LE NOTTI BIANCHE – FËDOR DOSTOEVSKIJ

Voto: 9/10
Se una notte d’inverno un sognatore…
In realtà le notti sono quattro, e ci troviamo a San Pietroburgo in primavera, quando la città si svuota dei suoi abitanti che si trasferiscono nelle loro tenute in campagna, e il nostro protagonista può vagare indisturbato per una città quasi deserta.
Dopo aver passato otto anni nella grande città, il protagonista non è ancora riuscito ad entrare davvero in contatto con le altre persone che popolano San Pietroburgo, si è chiuso sempre di più in sé stesso, limitandosi ad osservare tutte le persone che incontra, stringendo rapporti immaginari fatti di sguardi rubati e sogni, ed imparando a conoscere la città grazie ai suoi palazzi e i piccoli vari dettagli architettonici.
Un uomo solo e solitario che si aggira per una città vuota e incappa in una ragazza che, ferma al lato della strada, piange convulsamente.
Il primo incontro con Nasten’ka colpisce nel profondo il protagonista, e i due giovani si incontreranno per altre tre notti, durante le quali la ragazza gli racconterà la sua storia, il suo cuore spezzato, con il suo passato che allunga le dita e la tiene stretta.
Quattro notti e un mattino per imparare a conoscersi, innamorarsi, e perdersi.
Quattro notti per un sentimento più grande di tutta la vita non vissuta fino a quel momento.
In meno di cento pagine, Dostoevskij ha creato qualcosa di grandioso: una figura solitaria spicca al centro di una scena vuota, seduto su una panchina il giovane protagonista osserva la vita passare, per qualche minuto una ragazza si siede al suo fianco e gli stringe la mano, quindi si alza e se ne va, lasciando il protagonista nuovamente solo, ma con il cuore colmo di beatitudine e riconoscenza.
La solitudine avvolge il protagonista come una corazza, non conosce la vita vera ma soltanto quella che crea con la propria immaginazione, dimenticandosi quasi del mondo reale.
L’incontro con Nasten’ka, però, cambierà per sempre la sua vita.
Lei, così giovane e così piena di vita, d’amore e di sogni, riuscirà a toccarlo nel profondo.
Una storia piena di pathos, che risplende vivida e luminosa fra le strade buie di San Pietroburgo, che risuona attualissima: chi non si è mai sentito completamente isolato da tutto e da tutti, incapace di superare una barriera invisibile, un muro invalicabile che sembra separarci del tutto dal mondo che ci circonda?
Il finale può sembrare amaro per il protagonista, come un sogno che si trasforma improvvisamente in un incubo, un inganno che brucia nell’animo.
Ma il giovane sognatore ha imparato una lezione importante, ha potuto toccare con mano, per la prima volta, un sentimento reale, ha potuto confrontare sogno e realtà, ed ha imparato qualcosa di enorme: “Dio mio! Un intero attimo di beatitudine! Ed è forse poco seppure nell’intera vita di un uomo?…”
C’è una forza dirompente nascosta in ogni frase, in ogni pensiero, in ogni sentimento; con una scrittura luminosa e vivida, Dostoevskij illumina a giorno le notti russe del protagonista, che siano costellate di vita immaginata o reale, che rifletta sulla vita passata nascosto in un angolo o che decide di fare un passo avanti e stringere con forza la mano di Nasten’ka, con un sentimento così immenso che non richiede nulla in cambio, che non pretende, che non si aspetta nulla, che vuole solo essere amore e conforto, compagnia, una luce contro il buio della vita solitaria.
L’alienazione del protagonista è palpabile dalle prime righe, è proprio ciò che tanto ci attira a lui, a questo giovane che non riesce a trovare il proprio posto nel mondo, ma ne resta in disparte, ad osservare la vita che scorre, ad immaginare qualcosa che non esiste.
Alla stessa maniera, Nasten’ka si sente perduta dopo un anno lontana dal suo innamorato, ed è proprio questo vuoto che porterà i due giovani ad avvicinarsi fra loro.
Con uno stile delicate e chiaro, Dostoevskij unisce due anime tormentate, in cerca di qualcosa.
Un libro piccolo e immenso, che contiene una vita intera di sogni e illusioni, di speranze e solitudine, di anni passati in silenzio e attimi vissuti a voce alta, di giorni che scorrono portandosi via una vita che non tornerà più, della malinconia delle occasioni perdute e della gioia dei tentativi più vividi.
Non esistono davvero parole per descrivere le opere di Dostoevskij, quindi questa non è una recensione, ma più una lettera d’amore. Fëdor, senza eguali.
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