Quando l’editor riesce (e l’autore è contento)
Quando l’editor riesce (e l’autore è contento)
In ogni lavoro creativo, oltre al doveroso compenso economico, il professionista è soddisfatto quando anche il cliente è soddisfatto.
Vuol dire che ha lavorato bene e le ore spese sono state utili.
Succede anche per l’editor, e quando accade è davvero una sensazione unica.
[image error]Foto di Gerd Altmann da Pixabay
Il rapporto editor/autore…
… è ostico.
Diamine, ne ho già parlato in precedenti post, ma spesso capitano situazioni davvero antipatiche, che se non si ha una grande padronanza dell’arte diplomatica rischiano di degenerare.
Spesso editor e autore, infatti, vanno tutto fuorché d’accordo: l’uno vuole imporsi sull’altro reciprocamente, con il risultato che il testo che esce da questa sorta di guerra fredda ne risente. E parecchio.
Questo capita quando un autore non ne vuole proprio sapere di accettare gli interventi dell’editor (che siano giusti o meno) e rifiuta sistematicamente ogni revisione, o quando l’editor ci prende gusto e tratteggia di rosso pagine e pagine, magari senza nemmeno un motivo preciso.
Il libro che esce è quindi un misto dell’interventi di editor e di contro-interventi dell’autore, quasi una gara a “chi faccio meglio”. E la voce di quest’ultimo scompare, ma non perché viene sostituita da quella dell’editor, ma perché il prodotto di queste battaglie è un ibrido che per forza di cose non accontenta nessuno.
Quando invece editor e autore sono in armonia… eh, è tutt’altra cosa!
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Essere in armonia, però…
… non equivale all’autore che si prostra davanti all’editor quasi avesse di fronte una divinità.
Cerco di far passare questo messaggio ai miei autori: non sono infallibile, posso sbagliare anche io.
Inoltre l’editor non deve sfruttare questa supposta reverenza agendo di testa sua e stravolgendo il testo non perché “così va meglio” ma perché “così mi piace”.
Il migliore intervento di un editor è quando il libro corretto acquista una migliore scorrevolezza ma lo stile rimane quello dell’autore.
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La formula migliore
Sto rileggendo un romanzo che ho finito di editare per un controllo su eventuali refusi o inesattezze che ho lasciato per strada (eh sì, bisogna sempre rileggere, soprattutto quando la correzione è terminata!) e mi sono accorta di un fatto interessante.
Sicuramente è già successo altre volte, ma chissà perché mi è balzato agli occhi proprio oggi. Forse perché pensavo a questo articolo.
Di norma io lavoro a blocchi di testo, che mando settimanalmente all’autore così che possa starmi dietro, quindi nella rilettura finale spesso non ricordo dove sono intervenuta nei primi capitoli, a meno che non fosse un intervento davvero incisivo.
Ebbene: in questo romanzo mi sto accorgendo di non trovare traccia dei miei interventi. Dirai: ovvio, l’autore magari li ha tolti, eccetera… No, perché mi ha detto di averne accettati in gran parte.
Questo è successo perché i miei interventi si sono armonizzati alla sua scrittura, creando un tutt’uno musicale in cui lo stile dell’autore è rimasto intatto.
Quando ci ho riflettuto, ammetto di essermi sentita orgogliosa. Ogni tanto un po’ di merito me lo prendo anche io 


