I Neanderthal in Maremma

Oltre che a Roma, l’Uomo di Neanderthal viveva anche in Maremma: tra l’altro, negli ultimi anni, proprio in provincia di Grosseto, sono stati scavati due siti, che, in un modo o nell’altro, ci stanno dando delle informazioni importantissime sul nostro cugini. Il primo è a ai piedi della modesta altura di Poggetti Vecchi, che emerge dalla pianura a nord di Grosseto fra i monti di Vetulonia da una parte e il colle di Roselle, luoghi che normalmente consideriamo associati agli etruschi.

Qui sgorga sorgente termale, che il signor Aldo Ceccarelli, proprietario del terreno, nel 2012 aveva deciso di trasformare in una spa. Tutto ci si sarebbe potuto aspettare, tranne che, iniziando i lavori di scavo della piscina, a due metri e mezzo di profondità, potessero apparire gigantesche ossa di elefante (zanne lunghe fino a tre metri!) e utensili preistorici. Per cui, i buoni Neanderthal 170.000 anni fa, avevano avuto la stessa idea del buon Aldo, che a differenza di tanti italiani, cosa che gli rende onore, invece di fare lo gnorri e nascondere tutto, ha avvertito l’Università di Firenze, che si è buttata a pesce sulla ricerca, identificando uno uno dei pochi siti archeo-paleontologici in Europa che documentano il passaggio dal Pleistocene medio al Pleistocene recente.

Lo studio dei resti di piante e animali ritrovati nel sito, ha permesso di capire che, intorno a 170.000 anni fa, l’ambiente naturale era caratterizzato da ampie radure erbose interrotte da acquitrini di acqua dolce, che si estendevano fino alle pendici delle colline circostanti, coperte da boschi a prevalenza di querce e frassini

Fra le ossa ritrovate dominano quelle di Palaeloxodon antiquus, un elefante estinto di grandi dimensioni, seguite da quelle di uro (Bos primigenius), cervo rosso (Cervus elaphus) e capriolo (Capreolus capreolus). I resti di elefante del livello archeologico più basso e quindi più antico, formatosi prima di 170.000 anni fa, appartenevano a sette individui, probabilmente un’unica famiglia, morta per cause naturali. L’ipotesi più plausibile è che gli elefanti avessero cercato rifugio nell’area termale per difendersi dall’inasprimento del clima, ma che siano poi morti di inedia, quando il cibo in questa piccola area si esaurì.

Ma non erano solo gli elefanti a godersi le terme! Tracce di presenza umana sono state rinvenute in vari livelli. Ma in particolare, nello strato archeologico più ricco, sono stati trovati alcuni strumenti in osso e tanti strumenti in pietra: circa duecentocinquanta manufatti realizzati su ciottoli, tutti raccolti nelle vicinanze. Si tratta di nuclei e schegge lavorate, con tracce di utilizzo per la macellazione e per la lavorazione del legno.

E soprattutto, questa è la vera notizia, sono stati ritrovati dei manufatti in legno, forse realizzati con quegli stessi strumenti in pietra. Chi erano dunque gli uomini che produssero e utilizzarono questi oggetti? L’aspetto dei manufatti di pietra è piuttosto arcaico, ma non permette l’attribuzione immediata a una specifica fase del Paleolitico. Solo grazie allo studio del contesto e alle datazioni si è giunti alla certezza che i primi frequentatori delle terme di Poggetti Vecchi fossero proprio i Neanderthaliani. Tra le ossa di elefante, nello scavo di Poggetti Vecchi sono stati recuperati circa cinquanta frammenti di legno, intrisi di quella stessa acqua termale che li ha conservati fino ad oggi, tutti realizzati in bosso, una specie selezionata per la sua particolare durezza e compattezza, che i frequentatori del sito potevano trovare sulle vicine formazioni collinari, come ha rivelato lo studio dei pollini fossili.

Si tratta di bastoni lunghi più di un metro con chiare tracce di intervento umano, ad esempio la rimozione della corteccia e dei rami laterali; in particolare sono lavorate le estremità: la parte più spessa è arrotondata a formare un’impugnatura, la parte più sottile a formare una punta smussata. Qualcosa di molto simile ai cosiddetti digging stick, i “bastoni da scavo” multiuso che ancora fanno parte dell’equipaggiamento delle residue popolazioni di cacciatori-raccoglitori, come i boscimani o gli aborigeni australiani, tradizionalmente usati dalle donne per recuperare radici, tuberi e altri prodotti spontanei, ma anche per cacciare piccole prede.

