LonCon3: rapporto di uno scudiero
È la mia prima WorldCon di sempre. Prima di questa, sono stato a Convention più piccole in Italia e in Inghilterra e, quindi, questa cinque giorni di trattamento full-immersion nel mondo della SF, significa molto per me. Ho approcciato questo momento come se fossi uno scudiero, invitato quasi per caso alla Celebrazione di Re, Regine e Cavalieri; uno scudiero proveniente da una terra a lungo dimenticata, un tempo territorio di scienza e cultura, di conoscenza e arte, ridotto oggi a una palude d’inamovibili affari sporchi e mancanza di visione chiamato Italia. Al contrario, la visione del Centro Excel dove la LonCon3 si svolge quest’anno, è scintillante anche sotto le nubi estive spesso in bilico su Londra.
Mi registro al desk di accoglienza e ritiro il badge un giorno prima dell’inizio dell’eccitazione generale; colgo quest’occasione per andarmene in giro per Londra, dove non sono stato tanto quanto avrei voluto.
Entrando nella stazione di Prince Regent sento l’accelerazione sulla mia pelle mentre cammino in mezzo a persone chiaramente impostate su un livello di funzionalità superiore. Londra è un vortice inarrestabile di trasformazione; architetture all’avanguardia ridisegnano lo skyline della città – un orizzonte fratturato e potenziato – dove la natura è ridotta a immagine dentro cartelloni pubblicitari o a brevi clip su videowall; i più recenti dispositivi di riconoscimento facciale e tracciamento inviduale sono all’opera, gli altoparlanti della metro gridano consigli e suggeriscono buone maniere; non è consentito il pagamento in contanti sui bus; sicurezza ed efficienza sono le priorità; lontano è il tempo in cui la conservazione significava il potere vero, e il cambiamento era segno di inidoneità.
Accanto a me, c’è David Henley, mio compagno di Con, oltre che mio editore australiano e scrittore di fantascienza: non siamo qui soltanto per goderci l’evento, abbiamo un libro “diverso” da presentare. Un libro scritto in italiano – Livido -, pubblicato in Italia da Delos Books, e edito in Australia per Xoum, sulla collana Fantastica SF con il titolo di Livid. Poiché il sottotitolo della Convention è “La diversità nella Science Fiction”, ci sentiamo comodamente a casa.
Superiamo Buckingham Palace dove dei Kurdi stanno protestando contro il bombardamento dell’ISIS. Certe cose non cambiano mai.
Covent Garden è così zeppo di gente che beve e si gode le rare scintille di sole che continuiamo verso Soho, in cerca di cibo. David e io siamo perfetti sconosciuti, non ci conosciamo affatto, né sappiamo granché del posto in cui ci troviamo. Abbiamo appena pubblicato un romanzo scambiandoci email e chat su Skype, ma ci troviamo d’accordo nel momento di scegliere l’angolo da cui mangiare e osservare questa realtà multistrato. Ci sediamo al tavolo in un ristorante cinese, niente di speciale, una signora impasta ravioli in vetrina, prezzi abbordabili, quindi semivuoto. Il cibo invece è eccellente: ho sempre preferito il contenuto alla confezione.
Finito di mangiare, non vedremo nient’altro di Londra; saremo dentro una bolla di SF, una Bolla lucida e promettente.
Quello che segue è il resoconto dei panel più interessanti a cui ho avuto modo di partecipare. Ho previsto una miscela ben equilibrata di panel di SF inglese e non. Poiché in tutto il Centro Excel ci sono molti Re, Regine e Cavalieri, ci saranno anche molti contadini meno importanti, scudieri come me e aristocratici decaduti di cui sono curioso di sapere qualcosa di più, del loro mondo, delle loro avventure e disgrazie.
Giovedì – Giorno 1) Panel: Approcci alla SF mondiale: David Henley parla del tempo impiegato da un romanzo scritto in inglese per essere tradotto in altre lingue e viceversa. Il risultato è chiaramente sbilanciato da una parte e decreta il ritmo dell’effettivo potere culturale dell’industria editoriale globalizzata. La lingua inglese si diffonde come un virus, mentre quella cinese non può uscire dalla Cina (anche se ci sta provando). Le implicazioni sono sorprendenti, anche se non nuove. Come il latino, l’arabo e il francese hanno fatto prima in passato, e l’inglese al momento, la lingua e quindi le storie e quindi la narrativa rappresentano modi formidabili per conquistare il mondo.
