L’assedio di Siracusa del 397 a.C.

Imilcone decise di accamparsi vicino al Porto Grande, nei pressi del tempio di Zeus Olimpio, adiacente a un proisteion, cioè un piccolo abitato suburbano di cui le fonti ci hanno tramandato il nome, Polichne, adiacente alla baia di Dascon e alla palude di Lisimeleia, gli attuali Pantanelli, lo stesso luogo scelto da Nicia durante lo sfortunato assedio ateniese. A seconda delle ipotesi, il campo distava dalle mura siracusane tra un 1.5 Km e i 2 Km; sappiamo che era circondato da palizzata e da un fossato e dotato di un molo per l’attracco delle navi.

In parallelo, per imporre un blocco anche navale a Siracusa, cento navi da guerra cartaginesi salparono e presero posizione su entrambi i lati di Ortigia: nonostasse Imilcone provocasse i difensori a scendere in battaglia, Dionisio mantenne i nervi saldi e i greci rimasero rinchiusi all’interno di Siracusa nonostante le beffe dei soldati punici. A differenza di Dionisio a Mozia, Imilcone non sembra avere avuto a disposizione macchine d’assedio e i lavori di fortificazione eseguiti gli anni precedenti, sconsigliavano il generale cartaginese, pena un bagno di sangue, ad assalire direttamente le mure.

Per cui l’assedio era l’unica strada percorribile: Imilcone, per prima cosa, mise a ferro e fuoco i sobborghi e le campagne vicino a Siracusa, sia per intimidire i difensori, sia per raccogliere ulteriori provviste. Vista la stagione tarda e l’ostinazione di Dionisio riteneva infatti che il blocco della polis siciliana sarebbe durato per tutto l’inverno.

Per rafforzare la sua pisizione, Imilcone costruì un forte a Polichne, inglobando il tempio di Zeus, a Dascon e uno a Plemmyrion per salvaguardare l’accampamento principale e fornire un ancoraggio più sicuro per le sue navi, sempre seguendo le orme di Nicia. Poi, per evitare sorprese da parte dei cavalieri e degli opliti nemici, aggiunse al fossato e alla palizzata che difendeva il suo campo anche un muro pietra: secondo la tradizione, parte del materiale fu ottenuto dalla demolizione delle tombe del tiranno Gelone e di sua moglie. Inoltre, la parte della flotta che non era impiegata nel blocco navale, fungeva da scorta ai convogli delle navi da trasporto, inviati in Sardegna e in Africa per rifornire di viveri gli assedianti: Imilcone non stava badando a spese per prendersi cura dei suoi soldati

Ricordiamolo, i Cartaginesi avevano assediato con successo le città greche in passato. Nel 409 avevano preso d’assalto Selinunte usando macchine d’assedio, Himera fu anche vittima delle abilità di assedio cartaginese quello stesso anno, e nel 406 i Cartaginesi accerchiarono Agrigento: il problema è che le dimensioni delle nuove difese siracusane rendevano impraticabile la costruzione di un muro di circonvallazione. Anche se Imilcone avesse avuto le risorse per concludermo in tempi rapidi, avrebbe disperso trippo le sue forze, rischiando di farle travolgere o da una sortita dei difensori o da una poco probabile spedizione di soccorso. Un assalto diretto sul lato meridiona delle mura avrebbe esposto i suoi soldati a un attacco di fianco dal Castello Eurialo; al contempo elle mura in cima all’altopiano significava che sarebbe stato impossibile assaltare le mura senza costruire rampe d’assedio.

Per cui, il replicare la strategia di Nicia del 415 a.C., sperare che la crisi economica e la fame provocassero il crollo del fronte interno a Siracusa, molto simile a quanto sta facendo la Nato con la Russia, anche perchè la polis era totalmente isolata, con le navi greche che non potevano salpare dal Lakkios, il Porto Piccolo, senza sfidare in battaglia le navi puniche.

Il Porto Piccolo, costruito sul luogo della bonifica laguna Syrako, fu separato nel VI sec. a.C. dal meridionale Porto Grande con un istmo artificiale, per collegare l’isola di Ortigia con il contrapposto promontorio del quartiere interno di Acradina. Il Porto piccolo, venne poi parzialmente descritto e celebrato dagli storici per il nuovo arsenale voluto da Dionigi vicino all’Acropoli, la fortezza con il palazzo del tiranno da noi identificata sull’attuale istmo. Il Lakkios allora aveva due uscite strategiche: quella vecchia dalla quale le navi uscivano normalmente passando, sopra un lungo e profondo canale subacqueo, prima nel Porto piccolo e poi direttamente sul mare aperto; quella nuova attraverso l’istmo per uno stretto canale verso il Porto Grande.