Alcuni di questi bastoni erano in parte anneriti: l’annerimento è attribuibile all’uso del fuoco. Inoltre, molti elementi, fra cui la localizzazione e la superficialità delle bruciature sui manufatti, fanno pensare non solo a un’intenzionalità, ma addirittura a un sapiente controllo del fuoco al momento della lavorazione. Tra l’altro, se vale l’analogia tra i Neanderthal e le popolazioni odierne, questo bastoni da scavo erano utilizzati soprattutto dalle donne.

Il secondo sito è La Pietra, una grande cava preistorica situata a Torniella nel territorio di Roccastrada, in provincia di Grosseto, parte del Parco Archeologico e Tecnologico delle Colline Metallifere e di una Riserva Naturale regionale; questo luogo, nell’età del bronzo era un’importante officina per la fabbricazione di preforme per elementi di armi in pietra, come punte di freccia e di giavellotto. Le recenti ricerche hanno invece dimostrato come come il sito venisse utilizzato dai neandertaliani nel Paleolitico medio (in un periodo precedente ai 40 mila anni fa) come luogo di approvvigionamento e lavorazione del diaspro, una roccia silicea di buona qualità utilizzata per la realizzazione di schegge.

Sono state infatti rinvenute schegge lavorate secondo il metodo Levallois, molto diffuso durante il Paleolitico medio; i Neanderthal che bazzicavano la zona, che si spostavano per seguire gli animali da cacciare e procurarsi le risorse necessarie a vivere, raccoglievano i blocchi di pietra che si staccavano naturalmente dalla parete.Le schegge grezze avevano margini taglienti e potevano essere utilizzate direttamente senza essere modificate. Fra gli strumenti diffusi nel Paleolitico medio (non rinvenuti, però, nel sito di La Pietra, ma che potevano essere fabbricati con la materia prima lì reperita), c’erano anche raschiatoi e punte musteriane: i primi erano strumenti realizzati a partire da schegge o lame i cui bordi venivano modificati per ottenere margini più adatti a diverse attività, tra cui raschiare le pelli o lavorare il legno; le punte costituivano uno strumento più specifico probabilmente utilizzato per perforare e tagliare.

Ovviamente, nell’età del rame, lo sfruttamento della cava, da occasionale, diventa strutturale: differenza dei neandertaliani, le popolazione di quell’epoca avevano messo su un apparato di lavoro intenso e strutturato finalizzato a produrre quasi in scala industriale produrre punte di freccia molto raffinate, precise, simmetriche, usate come armi da guerra o da caccia, sia come status symbol. Il loro possesso, infatti, caratterizzava esteticamente e ideologicamente i clan dominanti, che traevano dalla guerra, vista come fonte di prestigio e risorse predate, la loro legittimità. I ricercatori ipotizzano che tali manufatti venissero realizzati su commissione da artigiani itineranti, che si spostavano di villaggio in villaggio, che avevano sia una circolazione locale, le troviamo in tante sepolture rinvenute nelle grotte della Toscana centro-meridionale, sia nel commercio a lunga distanza, tra la Maremma e il Nord Europa. Ricordiamo ad esempio che il rame dell’ascia dell’Uomo di Simulaun proveniva dalle colline metallifere.

L’ultimo sito, in cui recentemente sono riprese le ricerche, è la Grotta dei Santi, che si apre oggi a picco sul mare nell’omonima cala a est di Punta Avoltore, lungo la costa dell’Argentario, racconta, in modo ancora più approfondito rispetto al sito di La Pietra, il contesto in cui vivevano i neandertaliani e il tipo di attività che svolgevano. Abitata dai neandertaliani fra 50 e 40 mila anni fa, la grotta si situa in una cerniera cronologica nella quale si verificano due eventi fondamentali nella storia dell’uomo moderno: l’estinzione dell’Uomo di Neandertal e l’arrivo dall’Africa dei primi Sapiens. I Neandertaliani che l’abitarono sono quindi tra gli ultimi gruppi che popolarono la penisola italiana

Grazie allo studio dei resti di pasto rinvenuti nella grotta (ossa e denti di grandi mammiferi) è stato possibile ricavare informazioni sul tipo di fauna con cui interagivano questi individui: cacciavano soprattutto cervi, stambecchi, caprioli, uri, cavalli e talvolta anche rinoceronti, in un periodo in cui di fronte alla grotta si estendeva una vasta pianura. Tra l’altro, i paleoantropologi hanno scoperto una zona preposta all’estrazione del midollo: le ossa di grandi erbivori venivano frantumate con percussori di pietra per ricavarne il midollo, sostanza molto nutriente. Attività che veniva eseguita dai più anziani, a testimonianza della divisione dei ruoli e di una complessità organizzativa e sociale.

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Published on January 11, 2022 00:53
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Alessio Brugnoli
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