Lungo il corridoio incontro uno Ian McDonald appena arrivato (l’ho conosciuto a marzo durante la DeepCon15 in Italia) e mi invita a unirsi a lui, a Mike Cobley e a David Wilgrove per un caffè. Sono contento, come lo sarebbe qualsiasi altro buon scudiero di fronte al proprio Primo Cavaliere.
Nel corso della serata, grazie all’intermediazione di Selene Verri, il gruppo italiano (con importanti scrittori di SF come Dario Tonani e Giovanni de Matteo, editori come Silvio Sosio, l’eccellente illustratore Maurizio Manzieri e il traduttore e professore Salvatore Proietti) si fonde con quello francese (guidato da Ugo Bellagamba del festival Utopiales di Nantes e l’ottimo autore Jean-Claude Dunyach) per un drink. David Henley si unisce a noi aggiungendo un tocco australiano.
L’ultimo panel di giornata è di Kim Stanley Robinson, il quale legge estratti da alcune lettere intercorse tra Virginia Woolf e lo scrittore di SF Olaf Stapledon su libri ed esperienze di scrittura. Robinson definisce il rapporto tra il riepilogo e la drammatizzazione – altrimenti detto nei corsi universitari di scrittura “show, don’t tell” – una regola “macabra e da zombie” e si augura che tutti quanti possano “seppellirla per sempre”.
Una volta Damon Knight gli diede un consiglio: “accelera sulle parti noiose, e rallenta su quelle potenti” in modo che il ritmo della narrazione risulti più uniforme. Eppure – dice Robinson – alcuni scrittori fanno il contrario (come Patrick O’Brian) creando uno strano effetto di “deformazione-temporale”: contrazione all’infinito del tempo della narrazione (Proust) oppure espansione. Pollici in alto, Kim!
Venerdì – Giorno 2) Di mattina c’è la “Passeggiata con le Stelle” ma, visto che siamo a Londra, il vento e le raffiche di pioggia limitano la partecipazione. Pat Cadigan è una delle Stelle Cadute e dato che sono un suo grande fan, mi presento e la invito come ospite d’onore alla DeepCon di Fiuggi: sono stato nominato scudiero degli Esteri di SF Italiana da Flora Staglianò, membro dell’organizzazione: ora mi sento ufficialmente in missione. La risposta di Pat Cadigan è entusiasta, come molti altri aspetti della scrittrice, dalla mimica allo stile, una vera Regina del Cyberpunk.
Vado al KaffeKlatsch con Ken MacLeod con spirito sollevato. Anche lui è sulla mia lista di ospiti da invitare. La chiacchierata ruota attorno ai suoi romanzi passati e futuri. L’invasione britannica di SF cavalca l’onda della New Space Opera. Dopo l’incontro, conosco Andrey Malyshkin, curatore della EuroCon 2015 a San Pietroburgo, il prossimo appuntamento da non perdere, almeno qui nel Vecchio Continente.
Per pranzo, a David e me si unisce anche James Patrick Kelly. Nell’aprile scorso, Jim mi ha invitato al Cambridge SF Workshop negli Stati Uniti, un’esperienza straordinaria per cui gli sarò sempre grato. Parliamo di SF nelle diverse aree geografiche e sembra che il Fantasy stia prendendo di nuovo piede, come ha fatto negli anni ‘70 in seguito al successo di Tolkien. Tuttavia la qualità dei romanzi di Fantasy è dubbia (come pure di SF aggiungo io), poiché il mercato si sta allargando e piegando sempre più alle ragioni del business trascurando qualsiasi preoccupazione letteraria.
Per quanto riguarda le riviste di fantascienza (stampata e on line) mi iscrivo all’incontro “Birra Letteraria” con l’autore olandese e curatore dell’antologia “Shine”, Jetse de Vries. È un omone affascinante, imponente e si diverte non poco a raccontare la sua avventura con la rivista Interzone; dice chiaramente quanto sia importante il faccia a faccia nelle relazioni e strategie editoriali per fare girare le cose. Buona o cattiva notizia? Personalmente mi sento a casa, dove abbiamo sempre fatto così.
Anche un autore travestito da scudiero, potrebbe avere le sue chance dopotutto.