Trascorso l’inverno, senza avvenimenti importanti, probabilmente Imilcone ricevette qualche macchina d’assedio, perchè nella primavera successiva, iniziò ad attaccare la periferia di Siracusa, violando le mura e occupando una quartiere della polis che conteneva diversi templi tra cui uno dedicato a Demetra e Kore, che furono tutti saccheggiati. Dionisio, anche per rincuorare i suoi soldati agì in modo aggressivo, inviando sortite per attaccare le pattuglie cartaginesi e vincendo diverse scaramucce, ma la situazione tattica generale rimase invariata. Nel frattempo Polisseno era riuscito a radunare uno squadrone navale in Grecia, e sotto il comando di un mercenario e avventuriero spartano Pharakidas , 30 triremi riuscirono a raggiungere Siracusa. Il lacedemone, contrariamento a quanto si possa pensare, non violò il blocco con la forza, con l’astuzia. Dipinse le sue vele con i colori che adottavano le navi cartiginesi: cosi la flotta impegnata nel blocco navale, scambiando i triremi greci per una squadrone punico impegnato nella pattuglia, li fece passare senza problemi. Le navi di Pharakidas, oltre a soldati, portavano viveri recando sollievo a una popolazione stremata.

Tuttavia, questi rifornimenti stavano soltanto prolungando l’agonia: Dionisio, insieme a suo fratello Leptine, decise di salpare con una flottiglia per scortare un convoglio di rifornimenti cruciale per Siracusa, lasciando il comando a Farakidas, che si mostrà all’altezza del compito, dato che le sue azioni riscossero un notevole successo per i greci. In primo luogo, dopo aver avvistato una nave punica di grano senza scorta nel Porto Grande, cinque navi siracusane salparono e la catturarono. Mentre veniva portato il bottino, salparono 40 navi puniche, e prontamente l’intera marina siracusana ingaggiò lo squadrone punico, affondando 4 navi e catturarne 20 inclusa l’ammiraglia. Le navi greche avanzarono quindi verso l’ancoraggio punico principale ma i Cartaginesi rifiutarono la sfida.

I Siracusani, paragonando i successi dello spartano con i buchi dell’acqua di Dionisio, decisero di offrire il dominio della città a Farakidas, il quale, non avendo ambizioni di potere, voleva in fondo soltanto riempirsi le tasche come mercenario, rifiutò. Ora, nonostante il successo e il ritorno della flottiglia di Dionisio, a situazione strategica per i combattenti non era cambiata quando l’estate arrivò in Sicilia. Imilcone non era stato in grado di prendere Siracusa, Dionisio non era riuscito a sconfiggere le forze puniche ed entrambe le parti facevano affidamento sui rifornimenti d’oltremare.

Ma per fortuna dei siracusani, come ai tempi di Nicia, scoppiò un’epidemia, dovuta al caldo, alle carenti condizioni igieniche e al fatto che l’accampamento era stato posto in mezzo a una palude. Da come ne parlano gli storici antichi, l’epidemia in realtà doveva essere un mix di malaria e tifo: vi furono centinaia di morti tra i cartaginesi, peggiorate sia dal fatto che la paura del contagio aveva impedito di fornire cure adeguate ai malati, sia per la difficoltà a scavare fosse comuni, per la natura del terreno.

La causa di questa calamità fu attribuita alla profanazione dei templi e delle tombe greche. All’assedio di Akragas, secondo la propaganda greca, Imilcone aveva affrontato una situazione simile sacrificando un bambino e vari animali per placare questa presunta ira divina. Qualunque misura presa dal generale cartaginese a Siracusa per combattere la peste si rivelò inefficace; lee forze puniche furono decimate e gran parte della flotta finì in disarmo. Imilcone ei Cartaginesi tennero ostinatamente la loro posizione e rimasero nell’accampamento, ma sia il loro morale, sia la capacità di combattere, crollò.

Dionisio progettò di trarre vantaggio dalla situazione lanciando un attacco combinato terrestre e marittimo contro le forze puniche prima che si riprendessero o ricevessero rinforzi. Ottanta navi erano equipaggiate e, al comando di Leptines e Pharakidas dovevano attaccare le navi puniche spiaggiate nella baia di Dascon. Dionisio scelse di comandare i soldati che attaccavano il campo punico. Aveva in programma di marciare in una notte senza luna con il suo esercito, e invece di andare direttamente a sud verso l’accampamento punico, marciare in modo indiretto fino al Tempio di Zeus e attaccare le fortificazioni cartaginesi alle prime luci dell’albad. La flotta greca doveva attaccare dopo che Dionisio aveva ingaggiato i Cartaginesi. Il successo del piano dipendeva in gran parte dal tempestivo coordinamento tra la flotta e l’esercito, la cui assenza aveva condannato al fallimento un’analoga azione a Gela… A quanto pare, Dionisio aveva una predilezione per i piani di battaglia inutilmente complicati.

