La necropoli di via Cappella

Ai margini del centro urbano dell’antica Miseno, sull’asse viario che collegava il sito antico con Cuma e corrispondente all’attuale Via Cappella, toponimo che ricorda le camere sepolcrali, è la Necropoli in località Cappella. Area che è attualmente al confine tra i comuni di Bacoli e di Monte di Procida.

Secondo alcuni archeologi, in cui a riprova della continuità dell’utilizzo funerario, è sede del cimitero di Bacoli, ve erano almeno una ventina tra mausolei e colombari, molti utilizzati come cantine dagli edifici moderni. Necropoli che era destinata all’ultimo riposo dei marinai cu appartenuti alla Praetoria Classis Misenensis, la flotta Imperiale romana di stanza nella vicino Miseno. A riprova di questo, negli scavi compiuti tra il 2001 ed il 2003 è stata rinvenuta un’epigrafe conservata presso il Museo Archeologico dei Campi Flegrei che cita il nome di un marinaio semplice, Tiberius Claudius Phoebus, originario dell’Asia Minore, che visse trent’anni e che per quattordici è stato al servizio della Classis Misenensis su una trireme di nome Virtus. Tiberius, morto senza eredi, lasciò i suoi beni a Lucius Vibus Valens sottufficiale della triremi Capricorno, il quale, per onorarne la memoria, gli dedicò l’epigrafe.

La necropoli, rimasti da sempre in vista, alimentarono la fantasia dei viaggiatori eruditi del ‘700 che impropriamente collocavano in questa zona un circo romano per la celebrazione dei giochi e delle corse dei cavalli,probabilmente sviati dalla localizzazione di una sorta di obelisco, ampiamente raffigurato in stampe dell’epoca,e piuttosto riferibile ai monumenti funerari. Solo successivamente, la zona è stata riconosciuta come una necropoli con tombe monumentali.

Ad oggi tre sono le persistenze archeologiche di destinazione funeraria più evidenti nella zona: oltre alla necropoli di Piazza Sovente anche alcuni resti presenti lungo il fronte stradale di Via Miliscola e al Fusaro, all’incrocio tra Viale Vanvitelli e l’ingresso di Via Virgilio. L’arco cronologico documentato dalle sepolture si estende dagIi inizi del I a.C. fino alla prima metà del V secolo.

In particolare, i monumenti funerari attualmente visitabili sono distribuiti lungo un’unica quinta architettonica con orientamento Est-Ovest in cui si distinguono le diverse fasi costruttive. Il mausoleo più antico si trova sulla sinistra dopo aver percorso il tratto di scale in ferro che dall’ingresso sul livello stradale portano al livello inferiore in cui si trova la necropoli.

Si tratta di un edificio di forma quadrangolare,ascrivibile al I° secolo a.C., epoca tardi repubblicana, inizialmente concepito come una sepoltura unica, data la presenza di una camera sepolcrale posta più in profondità. All’epoca di Claudio, però il complesso subisce una parziale trasformazione, diventando un colombario: alle pareti sono aperte una serie di nicchie, per accogliere le urne con le ceneri dei defunti cremati in un vicino ustrinum.

Tra l’epoca dei Flavi e quella degli Antonini, tra Vespasiano e Adriano, per capirci, il mausoleo repubblicano fu affiancato da quattro colombari, costruiti in opus retucolatus, dalla pianta molto simile: si tratta di quattro edifici, dalla pianta quadrata, coperti con una volta a botte, con una parete centrale, frontale all’ingresso, decorata da un’edicola sormontata da un frontone, mentre le pareti laterali sono caratterizzate dalle strumentali nicchie.

Nei colombari più vicini al sepolcro repubblicano, vi sono tracce di decorazioni di rosso ed indaco oltre a due effigi dipinte al centro delle volte a botte: nella prima è rappresentata una menade danzante, seguace del dio Dioniso, con in mano il tirso, il simbolo del dio, un bastone decorato con tralci di vite, e una coppa per il vino. Nella seconda è raffigurata Selene, la dea della notte, equiparata a Iside, protettrice dei marinai, il che è abbastanza ovvio, visto il mestiere dei defunti.

La dea è inoltre rappresentata nei monumenti funerari romani per il mito che l’associa a Endimione, giovane cacciatore “addormentato” per un sonno eterno da Zeus,proprio per volere di Selene, affnchè la dea stessa possa vegliare su di lui e amarlo per l’eternità. Lo stesso del poema di Keats, che ricordiamolo è sepolto a Roma, nel cimitero acattolico di Testaccio.

Questo colombari, in età medio imperiale, epoca severiana e periodo dell’anarchia militare, furono utilizzati come quinta architettonica per tre mausolei, dalla struttura molto più semplice, dedicati alle sepoltura per inumazione.

Il più esterno, proprio alle spalle dei colombari, è completamente ipogeo e di forma quadrata. All’interno sono state ritrovate tre tombe in muratura accostate ai tre lati lasciando uno spazio vuoto al centro. Andando verso l’interno, si trova il mausoleo più grande e più complesso dell’intera necropoli di Cappella: esso è isolato rispetto alla quinta architettonica ed è stato costruito per ospitare un numero maggiore di inumati essendo strutturato da tombe rialzate su più piani. Di fatto somigliava ai “fornetti” dei nostri cimiteri.

