Il tempio di Giove a Cuma

La Via Sacra prosegue risalendo tutta la collina, fino a giungere alla sommità dell’acropoli, dove in antico svettava l’imponente Tempio Maggiore, i cui resti furono portati alla luce tra il 1924 e il 1932, è stato a lungo attribuito senza validi motivi a Giove.

Eretto tra il VI e V secolo a.C., in origine era dedicato a Demetra, una delle dee a cui erano più devoti i coloni calcidesi che fondarono la città, sorgeva sulla sommità dell’acropoli ed era di conseguenza il più importante della città, fungendo anche da punto di riferimento ai naviganti diretti nel porto di Cuma.

Essendo Demetra divinità arcaica, la sua origine risale all’età del Bronzo, e di tipo ctonio-oracolare, il suo culto spiegerebbe la presenza dell’oracolo della Sibilla. Del tempio greco non si hanno molte notizie: è presumibile che sia stato pseudo-periptero. Le uniche testimonianze della sua esistenza rimangono la base in tufo, lunga trentanove metri e larga ventiquattro, riutilizzata anche nelle fasi successive e alcuni capitelli dorici, ritrovati nel 2013.

Sempre questi scavi archeologici hanno evidenziato come, durante l’epoca Sannita, il tempio fosse parzialmente ristrutturato: il pavimento originale fu infatti pavimento tagliato dalla fondazione dei muri, come se la cella fosse stata suddivisa.

Alcuni studiosi hanno ipotizzato che, essendo andato distrutto il tempio di Hera durante la conquista italica, vista la sua vicinanza alle mura, i nuovi dominatori, invece di ricostruirlo, hanno trasferito il suo simulacro in quello di Demetra. Per cui, per semplificare sua la “coabitazione” divina e per soddisfare le rispettive esigenze di culto, furono creati nello stesso tempio due celle distinte, con ingressi separati.

Il complesso fu pesantemente ristrutturato in età augustea. Il nuovo tempio, sempre pseudo-periptero, aveva un orientamento est-ovest ed era circondato da un muro perimetrale in opus reticolatum che presentava tre aperture; internamente era diviso in cinque navate. La cella era arricchita con delle semicolonne e delle nicchie poi murate, oltre ad una serie di quattro pilastri.

A chi fosse dedicato, non si sa… Non è detto, infatti, che non rimasse attivo il culto di Demetra: se si osserva la nuova cella cultuale, si nota come questa fosse inaccessibile ai fedeli, dotata di finestre sui lati lunghi che consentivano una partecipazione solo parziale ai rituali sacri che avvenivano al suo interno, il che fa pensare a una sorta di culto misterico.

In età paleocristian, il complesso fu a sua volta trasformato in una basilica cristiana con l’aggiunta di un altare in muratura rivestito in marmo (oggi quasi del tutto scomparso) poggiato alla parete di fondo, alle sue spalle fu eretto un fonte battesimale, di forma circolare e con tre gradini interni, anch’esso rivestito di marmi policromi.

Tuttavia i rifacimenti più cospicui si ebbero soltanto in età altomedievale. I due ingressi laterali della facciata furono chiusi con muri a grossi blocchi di tufo e al posto di quello a sinistra sorse una cappella absidata, forse un martyrion. Muri dello stesso genere interruppero la fuga delle navate laterali, creando piccoli ambienti, forse utilizzati come cappelle, mentre gli spazi tra gli intercolumnia della navata centrale furono occupati da sepolture a fossa, probabilmente per membri di prestigio della comunità. Altre tombe furono ricavate intorno alla cella e presso le navate a sud, ove erano una vasca e un’altra piccola cappella. Gli scavi del 2013, ne hanno contate circa un’ottantina.

Le sepolture sono a cassa in mattoni o tegole, ma anche a sarcofago. Alcune sepolture sono state rinvenute ad una certa profondità, al punto che gli archeologi hanno pensato che si trattasse di un utilizzo della sepoltura verticale a casse sovrapposte. Gli studi di alcune sepolture hanno permesso di rilevare tracce di decorazione pittorica. Rilevante è un frammento di affresco che rappresenta, nell’antica chiesa, un vescovo del X secolo d.C.

La chiesa, dedicata a San Massimo e a Santa Giuliana, ebbe una grande rilevanza nell’ambito della diocesi di Pozzuoli durante tutto il medioevo e dopo la distruzione della città anch’essa, come tutti i monumenti del sito, fu spogliata dei suoi ricchi rivestimenti e arredi e alla fine abbandonata.

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Published on April 02, 2021 05:50
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Alessio Brugnoli
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