Dionisio completò con successo la sua marcia notturna e raggiunse la foce del fiume Ciane . All’alba, inviò la sua cavalleria e 1.000 mercenari ad attaccare il campo direttamente da ovest. Questo era un diversivo, Dionisio aveva segretamente ordinato ai suoi cavalieri di abbandonare i mercenari ribelli e inaffidabili dopo che avevano ingaggiato in battaglia i Cartaginesi. ​​La forza combinata attaccò l’accampamento ei mercenari furono massacrati dopo che i cavalieri greci fuggirono improvvisamente dal campo. Dionisio era riuscito a distrarre il nemico ea sbarazzarsi di alcuni soldati inaffidabili tutto in una volta.

Mentre i mercenari venivano massacrati, il principale esercito greco lanciò attacchi ai forti vicino al tempio di Zeus a Polichana e Dascon. La cavalleria, dopo aver abbandonati i mercenari, si unì all’attacco a Dascon mentre anche parte della flotta greca si mosse e attaccò le navi puniche spiaggiate nelle vicinanze. I Cartaginesi furono colti di sorpresa e, prima che potessero opporre una resistenza coordinata, Dionisio riuscì a sconfiggere le forze fuori dal campo e poi assaltare con successo il forte di Polichana, dopodiché le sue forze iniziarono ad attaccare il campo cartaginese e il tempio di Zeus. I Cartaginesi riuscirono a tenere a bada i Greci fino al calar della notte, quando i combattimenti cessarono.

La flotta punica era indebolita poiché alcuni degli equipaggi erano morti a causa della peste e molte delle loro navi erano deserte. Anche le navi greche avevano ottenuto una totale sorpresa, le navi puniche a Dascon, che comprendevano 40 quinqueremes, non potevano essere presidiate e varate in tempo per affrontare l’assalto e presto l’intera marina siracusana si unì all’attacco. Le navi greche ne speronarono e ne affondarono alcune mentre erano all’ancora, alcune navi furono abbordate e catturate dai soldati greci dopo una breve scaramuccia, mentre i cavalieri, ora guidati da Dionisio, diedero fuoco ad alcune delle navi, alcune delle quali si allontanarono quando il loro cavi di ancoraggio bruciati. Soldati punici e marinai saltarono in acqua e nuotarono fino a riva. Il fuoco si propagò all’accampamento, per essere spento a fatica. L’esercito punico non poteva offrire assistenza poiché era impegnato a respingere gli attacchi ai soldati greci. Alcuni siracusani, con le loro barche, salparono per Dascon e rimorchiarono alcune delle abbandonate navi puniche, insieme a tutto il bottino che potevano raccogliere. Nel frattempo, anche il forte di Dascon era caduto in mano ai Greci. Dionisio si accampò con il suo esercito presso il tempio di Zeus a Polichana mentre la flotta tornava a Siracusa.

I greci erano riusciti a catturare il forte di Polichana e Dascon, ma dopo un giorno di battaglia l’accampamento punico e il tempio di Zeus erano ancora in mano cartaginese, mentre una parte sostanziale della loro flotta era sopravvissuta. L’iniziativa ora spettava a Dionisio e, salvo rinforzi o sviluppi imprevisti, un disastro paragonabile a quello di Himera avrebbe potuto abbattarsi sull’esercito di Imilcone.

Le forze cartaginesi erano riuscite a sopravvivere all’attacco greco, ma stavano ancora soffrendo la peste e per riprendere l’iniziativa dovevano o sconfiggere l’esercito greco o la flotta, cosa impossibile in questa fase. La marina greca ora era probabilmente più numerosa di quella cartaginese, che fu devastata dal raid greco e incapace di equipaggiare le navi disponibili a causa della carenza di marinai. L’esercito non era in condizioni migliori per combattere con successo una battaglia campale. Imilconi era a conoscenza della situazione e decise di aprire negoziati segreti con Dionisio quella stessa notte, mentre altri comandanti greci furono tenuti all’oscuro poiché i contingenti provenienti dalla Magna Grecia e della Grecia continentale erano favorevoli alla distruzione totale delle forze puniche sopravvissute.