Di corsa giù per le scale e sono in un panel sulla SF Baltica e dell’Europa orientale. Sembra che ci sia un bel po’ di movimento lassù, dato che la Polonia, la Croazia, la Serbia e la Lettonia hanno tutte una scena narrativa interessante, ma di nuovo, il mercato è fatto per la maggior parte da romanzi tradotti dall’inglese nella lingua locale. Imants Belogrivs – uno dei pochi editori di SF in Lettonia con Hekate – mi racconta di un autore lettone, Tom Crosshill, il cui bellissimo racconto – Frammentazione – ho letto l’anno scorso, e che pubblicherò in italiano sull’etichetta Future Fiction. Tom Crosshill è la prova vivente che ci si può riuscire, anche se si viene da un paese lontano, a patto che la storia sia veramente ottima e si passi un po’ di tempo negli Stati Uniti. Beh … questo è difficile, ma fattibile.
Torno al piano di sopra per il panel “Translation-Wish, Translation-Obstacles”. Ci sono molti traduttori nel panel e anche sparsi in mezzo al pubblico e le cose iniziano a complicarsi. Mentre nelle sale maggiori è tutto un baci e abbracci e strette di mano amichevoli, qui le persone condividono dolori e sofferenze con altri sconosciuti. Se la lingua è un’arma, la traduzione è un silenziatore. Si può usare facilmente dall’Inglese verso qualsiasi altra (i paesi arabi implorano per averne di più), mentre, se non utilizzata, la tua stessa lingua diventa una trasmissione muta di senso. La domanda è: fino a che punto i libri meno costosi sono migliori di quelli più costosi? Non è che la McDonaldizzazione alimentare si sta propagando anche alla narrativa? Cioè, quanti dei costi legati alla produzione di un romanzo sono riflessi nei libri che leggiamo? Dovremmo trattare il mercato editoriale come qualsiasi altro, oppure alcuni aspetti della vita umana andrebbero preservati dallo sfruttamento commerciale? Accidenti … Mi sento come un Panda, una specie in via di estinzione ma, a differenza del Panda, non importa a nessuno se un autore scompare. Mi chiedo se Darwin avrebbe approvato una tale bizzarra applicazione delle sue teorie evolutive. Ma poi alla fin fine, se non si riconosce un Panda da un Orso Nero, o un Orso polare da un Grizzly, importa davvero?
Mentre lascio la stanza in uno stato d’animo perplesso, sono lieto di vedere l’autore russo Dmitriy Kolodan seduto accanto all’ucraino Vladimir Arenev. Questo mi fa capire quanta propaganda sia attualmente in corso su entrambi i lati del conflitto nella zona di Lugansk.
Sabato - Giorno 3) Tempo di aggiornarsi sugli sviluppi della scienza vera con il panel su “Body Modification – From Decoration to Medication and Augmentation” C’è un ottimo relatore, Paul Graham Raven, ma anche troppe persone che parlano e limitano il risultato generale; mi resta una sensazione di sfioramento della superficie. Mi sarebbe piaciuto sapere di più sullo stato dell’arte delle protesi artificiali, della stampa 3D e delle tecnologie Bio & Nano. Invece il tempo scade poco dopo che i relatori hanno toccato la rivoluzione di Internet e dei dispositivi di esternalizzazione mnemonica personale, vedi anche gli Smartphone. Come Paul Graham Raven dice brillantemente: “Abbiamo iniziato questo processo molto tempo fa con la carta, quando volevamo estrarre i nostri pensieri dalla testa.”
Dopo tre giorni di panel, sembra che alcuni relatori non siano stati ben informati sui temi di cui avrebbero dovuto parlare e, fatta eccezione per il panel di Architettura, di grande impatto visivo, pochi hanno preparato una presentazione multimediale. In generale è un peccato, perché la WorldCon non ha sfruttato in pieno le possibilità tecnologiche a disposizione. C’era un partecipante remoto connesso tramite dispositivo deambulante controllato via joystick dagli Stati Uniti. Lo avranno fotografato in 10.000.
Mi precipito al panel successivo sulla diaspora della SF cinese: pare promettere bene. Alcuni autori sino-americani, come Ted Chang e Ken Liu, hanno aperto il Portale d’Oriente della SF e quindi relatori come John Cho possono rassicurare tutti quanti i presenti che la trilogia Three-Body Problem sarà SF di ottima qualità. Non vedo l’ora di leggerlo, pubblicato da Tor in autunno: un grande successo in Cina che finalmente arriva sul mercato inglese. Il futuro sembra luminoso sulla sponda cinese del Pacifico.
