Dalla parte di Samar
Quando si parla di unioni, matrimoni e adozioni per coppie gay, spesso si scomodano la natura e Dio senza comprendere che l’introduzione di diritti civili non ha nulla a che vedere né con l’una, né con l’altro. Mi viene in mente questa cosa, che a molti apparirà banale, perché sul terreno dei diritti civili si combattono assurde battaglie politiche. Mi viene in mente perché l’opinione di un singolo – magari contrario a ciò che secondo lui non si trova nelle scritture sacre – finisce per essere determinante a fronte di una società che ha invece bisogno di introdurre diritti che tutelino nuove forme di unione, di convivenza, di amore.
Il diritto di voto per le donne non è un istituto presente in natura, come del resto non lo è per gli uomini, anche se per secoli si è creduto che quest’ultimo lo fosse. Il suffragio universale è ovviamente un artificio necessario per poter essere comunità, per potersi dare delle regole, per poter convivere e condividere spazi e risorse. La facoltà per una donna di poter scegliere chi sposare o chi non sposare (magari la persona con cui convivere) non è un istituto presente in natura così come non lo è il suo contrario, ovvero l’impossibilità a poter scegliere chi amare e l’obbligo a dover sposare chi la famiglia decida.
Sono esempi semplici che mostrano quanto sia fuori luogo parlare di naturalità di un comportamento o di volontà divina dietro ciò che crediamo possibile e ciò che non riusciamo proprio ad accettare. Sono esempi semplici che dovrebbero mostrare in maniera lampante come non può essere l’opinione del singolo a decidere cosa sia meglio per la comunità.
Un esempio. Samar Badawi è una donna di trentaquattro anni, nata in Arabia Saudita, un luogo dove tante cose naturali per noi occidentali non lo sono. Per noi è naturale che se un padre abusa di sua figlia sia lui a venire condannato e non la figlia per disobbedienza. Per noi è naturale che se una donna vuole sposare un uomo possa farlo anche senza il consenso dei propri genitori. Per noi non è naturale, e in Arabia Saudita invece lo è, che una donna di qualsiasi età abbia un tutore di sesso maschile, o che non possa guidare un’auto. In Arabia Saudita fino al 2011 le donne non potevano votare o candidarsi e questo lì era naturale. Samar Badawi e la sua storia, come del resto quella di molti altri attivisti, hanno dimostrato che tra natura, Dio e diritti civili non ancora acquisiti non c’è alcun nesso razionale e che tutto dipende da quanto siamo disposti a mettere in discussione le nostre certezze che molto spesso sono solo pregiudizi.
Va da sé che la società civile saudita ha al suo interno le forze che occorrono per cambiare le cose e di fatto lo sta facendo. Ci sono organizzazioni non governative, come la Human Right First Society, che si occupano di monitorare le violazioni di diritti civili e di denunciarle, soprattutto all’estero, poiché i movimenti di opinione internazionali sono da sempre fondamentali perché si accendano riflettori e si dia forza a chi vive in condizioni di disagio.
Samar Badawi dopo aver trascorso sette mesi in carcere nel 2010 per disobbedienza, dopo aver visto imprigionati suo fratello e suo marito, anche loro attivisti, non si è piegata e ha fatto della sua vita una missione. E soprattutto lo ha fatto in maniera rivoluzionaria, ovvero rivolgendosi a quelle stesse autorità che intendeva cambiare, dimostrando che mutare dall’interno si deve e si può. Ha fatto ricorso ai tribunali sauditi per ottenere il diritto di voto, per ottenere il diritto a poter guidare, così come aveva denunciato suo padre per “Adhl”, ovvero la costrizione a mantenerla nubile per tutta la vita. I tribunali non le danno ragione e trovano cavilli per rigettare le sue richieste, ma lei non demorde e questo la rende esemplare nella sua forza di volontà e nella dimostrazione che di naturale nella mancanza di diritti non c’è niente, solo la caparbietà di mantenere un’assurda idea di purezza.
Molti ritengono che l’Arabia Saudita sia assai vicina a quell’ideale di stato islamico da preservare contro la corruzione dell’Occidente. Molti ritengono che questo loro pensiero sia naturale e voluto da Dio. I danni che in tutto il mondo questa interpretazione sta producendo sono incalcolabili in termini di vite umane e di terrore. Ecco, spero di aver convinto chi, quando si parla di diritti civili fa appello alla natura e a Dio, che sta facendo qualcosa di decisamente abominevole e che la storia gliene chiederà conto.
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