Podcast RSI - Gli smartphone ci ascoltano? No, ma...

È disponibile subito il podcast di oggi de Il Disinformatico della Radiotelevisione Svizzera, scritto, montato e condotto dal sottoscritto: lo trovate qui sul sito della RSI (si apre in una finestra/scheda separata) e lo potete scaricare .
Le puntate del Disinformatico sono ascoltabili anche tramite iTunes, Google Podcasts, Spotify e feed RSS.
Buon ascolto, e se vi interessano il testo di accompagnamento e i link alle fonti di questa puntata, sono qui sotto.
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I telefonini ascoltano le nostreconversazioni per bombardarci di pubblicità? La risposta degliesperti è sempre stata un secco “no”, nonostante lamontagna di aneddoti e di casi personali raccontati dagli utenti, chedicono in tanti di aver visto sul telefonino la pubblicità di unospecifico prodotto poco dopo aver menzionato ad alta voce il nome ola categoria di quel prodotto.
La tecnologia, però, galoppa, itelefonini diventano sempre più potenti e i pubblicitari diventanosempre più avidi di dati personali per vendere pubblicità semprepiù mirate ed efficaci, e quindi oggi quel secco “no” vaaggiornato, trasformandolo in un “no, ma…”,perché un’azienda importante è stata colta a proporre ai clientiproprio questo tipo di ascolto delle conversazioni a scopopubblicitario.
Questaè la storia di quel“no” e soprattutto di quel“ma”. Non è il caso difarsi prendere dal panico, ma è opportuno sapere dove sta andando latecnologia e quali semplici gesti si possono fare per evitare ilrischio di essere ascoltati dai nostri inseparabili smartphone.
Benvenutiallapuntata del 6settembre 2024 delDisinformatico, ilpodcast della Radiotelevisione Svizzera dedicato alle notiziee alle storie stranedell’informatica. Io sono Paolo Attivissimo.
[SIGLA di apertura]
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Se ne parla da anni: moltissime persone sono convinte che i lorosmartphone ascoltino costantemente le loro conversazioni e colgano leparole chiave di quello che dicono, selezionando in particolare itermini che possono interessare ai pubblicitari. C’è ladiffusissima sensazione che basti parlaredi una specifica marca di scarpe o di una località di vacanze, senzacercarla su Internet tramite il telefonino, perveder comparire sullo schermo la pubblicità di quel prodotto o diquel servizio. Praticamente tutti i proprietari di smartphone possonocitare casi concreti accaduti a loro personalmente.
Restanoinascoltate, invece, le spiegazioni e le indagini fatte dagli espertiin vari paesi del mondo in questi anni. I test e le inchieste dellarete televisiva statunitense CBS e della Northeastern University nel2018, gli esperimenti dellaBBC insieme alla società di sicurezza informatica Wandera nel 2019,l’inchiesta delGarante italiano per la protezione dei dati personali nel 2021: tuttequeste ricerche sul problema nonhanno portato a nulla. Non c’è nessuna conferma oggettiva che itelefonini ci ascoltino e mandino ai pubblicitari le nostre paroleper impostazione predefinita. Quando si fanno itest in condizionicontrollate, il fenomeno sparisce.
Per esempio, nellaloro indagine del 2019, la BBC e Wandera hanno messo due telefonini,un Android di Samsung e un iPhone di Apple, in una stanza e permezz’ora hanno fatto arrivare nella stanza l’audio di pubblicitàdi cibo per cani e per gatti. Hanno anche piazzato due telefoniniidentici in una stanza isolata acusticamente. Tutti questitelefoni avevano aperte le app di Facebook, Instagram, SnapChat,YouTube e Amazon, insieme al browser Chrome, e a tutte queste apperano stati dati tutti i permessi richiesti.
I ricercatori hannosuccessivamente controllato se nelle navigazioni fatte dopo il testcon quegli smartphone sono comparse pubblicità di cibi per animalidomestici e hanno analizzato il consumo della batteria e latrasmissione di dati durante il test. Hanno ripetuto tutta questaprocedura per tre giorni, e il risultato è stato che non sonocomparse pubblicità pertinenti sui telefonini esposti agli spot dicibi per animali e non ci sono stati aumenti significativi delconsumo di batteria o della trasmissione di dati. Iconsumi e le trasmissioni di dati sono stati praticamente uguali peri telefoni esposti all’audio pubblicitario e per quelli nellastanza silenziosa.
Se ci fosse un ascolto costante eun’altrettanto costante analisi dell’audio ambientale, questoprodurrebbe un aumento dei consumi, perché il processore deltelefono lavorerebbe in continuazione, e ci sarebbe un aumento dellatrasmissione di dati, per inviare le informazioni ascoltate aipubblicitari. E invece niente. Anzi, i ricercatori hanno osservatoche i telefonini Android nella stanza isolata acusticamentetrasmettevano più dati rispetto a quelli esposti all’audiopreparato per l’esperimento, mentre gli iPhone facevano ilcontrario.
