Emily * Capitolo tre – seconda parte
Intanto, a Sethgrave Park, Emily era stata costretta a limitare i propri movimenti a causa della presenza dello zio, tornato nella tenuta insieme a due amici. Incurante dell’assoluta sconvenienza della situazione in cui si sarebbe trovata la nipote, Mr Davies aveva infatti invitato due dei compagni con cui trascorreva buona parte del suo tempo a Londra. Uno era più giovane di lui, l’altro pressoché coetaneo, ma entrambi avevano preso subito l’abitudine di fermare Emily ogni volta che la incontravano, per farne oggetto di complimenti grossolani e guardarle troppo insistentemente il seno. La ragazza detestava tutti e due in egual misura e così, quanto più loro la cercavano, tanto più lei si adoperava per evitarli. Meglio lo squallore della sua camera che passeggiare in giardino rischiando di imbattersi in quei due.
Un pomeriggio, mentre lo zio e i suoi amici erano andati ad assistere a un incontro di pugilato in un paese a diverse miglia dalla tenuta, Emily poté cavalcare e raggiungere William, precedentemente avvisato con un biglietto che Timothy aveva lasciato alle rovine per conto suo.

«Finalmente. Da quando ieri ho letto il vostro messaggio ho aspettato questo momento con ansia» la salutò il giovane.
«Anch’io non vedevo l’ora di incontrarvi.»
Lui l’aiutò a smontare da Luna ma la lasciò subito, senza darle nemmeno un bacio. Emily si era aspettata un’accoglienza più calda dopo tutti quei giorni in cui non si erano visti – in realtà erano stati solo cinque ma a lei erano sembrati molti di più.
Sedette su una pietra e William le si accomodò di fronte.
«Resterà ancora a lungo in campagna, vostro zio?» le chiese.
La ragazza sospirò: «Non mi dice mai quali siano i suoi progetti. Spero che torni presto a Londra, insieme ai suoi amici.»
«Allora è vero che avete degli ospiti.»
«Ospiti! Mio zio ha invitato due persone terribilmente importune. Non parliamo di questo, però» esclamò lei, mentre l’espressione del viso si rabbuiava.
«Perdonatemi per aver toccato un tema che vi rattrista.»
«Non potevate saperlo.»
Nessuno dei due pronunciò altre parole per qualche minuto. Emily aspettava e sperava che lui le raccontasse dei suoi progetti, magari progetti che includessero anche lei, cosa che non però accadde. Così, non tollerando di sprecare il poco tempo a loro disposizione in quel silenzio, gli chiese: «Come va il vostro lavoro?»
«Molto bene, devo dire. C’è stato un problema con uno degli affittuari ma l’ho risolto in modo soddisfacente per lui e per il barone» rispose William, orgoglioso di sé. «So che lord Buntbuty mi considera già pronto per amministrare la tenuta da solo e credo che il mio predecessore mi lascerà presto il posto.»
«È una bella notizia. Del resto io non ho mai dubitato delle vostre capacità.»
«E il vostro giardino? Avete piantato altri fiori?» domandò a sua volta lui.
«No, Timothy ritiene che la stagione non sia adatta per seminare.»
Di nuovo sembrò che non avessero altro da dirsi. Si era fatta comunque l’ora che Willam ritornasse ai suoi doveri, così i due si salutarono. Quando lui posò le labbra su quelle di Emily lei credette che stesse finalmente per baciarla ma il giovane si limitò a un contatto fugace prima di aiutarla a rimontare in sella per fare infine altrettanto.
La ragazza tornò a casa dopo aver compiuto un lungo giro, conducendo la giumenta un po’ al galoppo e un po’ al passo, e quando la lasciò nelle mani premurose di Timothy non si fermò come al solito a scambiare due parole con l’anziano stalliere, si diresse in fretta in camera e si gettò sul letto, dove rimase a lungo. Avrebbe fatto meglio a non chiedere quell’incontro, William non era sembrato felice di vederla, almeno non quanto lei; forse aveva dei problemi che le aveva taciuto perché non si preoccupasse ma avrebbe preferito che si confidasse, lei lo avrebbe fatto.