Area sacra a Sud-Est del tempio di Zeus

Negli ultimi anni, l’Università di Palermo si è dedicata a una campagna di scavi nella Valle dei Templi, incentrata nell’area a Sud-Est dell’Olympeion, che era già stata parzialmente esplorata a inizio Novecento, ma di cui non si era compreso a pieno l’importanza. Tra l’altro, l’Università di Palermo ha adottato, in questa ricerca, un approcco “olistico”, per usare una parola che ogni tanto torna di moda: i saggi stratigrafici sono stati affiancati dallo studio del materiale di archivio e di tutti i reperti degli scavi precedenti, custoditi nei magazzini dei Musei ‘P. Griffo’ di Agrigento e, in piccola parte, ‘A. Salinas’ di Palermo, museo che consiglio sempre di visitare.

Ricerca che ha chiarito la cronologia e la fisionomia delle strutture, le fasi e la destinazione d’uso degli edifici, tutti funzionali alla vita religiosa del santuario a partire dalla metà del VI secolo a.C. Nella prima fase, infatti, viene realizzato un tempietto, preceduto da una gradinata tagliata nella roccia, è a pianta bipartita con pronao e cella sopraelevata, divisa in due navate: questa, infatti presenta al centro, lungo l’asse mediano, un pilastro con funzione di sostegno del trave centrale della copertura, cui corrisponde analogo pilastro al centro dell’ingresso.

Che nell’Akragas dell’epoca questo spazio sacro avesse un ruolo importante, è testimoniato da due indizi: il primo è legato al fatto che l’accesso a questo tempietto fosse garantito da una strada orientata da est-ovest larga m 8 circa, che, come già accennato, terminava con una gradinata rupestre. Le dimensioni, seppur approssimative,suggeriscono l’ipotesi che si tratti di una plateia dell’impianto urbano, il che implica che sin dalla fondazione, la polis dovesse rispettare i dettami urbanistici di Ippodamo di Milete e che questo tempietto avesse un importante ruolo simbolico, fungendo da punto di riferimento nella geografia sacra di Akragas.

L’altro è nella ricca decorazione architettonica fittile, tra le prime testimonianze dell’architettura agrigentina: è possibile che per il santuario delle divinità Ctonie, il tempietto sia stata una appropriazione e ellenizzazione da parte dei coloni di un precedente culto locale. La seconda fase, invece risale alla tirannide di Terone.

Da una parte, il tempietto arcaico viene di fatto declassato, riducendosi a una sorta di dependance dell’Olympeion, dall’altra, è valorizzato, con l’ inserzione di monumenti di grande impatto visivo e dimensionale, per i quali vengono sperimentate formule inusitate talvolta precorrendo soluzioni architettoniche altrove affermate solo in età ellenistica. Nei primi decenni del V secolo fu realizzato altresì, sulla fronte del sacello, un theatron di raccordo al piazzale antistante, posto a quota inferiore e dominato dal colossale altare, e un nuovo sistema di accesso al retrostante terrazzo roccioso, dotato di una serie di strutture monumentali a ridosso delle mura urbiche. Si tratta di una grande vasca per riti lustrali connessa con un sistema articolato di canali e cisterne e fronteggiante un’enorme aula, interpretabile come salone per banchetti; concludeva l’insieme una serie di tre ambienti paratattici, identificabili come normali andrones.

Particolarmente significativi dell’unitarietà e della nuova maniera di concepire lo spazio sacro, come parte integrante cioè di un insieme civico infrastrutturato, sono proprio le infrastrutture idrauliche, che caratterizzano questa zona del santuario, caratterizzate dalla monumentalità dell’impianto e dalla portata. L’ampiezza della vasca rituale e delle connesse riserve idriche, nonché il complesso sistema atto a regolare il deflusso, implicano un’alimentazione artificiale del bacino: si ipotizza che la conduttura di adduzione provenisse da Est. E’ possibile che questa fosse collegata al sistema idrico della polis progettato da Feace e che quindi fosse collegata con la Kolymbethra, che svolgeva il ruolo di fulcro di strutture che necessitavano di acqua abbondante per il regolare svolgimento di riti, da immaginare non meno grandiosi delle loro cornici monumentali.

A questo proposito meritano particolare attenzione gli edifici attigui alla grande piscina, già citati. Si tratta di sale da banchetto, più canoniche quelle disposte in fila (capienza complessiva 21 klinai), mentre la grande aula (35 × oltre 11 m) restituisce una rara tipologia nota in contesti santuariali di IV secolo, con la capienza eccezionale di un hexekontaklinos oikos. Nella parte orientale di essa, di fronte all’ingresso principale, si conserva il basamento di una trapeza o di una kline sovradimensionata (ingombro ricostruibile 3,64 × 1,82 m), che suggerisce l’espletamento di rituali teossenici, per i quali sovviene la tradizione letteraria relativa al culto dei Dioscuri e di Elena, citati ad esempio da Pindaro nella famosa III Olimpica in onore del tiranno Terone.

Vi era forse una connessione tra la grande sala da banchetti e la piscina, deputata come detto a immersioni rituali, che possiamo riferire ad una sfera divina femminile sulla scorta dei doni votivi rinvenuti nell’area e dei comparanda noti nella tradizione religiosa ellenica. Doni che consistevano in offerte incruente con dedica di patere in bronzo dentro il tempietto, trovate in oltre 200 esemplari.

Proprio Elena, infatti, è destinataria in diversi contesti di rituali legati alla maturazione sessuale delle fanciulle e, come modello della parthenia e della ninfalità, è associata al bagno e persino a fonti sacre. Inoltre, il legame del culto rodio di Helena Dendritis con la vegetazione potrebbe essere riecheggiato nel nostro contesto dall’ambientazione “naturale” di questa porzione del santuario, suggerita dalla presenza sul piano roccioso di buche per la piantumazione di alberi o arbusti e dei canali defluenti dalla vasca, qui probabilmente lasciati scoperti, come se si volesse riprodurre con dei ruscelli artificiali, una sorta di boschetto sacro. Insieme allo svolgimento dei rituali incentrati sul grandioso bacino, l’infrastruttura idrica si prestava quindi a creare effetti scenografici funzionali alla tipologia del culto, mentre allo stesso tempo suppliva alle necessità pratiche di pulizia e approvvigionamento del complesso monumentale, con le sue sale destinate a differenti tipologie di banchetti.

L’ultima fase di vita del Santuario risale alla prima metà del III secolo a.C. A causa di un terremoto, le mura di Akragas sono danneggiate e i punici provvedono a una loro ricostruzione su una linea più arretrata: l’Olympieion viene trasformato in fortezza e il tempio di Eracle in bastione: di conseguenza, tutto il complesso viene sconsacrato e abbandonato. Probabilmente, per la presenza dell’incasso per un pinax votivo, la nella zona adiacente alla vasca, vi era una nuova porta d’accesso alla polis.

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Published on October 10, 2021 06:38
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Alessio Brugnoli
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