L’ETÀ FRAGILE – DONATELLA DI PIETRANTONIO

Voto: 6/10

Edito: Einaudi

Quando Amanda torna a casa, in Abruzzo, lasciandosi Milano alle spalle, sua madre Lucia si ritrova ad affrontare improvvisamente il silenzio di una figlia che quasi stenta a riconoscere.
Appena ventenne, Amanda si rinchiude in sé e nella propria camera, rimane nascosta sotto le lenzuola tutto il giorno, per sfuggire ad una vita che l’ha colpita duramente.
Una rapina, avvenuta una sera mentre tornava a casa, sembra averle tolto completamente la fiducia in sé stessa e negli altri.
Di fronte alla sofferenza della figlia, Lucia ripensa ai propri vent’anni, alla fine di quell’estate del 1992 quando, proprio lì, sul Dente del Lupo, un fatto terribile cambiò completamente la sua vita e quella delle vittime e del colpevole, e di tutte le persone che ne rimasero coinvolte.

Secondo tentativo di lettura di Di Pietrantonio, ed è andata più o meno come la prima volta.

L’età fragile a cui fa riferimento il titolo è, sì, l’inizio dell’età adulta, quando abbiamo appena lasciato l’adolescenza e non siamo ancora esseri umani “completamente formati”, ma anche qualunque momento della nostra vita, perché in quanto umani siamo sempre fragili, sempre a rischio di traumi e rotture.

Suddividendo la storia in due filoni (più sviluppato quello che riguarda il passato, e un po’ meno quello del presente), con Lucia e i dolori della vita come punti fermi, Di Pietrantonio ci parla di ereditarietà e silenzi, di ferite che non si rimarginano e forza di volontà, di accettazione e crescita.

Peccato che lo faccia in maniera piuttosto vaga, mai davvero approfondita, e sfruttando un fatto reale di cronaca nera.
Eh sì, perché se la storia dell’aggressione alle tre ragazze fosse stata frutto della mente dell’autrice, il libro avrebbe avuto un sapore molto diverso per me.
E invece, trattandosi di una versione romanzata del Delitto del Morrone del 1997, con qualche dettaglio appena modificato, l’ho trovato estremamente di cattivo gusto.
Già più volte ho dichiarato di nutrire sentimenti contrastanti per il true crime e la spettacolarizzazione di eventi terribili, ma se questi vengono usati per approfonditi ragionamenti filosofici o morali o giuridici, allora posso anche accettarlo.
Ma la strumentalizzazione di un evento tragico, inserito senza un vero scopo in un romanzo di narrativa che avrebbe potuto benissimo contenere un accadimento inventato e trasmettere lo stesso messaggio, allora no, la trovo una scelta pessima e senza tatto.

Anche i personaggi principali, Lucia e sua figlia Amanda, sono caricature non ben definite, dai bordi sfuocati, rinchiusi nei propri silenzi, che non entrano davvero in contatto né fra loro né con l’osservatore esterno.
Lucia, nonostante il suo passato traumatico e le sofferenze che ha vissuto da giovane, non solo non è in grado minimamente di aiutare sua figlia a superare ciò che le è capitato, ma non ci prova nemmeno.
Quindi quale sarebbe il messaggio?
Se tua figlia subisce un trauma, lascia che si chiuda in sé stessa, che viva la propria depressione nascosta sotto le lenzuola, e prima o poi si sistemerà tutto quando deciderà improvvisamente di prendere parte a manifestazioni contro gli speculatori edilizi e poi di andare a vendemmiare il verdicchio sulle colline di Jesi“?
Mi sembra un ottimo insegnamento.

Lo stile di Di Pietrantonio, che preferisce tagliare e togliere, frasi brevi e scarne, ruvido e asciutto, suona bene e scivola via con facilità di fronte ai nostri occhi, ma si perde in una storia un po’ troppo insipida.
Il discorso diretto libero si mescola, tramite l’asindeto, al discorso indiretto libero, creando una lettura che procede un po’ a singhiozzo, col fiato spezzato, e a cui manca un tono più tagliente ed incisivo.

Un libro che vorrebbe dire molto, dell’umanità e della sua fragilità, dei suoi orrori e della sua intrinseca forza di rinascita, ma che vaga senza riuscire a dire niente di davvero incisivo.

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L’età fragile

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Published on August 06, 2024 00:01
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