Agatha Christie – L’assassinio di Roger Ackroyd * Le mie letture
(titolo originale “The Murder of Roger Ackroyd” pubblicato nel 1926; edizione italiana da me letta del 1976, traduzione Giuseppe Motta)
La storia è narrata in prima persona dal dottor James Sheppard, che la trascrive via via che gli eventi si svolgono per emulare il capitando Hastings, l’amico e compagno di Poirot in tante indagini, al momento in Argentina. Non l’ho detto, infatti, ma anche questo romanzo ha come protagonista il piccolo belga.
Dopo il suicidio della signora Ferrars, che aveva ucciso il marito e che per questo era vittima di un ricattatore, viene assassinato l’uomo che, probabilmente, avrebbe voluto sposarla e con cui lei si era confidata, il ricco proprietario di villa Fernly, Roger Ackroyd.
Nella villa vivono la cognata (vedova) del defunto e sua figlia Flora, fidanzata con il capitano Ralph Paton, figliastro di Roger Ackroyd ed anche il colonnello Charles Blunt e il segretario di Ackroyd, Geoffrey Raymond.

L’omicidio avviene in un lasso di tempo molto breve ed è scoperto poco dopo che è stato perpetrato, dal dottor Shepard e dal maggiordomo Parker.
Tra i possibili sospettati vi sono anche la governante, una cameriera e uno sconosciuto incontrato del dottor Shepard. È Flora Ackroyd a chiedere a Poirot, che si è ritirato in paese a coltivare zucche, di scoprire l’autore dell’omicidio. E lui, puntualmente, lo fa.
Un personaggio simpaticamente ficcanaso è Caroline Shepard, la sorella zitella del dottore, maggiore di lui di otto anni. Quasi una collega di Miss Marple, anche se non è lei a scoprire il colpevole…
È difficile se non impossibile dire qualcosa di un giallo, se si vuole evitare di rovinare la lettura. Quindi, come al solito, mi limiterò a riportare qualche brano che mi ha colpita.
Dapprima un’osservazione del dottore sull’investigatore:
Certe volte quell’uomo mi ricordava un gatto. Forse per gli occhi e i modi.
C’è poi un lungo brano in cui Poirot, riferendosi al ricatto subito dalla signora Ferrars, descrive al dottore e alla sorella come una persona comune, che nelle profondità del suo animo ha però un punto debole, che viene a conoscenza di un segreto e ha bisogno di denaro si trasforma in ricattatore e, chiedendo sempre di più, commette un errore, perchè
Un uomo lo si può spremere fin che si vuole, ma con una donna si deve andar cauti. Non bisogna esagerare, perché la donna ha sempre un gran desiderio di dire la verità.
Di conseguenza la donna si è suicidata ma il ricattatore rischia lo stesso di essere scoperto e allora uccide la persona che potrebbe rovinarlo e poi
In seguito, rimosso il pericolo, ritornerà in sé, ridiventerà normale, affabile, socievole. Ma se sarà necessario lui colpirà nuovamente.
Per quanto apparentemente generiche, queste parole descrivono la psicologia dell’assassino e, forse, il lettore potrebbe immaginare a chi si riferisce Poirot. Avendo già letto il romanzo ricordavo di chi si trattasse e ogni frase dell’investigatore mi è risultata chiara, contrariamente a quanto era avvenuto nella prima lettura…
Ecco poi uno dei tanti esempi della sicurezza nelle proprie capacità dimostrata da Poirot. A un poliziotto che gli chiede perché abbia posto una certa domanda, l’investigatore risponde:
«È una mia piccola idea e nient’altro. Io sono famoso per le mie piccole idee.»
«Davvero?» fece Raglan guardandolo perplesso.
Il sovrintendente (Hayes) scoppiò a ridere.
«L’ispettore Japp lo dice sempre! Poirot e le sue piccole idee! Troppo fantasiose per me!»
«Lei mi prende in giro» fece Poirot sorridendo. «Ma non ha importanza. A volte i vecchi ridono per ultimi, quando i giovani, gli intelligentoni, non ridono affatto!»
Ed eccone un altro, durante un dialogo con la governante, signorina Russel:
«… sì, lo so.»
«Come fa a saperlo?»
«Signorina, è il mestiere di Hercule Poirot sapere ogni cosa. …»
E infine questo, quando, saputo che dal dottor Shepard del suo resoconto, gli chiede di poterlo leggere (ricordo che il narratore è Shepard):
Non ero preparato a una richiesta così inaspettata. Mi torturai il cervello per cercar di rammentare com’erano descritti certi particolari.
«Spero che non ci farà caso» balbettai. «Può darsi che qua e là sia stato un pochino… come dire… personale.»
«Oh, comprendo perfettamente; forse mi ha descritto in maniera un po’ caricaturale, ridicola? Non fa nulla. Anche Hastings non era sempre molto educato. Ma io sono superiore a queste banalità.»
Insomma, per mesi tratta di un romanzo davvero ben congegnato, in cui – come al solito – tutti i possibili indiziati nascondono qualcosa, molti guadagnano qualcosa dalla morte della vittima, non tutte le cose sono come sembrano… del resto, altrimenti che giallo sarebbe?
“L’assassinio di Roger Ackroyd” ha anche una caratteristica molto particolare, che non però posso svelare, sempre per non guastare il piacere della lettura, per quanto, trattandosi di un libro molto famoso, come tutti quelli della Christie, probabilmente molti – se non tutti – sanno quale sia l’elemento che lo rende molto originale…