Altriesperimenti analoghi sono stati fatti negli anni successivi, e tuttihanno dato gli stessi risultati. Il picco di consumo energetico e ditrasmissione di dati prodotto dagli assistenti vocali, cioè Siri eOK Google, è sempre emerso chiaramente in questi test. Questiassistenti vocali sono in ascolto costante per impostazionepredefinita (anche se si possono disattivare), e questo non èminimamente in dubbio, malavorano in maniera molto differente rispetto a un ipotetico ascoltopubblicitario.
Gli assistenti vocali, infatti,ascoltano l’audio ambientale alla ricerca di suoni che somiglino auna o due parole chiave di attivazione – tipicamente “Ehi Siri”e “OKGoogle” – e quando credono di averle sentite iniziano unavistosissima trasmissione di dati verso le rispettive caseproduttrici. L’ipotetico ascolto pubblicitario, invece, dovrebbecercare e riconoscere uninsieme di parole molto più vasto emagari anche in più di una lingua,e questo richiederebbe molta più potenza di calcolo e quindi consumimolto più elevati, e poi dovrebbe trasmettere deidati, cosa che i test finorahanno smentito.
Ma allora perchéabbiamo la forte sensazione che i telefonini ci ascoltino lo stesso ascopo pubblicitario? E perché avete probabilmente la sensazionealtrettanto forte che alla fine di questo mio racconto ci sia unanovità che smentisce tutto quello che si era scoperto fin qui?
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La sensazione di ascolto pubblicitario viene spiegata dagliesperti con la cosiddetta “illusione di frequenza”, perusare il termine coniato dal professore di linguistica Arnold Zwickydella Stanford University. In parole povere, tendiamo a notare lecoincidenze e a dimenticare le non coincidenze. Nel corso dellagiornata vediamo moltissime pubblicità, ma ci rimangono impressesolo quelle che coincidono con qualcosa che abbiamo detto o fatto. Equando la coincidenza è particolarmente specifica ci colpisce ancheemotivamente.
Va detto che la pubblicità che vediamo sui nostri dispositivi nonè affatto casuale, e quindi le coincidenze sono agevolate: Google eFacebook, per esempio, usano un vasto assortimento di tecniche perdedurre i nostri interessi e proporci pubblicità mirata. Sanno doveci troviamo minuto per minuto, grazie alla geolocalizzazione del GPSe del Wi-Fi; sanno con chi siamo e con chi trascorriamo più tempo,grazie al monitoraggio passivo dei dispositivi Bluetooth nelle nostrevicinanze, all’analisi del traffico di messaggi e al fatto cheaffidiamo a loro le nostre agende e le nostre rubriche telefoniche;sanno cosa scriviamo nelle mail o rispettivamente sui social network.Con dati del genere, ascoltare le conversazioni è praticamentesuperfluo. Oltretutto la legalità di un ascolto di questo tiposarebbe molto controversa, visto che si tratterebbe in sostanza diuna intercettazione di massa di conversazioni che si ha il diritto dipresumere che siano private.
Va anche detto, però, che non è un mistero che esistanotecnologie di ascolto installabili sugli smartphone. I servizi disicurezza dei vari governi le usano abitualmente per intercettare lecomunicazioni delle persone indagate. Già dieci anni fa, EdwardSnowden spiegò che l’NSA aveva accesso diretto ai sistemi diGoogle, Facebook e Apple nell’ambito di un programma disorveglianza governativa denominato PRISM. Ma si tratta diintercettazioni mirate, specifiche, ordinate da un governo subersagli selezionati, non di ascolti di massa, collettivi e senzabasi legali. In ogni caso, è indubbio che usare uno smartphone comemicrofono nascosto, a insaputa dell’utente, sia tecnicamentepossibile.
Si sa anche di un caso conclamato di ascolto ambientale tramitetelefonini a scopo commerciale: nel 2019 l’app ufficiale delcampionato spagnolo di calcio, LaLiga, fu colta a usare il microfonoe la geolocalizzazione degli smartphone degli utenti per identificarei locali che trasmettevano le partite senza autorizzazione. L’agenziaspagnola per la protezione dei dati impose all’organizzazionesportiva una sanzione di 250.000 euro per questo comportamento. Maanche in questo caso, si trattava di un ascolto effettuato da unaspecifica app, installata su scelta dell’utente, con tanto dirichiesta esplicita del permesso di usare il microfono del telefono,non di una attivazione collettiva e nascosta dei microfoni di tuttigli smartphone così come escono dalla fabbrica.
Questa storia, però, prosegue a dicembre 2023, quando alcunigiornali segnalano che una società di marketing, la statunitense CoxMedia Group, avrebbe “ammesso di monitorare le conversazionidegli utenti per creare annunci pubblicitari personalizzati in baseai loro interessi” (Il Sole 24 Ore, 28 dicembre 2023).
Sembra essere la conferma che il sentimento popolare era giusto eche gli esperti avevano torto. Ma per capire come stanno realmente lecose bisogna andare un pochino più a fondo.