Nel pomeriggio, mi iscrivo al KaffeKlatsch con Ian McDonald: Ian svela qualche aspetto dei suoi nuovi romanzi “Lunar 1 & 2” riassumendoli come “Dallas sulla Luna”, anche se io preferivo la definizione alternativa di “Borgia sulla Luna” che mi ha dato a Fiuggi. Poi le domande sono state tutte su Il Fiume degli Dei che lui dice di aver scritto perché in Star Trek – indipendentemente dalle intenzioni di voler rappresentare tutta l’etnicità del mondo – non c’era nessun personaggio indiano. Grazie Spock, ma non eri abbastanza alieno per Ian.
Il discorso di Lord Martin Rees è stato uno dei momenti più alti della WorldCon. Una corsa dagli albori della nostra civiltà verso il futuro ignoto dell’umanità, con tutti gli ostacoli che noi, esseri umani – come specie – ci troveremo ad affrontare durante la prossima evoluzione postumana. Che uno scienziato come Lord Rees – cosmologo, astrofisico ed ex presidente della Royal Society – possa citare H.G. Wells e prendere spunto da trame di romanzi di SF per illustrare lo stato del mondo presente e futuro, mi riempie di orgoglio e fiducia. Nel mio paese quando qualcosa prende una piega piuttosto brutta o sembra palesemente inverosimile siamo soliti dire: sì, robaccia da “fantascienza”. Voi sapete a chi va il merito di tanta saggezza. E se non lo sapete, fate finta di niente, perché capita solo da noi.
Di notte, David e io iniziamo a pensare a domani. Avremo il nostro piccolo spazio per presentare Livid nell’angolo più lontano del Fan Village, un luogo rumoroso e disordinato; sarà la nostra nicchia.
Domenica – Giorno 4) David ha un altro panel, “Generation of Genre”. Ancora una volta, mentre i relatori parlano, mi sembra che le differenze tra Fantasy e SF si stiano sbriciolando a tutta velocità. Almeno per il mercato e per quell’irrisolvibile problema di associazione da scaffale. Del resto, tali differenze sarebbero dettagli banali quando si tratta dell’elemento troppo spesso trascurato: la qualità. Che siano romanzi divertenti o d’intrattenimento oppure libri letterari e che osano, è solo la qualità il vero discrimine tra qualunque cosa si legge.
Sento la Coda Lunga del Drago del Mercato serrarmi la gola.
Con questi pensieri in testa, ci avviciniamo al lancio di Livid. Non ce ne sono stati molti in quattro giorni; ne ho contati due o tre. Forse Livid sarà l’unico romanzo non-Inglese presentato alla WorldCon. Ok, questa non è una Fiera del Libro, è una celebrazione del meglio del 2013 nella SF; eppure, la curiosità ha ucciso tutti i geek e i nerd? Perché non c’è stato un panel con i migliori scrittori degli Stati Uniti, Regno Unito, Cina, Francia, Russia o Spagna insieme? O ancora, perché non c’è stato nemmeno un panel in una lingua diversa dalla lingua franca inglese? Qualcuno avrebbe potuto assaporare il gusto esotico di altre lingue e altre cervella. Per dirla con le parole di Haruki Murakami: “Se leggi quello che stanno leggendo tutti, pensi anche quello che stanno pensando tutti.”
Ma ehi, ho sbagliato del tutto. L’uomo che cammina verso di noi in una camicia rosa è James Patrick Kelly. Una volta mi ha detto che, da giovane scrittore, è stato aiutato a entrare nel mondo della SF da altri autori più esperti i quali hanno reso l’inizio della sua carriera meno dura. Negli Stati Uniti, la maturità del genere ha raggiunto un livello così alto da avere tutta una rete di università e workshop che offrono corsi sulla SF. Non c’è da stupirsi che la SF americana domini il mondo. Hanno seminato i semi del “senso del meraviglioso” e adesso ne apprezzano i frutti succosi. Questo mi ricorda la galleria di foto, al piano di sopra dal Fan Village, con alcune immagini nostalgiche di scrittori di SF. Il riconoscimento letterario non dovrebbe escludere la narrativa di genere. Poiché non solo abbiamo bisogno di scrittori, ma anche di narratori.
Ed è allora che lo scudiero si trasforma in uno di loro. Non in me Francesco Verso in particolare, ma in un qualsiasi altro autore non-inglese con una finestra di 30 minuti di celebrità per dire: “Ci sono anche io.” Ed è allora che David Henley inizia a raccontare quanto abbiamo lavorato sulla traduzione di Livid, e sull’editing del testo per adattarlo a un lettore inglese. Sono davvero grato a David per aver scelto la via più difficile: un romanzo di SF italiana in Australia. Come dice un proverbio Zen: “tra due strade, scegli quella più dura, l’altro lo diventerà più tardi.”
