Se la Verità è percepita come repressione

di Costanza Miriano

Mi ha scritto una donna che si definisce una “lesbica di 47 anni” chiedendomi molto gentilmente di spiegarle perché io metta in atto una durissima repressione sessuale. Il tono era gentile, e sono sicura che ci fosse una sincera volontà di capire, ma non mi pare proprio il migliore degli inizi, visto che la mia “durissima repressione” consisterebbe, scrive la signora, nel mio commento al fatto che un gruppo di persone omosessuali hanno varcato il 6 giugno la Porta Santa di San Pietro.

Nel commento però io scrivevo solamente che sono contenta di sapere che ci sono degli omosessuali che, avendo attraversato la Porta Santa, proveranno a vivere in castità, perché il Giubileo è ottenere l’indulgenza, cioè confessare i propri peccati con il proposito di cercare di non farli più, e anche di “fuggire” le occasioni di commetterne altri. Non è una gita a Roma, non è una passeggiata in una bella chiesa, ma è la richiesta della grazia di Dio sulla propria vita. Non è una parata dell’orgoglio omosessuale come ce ne sono a bizzeffe, ormai nell’indifferenza generale. Facciano pure le parate e vivano la loro affettività e sessualità come vogliono, ci mancherebbe. Io non chiedo un giudizio della collettività sulla mia vita intima, mi va bene così come è, non mi interessa sapere cosa pensano i passanti di quello che faccio in camera mia. Però se passi la porta santa non stai facendo un gioco, stai compiendo un’azione che per la nostra fede ha un preciso valore. Altrimenti vai a passare la porta di Brandeburgo, l’Arco di Costantino, il cavalcavia di Ponte Pattoli. Se passi una porta santa, anzi non una qualunque, ma quella di San Pietro, e non da privato ma in un corteo con visibili vessilli della tua appartenenza stai chiedendo approvazione alla Chiesa.

Purtroppo però per il Catechismo della Chiesa Cattolica i rapporti sessuali tra persone dello stesso sesso sono intrinsecamente disordinati, e finché non cambia questo ci possono essere tutte le parate del mondo, pure in via della Conciliazione, tutti i colloqui privati di Padre Martin col Papa (al termine dei quali lui, Martin, potrà raccontare tutto quello che vuole, potrà dire di avere ricevuto tutte le pacche sulla spalla del mondo, tanto il Papa non lo smentisce), ma la Verità che la Chiesa dice agli uomini e alle donne di oggi rimane quella.

Che poi io dico: a me non interessa sapere cosa pensi un musulmano del mio modo di essere donna. Né cosa pensa un ebreo delle mie opinioni. Io rispetto loro, loro rispettino me. Mi interessano anche poco, direi niente, le loro opinioni. Ma se andassi alla Mecca o nel Tempio di Gerusalemme non mi permetterei mai di profanarne le ritualità.

Chi partecipa al Giubileo dovrebbe dunque avere una minima informazione di ciò che sta facendo, e rispettarlo. Per la Chiesa i rapporti omoerotici sono peccato.  Non è che le persone non li possano praticare, ma se vogliono l’indulgenza necessariamente devono confessarsi e fare almeno il proposito di astenersi. Altrimenti, continuino pure, ma non chiedano legittimazione alla Chiesa. Dire questa cosa viene percepito come repressivo e durissimo, come ogni cosa che avvisi l’uomo: non puoi fare tutto quello che ti salta in mente, non puoi decidere se sei maschio o femmina, non hai il potere di togliere la vita a un essere umano debole come un bambino appena concepito o un malato inguaribile o a un vecchio decrepito. Tutto ciò che limita l’assoluta discrezionalità dell’individuo viene percepito come opprimente, violento, duro, fascista, oscurantista e via dicendo.

Eppure, la cosa a cui queste persone proprio non riescono a credere, è che la Chiesa quando esprime un giudizio su una condotta, su un’azione – mai su una persona, questo spetta solo a Dio – lo fa perché è madre, e ci sta dicendo cosa ci fa bene, cosa ci fa fiorire, cosa ci rende profondamente felici. Mi viene pure un po’ di nausea a scrivere per la centomilionesima volta questa cosa, ma la mail che ho ricevuto (e i commenti dei miei ineffabili colleghi all’uccisione di Kirk) mi ricordano che è ancora e ancora necessario ribadire che tutti i no che la Chiesa dice sono per un sì più grande, il sì alla nostra felicità, fioritura, fecondità, serenità, insomma per una umanità perfettamente realizzata.

Se persino la Chiesa smette di dire questa verità agli uomini e alle donne che provano attrazione verso lo stesso sesso, chi lo dirà più? Quale speranza di felicità avranno? Se noi crediamo davvero, e se lo dice il Catechismo ci crediamo, che quei rapporti sono intrinsecamente disordinati, quindi impediscono la piena felicità, chi ci sarà a combattere per la felicità di quelle persone? Quale alternativa avranno alla voce del mondo, che dice loro che va tutto bene, che se sono infelici è per colpa di noi che giudichiamo e non invece del disordine che vivono?

Tutto quello che la Chiesa mi ha detto – non gli uomini, che sono peccatori come me, ma il Magistero, la Tradizione, la Parola – si è sempre rivelato profondamente vero, e “funzionante” per la mia vita, anche quando all’inizio mi è sembrato un peso faticoso da portare. Per questo affermo con certezza che la Chiesa è l’unica a voler bene davvero a quella signora che mi ha scritto. Il paradosso è che per questo, per volere il vero bene delle persone, la Chiesa venga definita oscurantista, e chi prova a ricordarlo è “cattivo”.

 

 

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Published on September 13, 2025 16:07
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