I BAFFI – EMMANUEL CARRÈRE

Voto: 7/10
Edito: Adelphi
Il protagonista è un uomo relativamente giovane, dai lunghi capelli e i folti baffi, che lavora come architetto in uno studio che condivide con il suo migliore amico ed è sposato con Agnès da 10 anni.
Una sera, un po’ per gioco, per provare qualcosa di diverso, decide di radersi i baffi, per sorprendere sua moglie.
Ma Agnès non reagisce in nessuna maniera a questa sua azione, e l’uomo ne resta un po’ offeso e un po’ sorpreso; insomma, in 10 anni di matrimonio non l’ha mai visto senza baffi, com’è possibile che sia rimasta così impassibile?
La cena a casa dei loro amici si svolge nella stessa maniera, senza nessuna reazione particolare alla novità, e l’uomo si convince che sia tutto uno scherzo inscenato dalla moglie, che deve aver convinto la coppia di conoscenti a fingere che sia tutto normale.
Ma “lo scherzo è bello quando dura poco”, e alla fine l’uomo cede: perché Agnès non vuole commentare la sua rasatura?
La moglie resta spiazzata e gli giura che lui non ha mai avuto i baffi, e che quindi nulla è cambiato.
Ma cosa sta succedendo?
Il suo migliore amico conferma la teoria di Agnès, e il protagonista inizia a sentirsi sempre più ingabbiato; lontana ormai l’idea di uno scherzo ben congegnato, questo è un vero complotto per farlo impazzire, per farlo fuori.
E le cose non fanno altro che precipitare.
Che dire di Carrère?
La sua penna, ancora relativamente acerba in questo romanzo (che è la sua terza opera di narrativa, se non erro), mostra già tutti i segni della sua grandezza: la sua prosa è coinvolgente e oscura, le frasi lunghe e cariche di incisi ci fanno precipitare in un vortice senza fondo, il suo stile arguto ci permette di osservare da vicino la mente distorta del protagonista, o la sua realtà distorta, o entrambe.
La storia inizia subito a passo spedito, e già dalle prime pagine l’ansia del protagonista si trasmette con forza al lettore.
La prima metà del romanzo si svolge un po’ come un sogno ad occhi aperti, un incubo dal quale è impossibile svegliarsi, con la paranoia sempre crescente e la paura di ciò che non si capisce.
O peggio: la paura di non riconoscere più ciò che è sempre stato una parte fondamentale della nostra vita.
La seconda metà, però, un po’ si perde; proprio come il protagonista, perso nella propria mente, fra complotti e ossessioni, la trama si perde fra le strade di Hong Kong, o meglio sulle sue acque, si dilunga un po’ troppo in dettagli che smorzano la tensione.
Il finale, per quanto scioccante (e con questo termine mi riferisco principalmente alla violenza delle parole, perché come scena in sé era abbastanza prevedibile) è la parte più debole, ed è un vero peccato; è vero che a questo punto avevo immaginato già un centinaio di finali possibili, quindi sarebbe stato difficile creare qualcosa di davvero sorprendente, ma avevo molta fiducia in Emmanuel, che però mi ha abbastanza deluso.
Ed è davvero un peccato, perché la prima metà del romanzo è fantastica e travolgente, ci confonde e ci disturba, ad ogni frase sembra sfilarci il tappeto da sotto i piedi e spingerci sempre un passo più in là, verso il baratro; ma la seconda metà perde molta della sua forza e il finale (per quanto d’impatto) non è riuscito a convincermi del tutto.
In generale il romanzo funziona: la distruzione di un uomo, la sua decostruzione, il suo farsi a pezzi e perdere pezzi di sé lungo la strada.
Si comincia dai baffi, quindi i migliori amici e il padre, la sua casa d’infanzia, tutta la sua vita gli si sta letteralmente sgretolando di fronte agli occhi, e non ha un’ancora di salvezza a cui potersi aggrappare, perché non c’è niente e nessuno di cui possa fidarsi.
Un’opera nera e paranoica, che ad ogni pagina ci impedisce di trovare un equilibrio che possa riassestare almeno in parte la realtà.
In questo Carrère è un maestro, e la sua prosa è così francese e ben articolata da farmi piangere.
Un buon libro, una lettura in grado di colpire il lettore, sconvolgerlo, e farlo ragionare su malattie mentali e menzogne, apparenza esteriore e percezione dell’altro, complotti e paure intrinseche.
Per quanto non sia il mio romanzo preferito dell’autore, Carrère non manca mai completamente il bersaglio.
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