Solla (2)
E in un libro che si chiama Tempesta madre, del 2021, di Gianni Solla, il protagonista, Jacopo, quando era bambino aveva partecipato a una gara di poesie nella scuola delle suore dove studiava, ed era stato accompagnato alla gara da un signore che chiamava “il professore”, di cui Jacopo faceva l'”assistente”, e dalla compagna del professore, una polacca di nome Jana; e quando Jacopo si ricorda che si trovavano lì, nella sala dove si stava per svolgere la gara di poesie, dice così:
Era la prima volta che partecipavo a una gara, e non mi piaceva l’idea di vincere né quella di perdere. Avrei preferito che non ci fosse nessuna classifica. Non avrei mai capito la smania della mia specie di stabilire un vincitore per ogni cosa.
– Lo sai cos’è la superbia, Jacopo? Te ne hanno parlato le suore? È esattamente questo, essere il figlio prediletto. Vincere sugli altri. Vedrai la ferocia dei vincitori, travestita da benevolenza, – mi aveva avvisato il professore.
Prese il pacchetto di sigarette dalla giacca, diede un piccolo colpo sul fondo, la sigaretta sbucò dall’apertura, ma lui la ributtò dentro come se avesse cambiato idea all’improvviso.
– Non è una gara nel senso sportivo, non si vince o si perde per merito, si tratta piuttosto di una dichiarazione d’intenti di ogni singolo individuo che salirà sul palco. Vincerà il soggetto che la giuria riterrà più pericoloso.
– Non è vero, assistente, – aveva detto Jana, – vince poesia più bella.
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