Vorrei che i miei colleghi e amici scrittori, come Dario Tonani e Giovanni de Matteo, potessero avere anche loro un posto qui. Di certo io farò tesoro di questa esperienza per tutti gli autori sudamericani, africani, arabi, indiani, e l’intera categoria dei “diversi” che non ho incontrato. In realtà ho incontrato gli arabi al panel “Sinbad SF”: c’era un editore di SF, Yasser Bahjatt, e tre autori, Ibrahim Abbas, Noura Al-Nouman e Amal El-Mohtar, a tenere alta la bandiera. Molto interesse intorno a loro, che deve però essere trasformato in altri lettori e autori.
Così Livid è stato qui, alla LonCon3. Lo scudiero ha cavalcato il suo ronzino, anche se per un breve tratto. Ci sono voluti sei anni in tutto, dall’editoria a pagamento e le edizioni da edicola, fino al primo contratto di pubblicazione e l’ultimo accordo internazionale con Xoum. Da dove ho iniziato, si tratta di un salto quantistico.
Venendo al picco modaiolo della Con, la notte che tutti stavamo aspettando… mi spiace, ma non c’ero. Potete trovare online articoli molto migliori di questo sulla Notte degli Hugo. Tuttavia ho visto, al termine della Cerimonia, vincitori maschi agitare il premio come fosse una spada, mentre le donne lo tenevano in grembo come uno scettro. Scherzo, tuttavia la mia assenza non è dovuta al desidero di snobbare il momento del Siamo-Tutti-Così-Felici al contrario, ho preferito andare a cena con David per parlare del modo in cui poter impiegare al meglio l’esperienza meravigliosa di questa Con e del nostro primo incontro.
Sicuramente c’è un bisogno silenzioso (e spesso non detto) di titoli di SF non-inglese che proviene dall’altra parte del mondo. Lo si percepisce nelle antologie “postcoloniali” che continuano a saltare fuori. E infatti il seme è stato piantato, anche se il meme impiegherà molto più tempo ed energie per radicarsi in un terreno fertile.
Di notte, tra le tante feste in giro, ho notato del movimento al bar dell’Hotel ALoft. C’è una festa della casa editrice Gollancz e, dopo essermi introdotto furtivamente, ecco materializzarsi il lato Commerciale dell’Evento sotto forma di Anziani Stregoni dell’Editoria, influenti Guardiani del Genere, come pure potenti Agenti Letterari e amichevoli Revisori, insieme a incorruttibili Critici accademici e Accoliti mutaforma del Fandom.
Ecco dove il prossimo Best Seller di SF&F che spaccherà le classifiche viene trangugiato, un drink alla volta. Anche se l’odore è allettante e seducente, me ne torno in albergo. Sia io che David siamo stanchi; potremmo guardare “The Prestige” in TV. Il potere, come l’inganno e la truffa, è vero quanto la finzione.
Lunedi – Giorno 5) La WorldCon è quasi finita. I superstiti, veterani di lungo corso e le matricole come noi, ancora ce la fanno a camminare lungo l’enorme spazio del Centro Excel con addosso i segni di un’estenuante soddisfazione. I piedi non fanno più male, forza! soltanto un ultimo panel prima che il tempo scada. “When Genre Collide” con Nick Harkaway è uno dei panel migliori; una sola citazione basterà a riassumerlo al meglio: “al procedere dell’accelerazione tecnologica, il mainstream e la sci-fi diventeranno un solo, unico genere.” Hai ragione da vendere Nick: vivendo in un tempo di “trasformazione perenne”, l’unico genere in grado di catturarne lo Zeitgeist è la fantascienza.
A questo punto ci sarebbe ancora molto altro da dire, ma è tempo di concludere per cui chiedo scusa se non sono andato più a fondo di così. Gran parte della LonCon3 è stata davvero meravigliosa, anche se a senso unico. Ottima, stimolante, eccitante. Mi piacerebbe se la WorldCon andasse quanto prima in un paese di lingua non inglese. So che è successo prima. So che succederà ancora. Eppure adesso sembra che il tempo sia proprio giusto. Molti altri paesi hanno raggiunto la maturità tecnologica e il susseguente livello di qualità nel genere per poter stare al fianco dei Maestri. Mi inchino umilmente di fronte alla vostra eccellenza e competenza. Qualcosa di cui sono grato, sia come lettore che come scrittore; qualcosa che mi ha insegnato, sebbene in modo alquanto strano e un po’ contorto, come arrivare sin qui per raccontarlo.
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