Alle sue spalle, si trova un terzo sepolcro più piccolo e dalla struttura più semplice con tre tombe in fossa foderate in muratura, probabilmente una tomba di famiglia: a titolo di curiosità, tra i denti dei defunti sono state trovate monete. Si tratta dell’obolo di Caronte, la mancia che il defunto doveva pagare al traghettatore dei fiumi infernali, per giungere finalmente nell’Ade.

Tra un mausoleo e l’altro, vi sono un centinaio di fosse con i corpi dei defunti, coperti di tegole inclinate a due a due, deposti direttamente in fossati oppure all’interno di casse di legno. Il corredo ritrovato era esiguo, limitato ad uno o due boccalini in ceramica comune: le ultime dimore dei poveri e degli schiavi.

Attiguo alla necropoli, vi è il colombario del Fusaro, che ha avuto una storia alquanto travagliata: La scoperta del Colombario avvenne tra il 1840 e i primi mesi dell’anno successivo ad opera di Carlo Bonucci, architetto regio, che ne diede notizia in una lettera inviata al re e datata 16 aprile 1841. Inizialmente, fu utilizzato come magazzino militare: dopo l’Unità d’Italia se ne perse la memoria, ino a quando subito dopo la seconda guerra mondiale, si cominciarono a costruire le palazzine popolari. Riscoperto, fu utilizzato come discarica di calcinacci, finchè dopo anni, fu deciso di riqualificarlo.

Il colombario è composto da una serie di stanze a livello della strada e da un ambiente “ipogeo” caratterizzato dalle classiche nicchiette nelle pareti utilizzate per allocarvi le urne cinerarie. A differenza di edifici analoghi, a pianta rettangolare, questo colombario è caratterizzato dall’essere a pianta circolare con copertura a “cupola” e realizzato in opera laterizia. Il pregio architettonico è evidenziato dalla presenza nella camera principale di quattro “rientranze” , poco profonde (circa 60 centimetri) e contrapposte, ognuna delle quali segnate da otto nicchie (il mausoleo ne ospita complessivamente cinquantasei).

L’illuminazione è garantita da quattro aperture una delle quali posta al centro della cupola. L’edificio funerario, oltre alla camera principale, presenta un piccolo vano largo quanto la scala che consente l’accesso all’ipogeo dove trovano posto, ricavate nella muratura di due pareti altre nicchie mentre la terza è caratterizzata da un “arcosolio” cioè da un sarcofago ricavato in un’ampia nicchia coperta da un arco, realizzato presumibilmente verso la fine del II secolo d.C. epoca in cui inizia a diffondersi l’inumazione che non prevede più l’uso di bruciare la salma. Gli ambienti in superficie, originariamente destinati alla celebrazione dei riti funerari, successivamente furono utilizzati in parte per le sepolture in fosse.

L’esame delle epigrafi in passato ha fatto attribuire la proprietà della tomba alla gens Grania, ricca famiglia puteolana, ci cui due membri sono menzionati in due delle epigrafi dello scavo Bonucci, ed un altro in un epitaffio dello scavo 1979. È stato recentemente notato come la minoranza statistica di Granii rispetto ad altri membri riferibili ad altre famiglie, metta in discussione la pacifica attribuzione del monumento alla gens di Puteoli: si potrebbe pensare, invece, ad una tomba costruita ad utilizzo di una congregazione, un collegium funeraticium, un insieme cioè di persone praticanti lo stesso mestiere, o liberti della stessa famiglia, come frequentemente attestato nel mondo romano.

Per concludere, dato che si è parlato di Endymion, evito di mettere in mezzo Dan Simmons e mi limito a citare i versi di Keats

Una cosa bella è una gioia per sempre,
Il suo splendore aumenta,
Mai potrà passare nel nulla,
Per sempre manterrà un suo luogo quieto per noi,
Un sonno pieno di dolci sogni,
Una salvezza, un respiro quieto.
Perciò, ogni mattina, intrecciamo
Una catena di fiori per legarci alla terra,
Malgrado lo sconforto,
Il vuoto disumano di nature nobili,
La pena dei giorni tristi,
Malgrado le vie rischiose e oscure
Che dobbiamo percorrere nella nostra ricerca.
Sì, nonostante tutto, esiste una forma di bellezza,
Ed essa toglie il drappo funebre
Che troppo spesso avvolge il nostro spirito.
Così sono il sole e la luna,
Gli alberi teneri o vecchi che donano penombra
Ai mansueti agnelli; e così sono i narcisi
E il verde mondo in cui dimorano;
E così sono i chiari ruscelli,
Che creano per se stessi una coltre di fresco
Contro la torrida estate; e così sono le felci nel bosco,
Spruzzate di boccioli di rosa muscata;
E così è anche la grandezza del destino
Che immaginiamo in onore dei grandi morti
Tutti i bei racconti che leggiamo o ascoltiamo:
Una fontana infinita di acqua immortale
Che cola fino a noi dall’alto del cielo

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on February 19, 2021 03:31
No comments have been added yet.


Alessio Brugnoli's Blog

Alessio Brugnoli
Alessio Brugnoli isn't a Goodreads Author (yet), but they do have a blog, so here are some recent posts imported from their feed.
Follow Alessio Brugnoli's blog with rss.