli occhi mi bruciano, arsi dalla disperazione. L’angelo dannato allarga le spalle, le mani affondate nelle tasche dei pantaloni del completo scuro. Il suo odore, il suo odioso odore mi penetra e riduce a brandelli ciò che resta della mia determinazione. Si gira verso di me. I suoi occhi, i suoi odiosi occhi mi fanno cedere le ginocchia. Deglutisco, mi impongo di restare in piedi. Eretta, di fronte a lui. La borsa continua a essere pesante, non sono in grado di aprirla, le dita non hanno presa. Il cuore lo è di più, pesante, non smette di battere. Poi, l’angelo
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