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La scoperta di questa presunta ammissione da parte di Cox MediaGroup è merito della testata 404 Media, che ha pubblicato lo scoopin un articolo riservato agli abbonati e quindi non immediatamenteaccessibile [paywall].
Ma pagando l’abbonamento e andando a leggere l’articolooriginale, come ho fatto io per questo podcast, emerge che non c’ènessuna ammissione di monitoraggio in corso,ma semplicemente c’è l’annuncio che Cox Media Group disponedella capacità dieffettuare un eventuale monitoraggio tramite i microfoni deglismartphone e anche tramitequelli dei televisorismart e di altri dispositivi.Non c’è nessuna dichiarazione che la stia realmente usando.
Anzi,il materiale promozionale di Cox Media Group dice che questatecnologia, denominata “Active Listening” o“ascolto attivo”, “è agli albori” (“ActiveListening is in its early days”),e presentaquesta capacità tecnica come “una tecnica di marketingadatta al futuro, disponibile oggi” [“a marketing technique fitfor the future. Available today”].È disponibile, maquesto non vuol dire che venga usata. Ei consulenti di vendita dell’azienda la presentano come se fosse unprodotto nuovo in cerca dei primi clienti.
I clienti di Cox Media Group,stando all’azienda, sono nomi come Amazon, Microsoft e Google.Stanno usando questa tecnologia di ascolto? Le risposte che hannodato ai colleghi di 404 Media adicembre scorso sembrano diredi no, ma inizialmente èmancatauna smentita secca da parteloro. Smentita che è invece arrivata subito,stranamente, da Cox Media Group stessa, che ha dichiarato aigiornalisti di 404 Media che “non ascolta conversazioni enon ha accesso a nulla più di un insieme di dati fornito da terzeparti e anonimizzato, aggregato e completamente cifrato usabile peril piazzamento pubblicitario” eha aggiunto che si scusa per “eventuali equivoci”.
Eppure il suo materialepromozionale dice cose decisamente difficili da equivocare. Omeglio, le diceva, perché è scomparso dal suo sito. Ma pochi giornifa, sempre404 Media ha reso pubblica una presentazionedi Cox Media Group nella quale l’aziendaparla esplicitamente di “dispositivi smart” che“catturano dati di intenzione in tempo reale ascoltando le nostreconversazioni” (“Smartdevices capture real-time intent data by listening to ourconversations”), parladi consumatori che “lascianouna scia di dati basata sulle loro conversazioni e sul lorocomportamento online” (“Consumersleave a data trail based on their conversations and online behavior”)e parladi “dati vocali” (“voicedata”).
Ma allora come stanno le cose? È indubbio, anche grazie alletestimonianze raccolte dai giornalisti di 404 Media, che Cox MediaGroup abbia cercato di vendere questa sua presunta capacittàdi ascoltare le nostre conversazioni. Ma l’ha davvero venduta, ed èrealmente in uso? Sembra proprio di no.
Anzi, dopo che si è diffusa la notizia di questa sua offerta ditecnologie di ascolto, Google ha tolto Cox Media Group dal programmaGoogle Partners dedicato ai migliori inserzionisti, nel quale la Coxera presente al massimo livello da oltre 11 anni. Amazon hadichiarato di non aver mai lavorato con la Cox al programma diascolto. Meta, invece, dice che sta valutando se la Cox abbia violatoi termini e le condizioni della loro collaborazione, mentre Microsoftnon ha rilasciato commenti.
Insomma, formalmente intorno a chi ha proposto di ascoltare lenostre conversazioni a scopo pubblicitario è stata fatta terrabruciata, per cui tutta la vicenda sembra più un maldestrissimotentativo di proporre una tecnologia di ascolto che unaconferma di una sua reale applicazione in corso. E la rivelazione diquesto tentativo mette in luce la falla non tecnica ma molto umana diqualunque piano di ascolto globale segreto delle conversazioni ascopo pubblicitario: è praticamente impossibile tenere nascosta unatecnologia del genere, che va presentata ai potenziali partner, vapubblicizzata agli addetti ai lavori, ai rivenditori, ai tecnici e achissà quante altre persone. Il segreto dovrebbe essere condiviso daun numero enorme di persone, e prima o poi qualcuna di queste personesi lascerebbe sfuggire qualcosa oppure, presa da rimorsi dicoscienza, vuoterebbe il sacco.
Anche stavolta, quindi, possiamo stare tranquilli, ma solo grazieal fatto che ci sono giornalisti che vigilano e segnalano i tentatividi invadere uno spazio così personale come quello di unachiacchierata privata tra colleghi, amici o coniugi. Perchéun’invasione del genere è illegale è immorale, ma questo nonimpedirà a persone e aziende senza scrupoli di provarci lo stesso. Ese comunque preferite spegnere il telefonino prima di unaconversazione sensibile di qualunque tipo, male non fa. Non si samai.
Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.Paolo Attivissimo's Blog
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