Il sacro Almone

[image error]Fiume Almone



Un giorno ci avviammo a piedi seguendo la via Appia, da lungo tempo rovinata e invasa dalla vegetazione: per dodici miglia avanzammo, arrampicandoci su per una serie ininterrotta di monticelli, di ammassi e di collinette formate da rovine; ora rintracciavamo un tratto dell’antica strada sul terreno, poi sotto un manto erboso, come se fosse stata la sua tomba:ma comunque furono rovine lungo tutto il percorso..”





Così descriveva la via Appia antica lo scrittore inglese Charles Dickens, che visitò l’Italia nei primi mesi del 1845; ai suoi tempi, la Regina Viarum non era più percorribile: i muretti a secco che delimitavano i fondi privati ne avevano tagliato trasversalmente il percorso, suggerito ormai soltanto dalla sequenza dei monumenti funerari che in origine la fiancheggiavano, ridotti allo stato di rovina per l’usura del tempo e per le sistematiche spoliazioni messe in atto fin dal Medioevo.





Il recupero avvenne tra il 1850 e il 1853 su incarico dello Stato Pontificio fu promosso il “ristabilimento della via Appia”, realizzato dal Commissario alle Antichità Luigi Canina, archeologo e ingegnere piemontese: un organico progetto di restauro dell’originale asse stradale della via Appia Antica, da Cecilia Metella a Bovillae. Fu acquisita da parte dello Stato una fascia di circa 10 metri ai lati della strada, l’area archeologica fu isolata dai fondi retrostanti per mezzo di muretti a secco, le “macère”, e chiusa con due cancelli nel tratto restaurato, che veniva controllato regolarmente da un custode e da un guardiano a cavallo.





Molte delle strutture che caratterizzavano la strada furono parzialmente ricomposte dal Canina che, con una serie di pannelli in muratura, in cui venivano applicati i frammenti archeologici rinvenuti lungo il percorso, intendeva restituire al visitatore l’immagine di quelle che ipotizzava fossero in origine la forma e la decorazione di ciascun edificio.





Per cui l’Appia che conosciamo oggi, è frutto del suo impegno e della sua fantasia… A cominciare dalla copia della prima colonna miliaria della via Appia, il cui originale, rinvenuto nel 1584, è conservato sulla balaustra della scalinata del Campidoglio. Si ipotizza che cadesse in questo punto il primo miglio della “Regina Viarum”, che aveva in realtà origine, così come la via Latina, dalla Porta Capena del circuito repubblicano delle Mura Serviane, localizzata pressappoco di fronte al lato curvo del Circo Massimo.





Ai primissimi anni della Repubblica ci riporta il tratto di strada in discesa tra il confine del I miglio e il fiume Almone. In questo luogo, denominato Clivus Martis, vi era il Tempio di Marte, importante santuario da cui partiva la transvectio equitum, una solenne processione della cavalleria che il 15 luglio di ogni anno rievocava la vittoriosa battaglia del Lago Regillo, che nel 499 a.C. aveva segnato la supremazia di Roma sui i popoli latini.





Sul lato sinistro, al di sotto del cavalcavia ferroviario, i blocchi di tufo, pertinenti al rivestimento di un edificio che doveva estendersi anche sul lato opposto della via, sono stati interpretati come appartenenti a tale santuario. L’Almone, affluente del Tevere e fiume sacro ai Romani, è oggi visibile in corrispondenza dell’ex cartiera Latina, sede dell’Ente Parco, in via Appia antica 42.





Già Ovidio nelle Metamorfosi parlava dell’Almone come di un “affluente del Tevere, a mezzogiorno di Roma, dove i sacerdoti di Cibele ogni anno lavavano la statua della dea e tutti gli arredi sacri appartenuti al suo culto” e ascrive all’omonimo dio fluviale, padre della ninfa Lara, l’origine del nome Almo. L’Almone nasce dai Colli Albani (acqua di risorgiva, da infiltrazioni del lago Albano) e fino a circa un secolo fa sfociava nel Tevere nei pressi della ex area industriale del Gazometro,più o meno nella attuale Circonvallazione Ostiense, presso il quartiere Garbatella.





Lì un ponte passava sopra la confluenza delle acque che scorrevano accanto ad un piccolo mulino, la moletta di San Paolo. Oggi invece il fiume non raggiunge più il suo naturale recettore a causa di una deviazione che porta le sue acque direttamente al depuratore di Roma sud. In età romana l’importanza del fiume Almone era legata al rito della Lavatio Matris Deum: ogni 27 marzo la pietra nera, simbolo della dea Cibele, la Magna Mater veniva condotta in processione e lavata nel fiume, insieme ai coltelli sacrificali, proprio nel punto in cui questo sfociava nel Tevere.





Nel Medioevo, i romani definivano “Acquataccio” quel tratto di Almone che attraversa la Valle della Caffarella. Le origini di questa scelta toponomastica si trovano nelle piantine medievali e cinquecentesche, dove Via Appia dirimpetto a Porta San Sebastiano, era indicata con il vocabolo “Accia” perciò l’appellativo di “Acquataccio” sta proprio a significare “Acqua dell’Appia”. Scorrendo all’epoca in luoghi deserti e desolati, il fiume divenne scenario di infinite leggende. Una di queste racconta come nel XVI secolo una bufala impazzita, che aveva provocato morti e feriti in città, fu inseguita fino al fiume dove si gettò per poi riemergerne parlante. Infine, la Via dell’Almone, progettata per giungere al Forte Prenestino dal Forte Appio, un tempo fu chiamata Via Militare per il continuo passaggio di soldati.





[image error]Ex Cartiera Latina



L’Almone alimentava l’ex Cartiera Latina,formidabile esempio di continuità funzionale. Infatti, intorno al 1000 nei pressi della chiesa del Domine Quo Vadis ? erano attestate fulloniche, impianti per il lavaggio dei panni; nel 1656, durante l’epidemia di peste, il complesso, definito “valca di Acquataccio”, era utilizzato per il lavaggio dei materassi; la valca fu poi rilevata dai Cappuccini, per la realizzazione dei tessuti di lana prodotti nel loro convento di Roma. All’inizio dell’ 800 il complesso fu trasformata in mulino per macinare sostanze naturali per usi diversi. Nel 1912 l’impianto fu modificato e iniziò la produzione della carta dagli stracci di lino e cotone e in seguito da carta da macero. La fabbrica chiuse nel 1985.





Oggi il complesso multifunzionale della ex Cartiera Latina è dotato di due sale per esposizioni (Nagasawa e Appia) e una Sala Conferenze che possono essere concesse in affitto per eventi e manifestazioni (vedi Regolamento); una biblioteca; uno spazio didattico espositivo naturalistico, Dì Natura, dove si svolgono attività per le scuole e le famiglie e dove è presente un Punto Info con Bookshop.Uno spazio verde esterno attrezzato che ospita un orto didattico, denominato Hortus Urbis, un’area didattica dedicata alle tradizioni della Campagna Romana ed una area attrezzata per la sosta.

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Published on August 05, 2020 11:58
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Alessio Brugnoli
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