Claire * Capitolo 7
Qualche giorno dopo Tom si incontrò in una saletta appartata di Boodle’s con il conte di Allston per riferirgli le informazioni raccolte. Si trattava per lo più di conferme a voci che circolavano, arricchite di ulteriori dettagli, in particolare sul duca di Bercaster.
Seduto in una delle poltrone dalla tappezzeria a righe, sotto lo sguardo di un paio di cani da caccia che sembravano fissarlo dal quadro appeso sopra al camino, il conte ascoltò Tom con attenzione, osservando alla fine: «Non credevo che la situazione del duca fosse così critica né che fosse un giocatore incallito, anche se sapevo che frequentava le bische.»
«È molto abile a tenere celati i suoi problemi e i suoi vizi e ha un talento speciale per far apparire pregi quelli che in realtà sono difetti.»
«E mia figlia apprezza la compagnia di costui?»
«Pare di sì, anche se non mi pare che la prediliga a quella di altri gentiluomini, almeno per ora.»
«La metterò al corrente delle vostre scoperte.»
«Meglio di no.»
«Perché mai?»
«Sa dell’incarico che mi avete affidato e non gradisce ciò che considera, forse a ragione, una mia intromissione nella sua vita. Se la mettete in guardia sulla base di informazioni che vi ho fornito io, potrebbe reagire in modo sbagliato, magari proprio accettando la corte del duca di Bercaster.»
«Non conoscete Claire. È una ragazza accorta anche se impulsiva, non farebbe una cosa del genere solo per ripicca» ribatté il conte dimostrando con quelle parole di non aver apprezzato la sottile e nemmeno troppo sottintesa critica alla figlia.
«Meglio così, anche se preferirei lo stesso che non portaste la sua attenzione su Bercaster. Naturalmente se lady Claire mostrasse di apprezzare particolarmente le attenzioni del duca sarebbe opportuno rivelarle la situazione.»
«Allora però potrebbe essere troppo tardi e non voglio che si trovi a soffrire per un uomo del genere né per nessun altro.»
Tom annuì: «Controllerò per quanto mi sarà possibile il loro atteggiamento reciproco e se la situazione dovesse cambiare vi avviserò e voi potrete intervenire.»
Si pentì subito della promessa fatta, il suo compito era scoprire i segreti dei corteggiatori della ragazza non essere il suo angelo custode, ma Allston approvò prima che potesse in qualche modo ritrattare: «Vi ringrazio. Conto su di voi.»
Tom soffocò un sospiro di frustrazione: «A voi risulta che vostra figlia abbia qualche preferenza che io, come estraneo, non ho potuto notare?» Alla luce di quanto si erano detti la domanda era di sicuro superflua ma aveva preferito porla.
«No, anche a me pare che non si interessi a nessuno. Devo confessare che non mi dispiace, è giovane e non ha nessun bisogno di sposarsi in fretta. A me importa solo che sia felice.»
«Lady Claire è fortunata ad avere voi come padre.»
Tom lo pensava davvero: raramente i genitori si curavano della felicità dei figli, avevano come obiettivo soprattutto denaro e prestigio, anche quando per gli interessati, in particolare per le ragazze, il matrimonio era in realtà un sacrificio.
Quando uscì dal club il baronetto era ancora arrabbiato con se stesso per essersi assunto un’ulteriore responsabilità ma presto il malumore si attenuò, non era nel suo carattere perdere tempo a rammaricarsi per qualcosa che non poteva cambiare. Aveva sbagliato all’inizio, quando aveva accettato l’incarico; aveva pensato che sarebbe stato un modo per divertirsi un poco con lady Claire e rompere la noia del soggiorno a Londra ma si era reso conto presto di aver commesso un errore perché non riusciva a rimanere abbastanza distaccato. Poteva solo sperare che lei scegliesse presto uno dei gentiluomini affidabili fra quanti la corteggiavano, per esempio il conte di Longdor, e si fidanzasse. Scosse il capo: il conte di Longdor non andava bene per lei, lo avrebbe travolto, era troppo accondiscendente e tranquillo, si sarebbe annoiata presto. Per lei ci voleva qualcuno capace di tenerle testa, dotato di altrettanta energia e intraprendenza. Uno simile a lui, insomma.
Sbuffò. Le scelte di lady Claire non erano un suo problema, in tutti i casi sarebbe stato il conte di Allston a dire l’ultima parola.
Una voce insinuò sarcastica che era un bugiardo perché il suo disinteresse era solo una finta, una difesa.
Imprecò.
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