Dionisio, non fidandosi dei suoi concittadini, che avrebbero approfittato del proseguimento della guerra per deporlo e perchè il tesoro siracusano era vuoto e non poteva quindi proseguire con le operazioni belliche. Per cui si trovo un compromesso: i Cartaginesi avrebbero pagato a Dionisio 300 talenti, in cambio della possibilità di salpare indisturbati. L’operazione sarebbe dovuta avvenire di notte, in gran segreto, con i mercenari al servizio dei punici lasciati alla mercé dei greci

Imilcone inviò segretamente 300 talenti al forte di Polichana o alla stessa Siracusa. Dionisio ritirò il suo esercito a Siracusa come parte del suo patto, e nella notte stabilita Imilcone organizzò quaranta navi con i cittadini di Cartagine e salpò. Quando questa flotta oltrepassò la foce del Porto Grande, i Corinzi li avvistarono e informarono Dionisio, che fece una grande dimostrazione di armare la sua flotta ma ritardò a chiamare i suoi ufficiali per dare ai punici il tempo di scappare. I Corinzi, ignari del patto segreto, si imbarcarono sulle loro navi e salparono, riuscendo ad affondare alcuni ritardatari, ma la maggior parte delle navi cartaginesi riuscì a fuggire in Africa.

Dionisio schierò il suo esercito dopo la partenza di Imilco e si avvicinò all’accampamento cartaginese: i siculi, che avevano capito l’antifona, erano scappati, i mercenari sanniti si arresero ai loro compatrioti dell’esercito siracusano, che essendo loro amici e parenti, chiusero tutti e due gli occhi per la successiva loro grande fuga, e gli Iberi, che stavano in armi pronti a resistere, furono assunti da Dionisio per il suo stesso esercito. I libici, invece, furono ridotti in schiavitù

Dionisio non marciò immediatamente contro i possedimenti punici in Sicilia, ma si prese del tempo per ordinare il suo regno. Probabilmente non desiderava provocare Cartagine più del necessario, dato che si eventuali sconfitte, possibili, perchè un’epidemia non capita sempre, avrebbe minato il suo potere.. Le città greche siciliane, che si erano sbarazzate della sovranità cartaginese, erano più o meno amiche di Siracusa. Solunto fu presa a tradimetna e saccheggiata nel 396 a.C. Più tardi, 10.000 mercenari di Dionisio si ribellarono dopo che Dionisio arrestò il loro comandante Aristotele di Sparta: la ribellione fu palacata solo dopo che il loro capo fu inviato a Sparta per il giudizio e dalla cessione ai mercenari del possesso di Leontini. Successivamente Dionisio ripopolò la città in rovina di Messana con coloni provenienti dall’Italia e dai greci dorici della terraferma, quindi fondò Tyndaris con i primi abitanti di Messana che erano stati cacciati dopo il sacco cartaginese della loro città nel 397 a C. Dionisio nel 394 a.C. assediò senza successo Tauromenium, occupata dai Siculi alleati di Cartagine. In risposta, Magone di Cartagine guidò un esercito a Messina nel 393 a.C. e la guerra riprese con nuova intensità

ll ritorno di Imilcone, dopo aver abbandonato le sue truppe alla mercé di Dionisio, non piacque ai cittadini cartaginesi o ai loro sudditi africani. Sebbene il consiglio del 104 non lo crocifisse, come normalmente accadeva ai comandanti cartaginesi sconfitti in battaglia, Imilcone decise di suicidarsi. . Si assunse pubblicamente la piena responsabilità della debacle, visitò tutti i templi della città vestito di stracci, implorando perdono per le sue colpe., e alla fine si rinchiuse in casa sua e morì di fame. In seguito, nonostante il sacrificio compiuto per placare gli dei cartaginesi, una pestilenza si diffuse in tutta l’Africa, indebolendo Cartagine. Per finire, i libici, irritati dall’abbandono dei loro parenti in Africa, si ribellarono. Raccolsero un esercito di 70.000 uomini e assediarono Cartagine.

Magone , il vincitore di Catana, prese il comando. L’esercito punico permanente era in Sicilia e reclutarne uno nuovo richiedeva tempo e probabilmente molto costoso, anche perchè i mercenari visto quello che era successo a Siracusa,, poco si fidavano dei comandanti caraaginesi, quindi radunò i cittadini cartaginesi per presidiare le mura mentre la marina punica teneva rifornita la città. Mago ha quindi utilizzato tangenti e altri mezzi per sedare i ribelli. I Cartaginesi costruirono anche un tempio per Demetra e Kore nella città e chiesero ai greci di offrire un sacrificio adeguato per espiare la distruzione del tempio di Siracusa.

Magone si trasferì poi in Sicilia, dove non tentò di recuperare il territorio perduto. Invece adottò un approccio diplomatico, avviando una politica di cooperazione e amicizia, dando aiuto a Greci, Sicani, Siculi, Elimi e Punici indipendentemente dalla loro precedente posizione con Cartagine. Le città dei Greci, che dopo l’inizio della guerra si erano liberate della sovranità cartaginese, passarono ora da una posizione filosiracusa a una più neutrale, percependo Dioniso un pericolo ben peggiore di cartatinf Questa politica pacifica continuò fino a quando Dionisio attaccò i Siculi nel 394 a.C.

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Published on March 14, 2022 08:16
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Alessio Brugnoli
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