ZOMBIE – JOYCE CAROL OATES

Voto: 7/10

Edito: Il Saggiatore

Quentin non è un uomo come tutti gli altri: ha superato i trent’anni, sta scontando due anni di libertà vigilata dopo essersi dichiarato colpevole di molestie su minore, frequenta dei corsi di ingegneria all’università mentre lavora come custode nella grande villa che appartiene ai genitori e le cui stanze vengono affittate da studenti stranieri, ed ha un’ossessione martellante in testa.

Il pensiero fisso che lo tormenta è quello di creare il proprio zombie, una specie di schiavo, che possa soddisfarlo emotivamente e sessualmente per tutta la vita.

E così comincia a studiare, a cercare il modo migliore per rendere docile la sua creazione, e si imbatte in uno studio riguardante la lobotomia.

Quentin è pronto a iniziare i suoi esperimenti.

Che libro agghiacciante.

Avevo sentito parlare di Oates, e di come alcune sue opere siano considerate controverse, e mi è capitato un po’ per caso questo titolo fra le mani. E ora capisco.

A quanto pare il personaggio di Quentin è ispirato al vero serial killer Jeffrey Dahmer, ed effettivamente leggendo il libro ho avuto proprio l’impressione che si parlasse di lui, tanto che in alcune scene mi aspettavo soltanto di vederlo estrarre coltello e forchetta.

Ma Quentin è leggermente diverso, come serial killer: Quentin ha un grande piano in mente, e nessun briciolo di empatia per chiunque gli stia intorno.
Probabilmente questo è uno degli aspetti che più rende difficile questa lettura, il modo in cui ogni cosa venga descritta con una leggerezza atroce, le cose più morbose si mescolano ai pensieri più comuni, creando un miscuglio nero e putrido.

Questo non è un bel libro, per vari motivi: la crudezza di ciò che viene raccontato e del modo in cui ci viene presentato, la prosa così semplice e ripetitiva non innalza l’opera ma ci fa precipitare nella mente ossessiva del protagonista, la storia narrata in prima e terza persona con frasi brevi da una parte spezza un po’ il ritmo e dall’altro ci spinge inesorabilmente verso il baratro, il finale che accende una fiammella di speranza per appena una manciata di righe prima di strapparci via anche quella.
Questo non è un bel libro nel senso classico della definizione, ma è un libro che funziona molto bene.

Colpisce il lettore con la sua violenza e la sua mostruosità, mostrando in maniera credibile e realistica come ci si potrebbe sentire all’interno della mente di un serial killer.

Sì, non è tutta invenzione della mente di Oates perché principalmente è Jeffrey, ma Quentin riesce comunque a trasmetterci qualcosa di suo.
Nonostante sia un personaggio chiuso, che trasmette incomunicabilità, che non riesce a parlare di sé con nessuno, che nessuno conosce davvero, mostrandoci sia l’indifferenza del sistema giudiziario nei riguardi di certe persone sia i pericoli causati dai tentativi della classe medio alta di nascondere tutto ciò che potrebbe causare problemi o scandali sotto al tappeto, nonostante il completo distacco di Quentin da tutti quelli che lo circondano, noi riusciamo a sentire la sua voce.

Ed è spaventoso.

Grazie Joyce, che angoscia.

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Published on January 20, 2024 02:15
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