Politeama
Dopo il 1860, la classe politica palermitana, nonostante i problemi che culminarono nella Rivolta del Sette e Mezzo, cercò di modernizzare l’urbanistica cittadina: tra le tante iniziative che furono prese, vi fu quella di razionalizzare, per motivi di prestigio, l’offerta degli spettacoli teatrali, allora parcellizzata in numerosi palcoscenici medio-piccoli.
Scelta che portò alla nascita del Teatro Massimo e a quella, altrettanto complicata, del Politeama Garibaldi. Se il primo era rivolto a un pubblico colto e ricco, il secondo sarebbe dedicato al godimento ed allo svago di un pubblico più popolare immaginando per lo stesso produzioni quali operette, lavori comici e drammatici, veglioni, feste, spettacoli circensi ed equestri e avrebbe svolto il ruolo di aggregazione sociale in quella che all’epoca sembrava essere l’estrema periferia della città.
L’idea del Politeama Garibaldi saltò fuori nel 1863, quando l’allora sindaco, Mariano Stabile, fece una sorta di concorso conoscitivo, oggi lo chiameremmo RFI, per avere un progetto di massima di uno spazio simile all’Arena Civica di Milano: concorso che fu vinto dal giovane architetto Giuseppe Damiani Almeyda, che all’epoca lavorava all’Ufficio di Ponti e Strade di Palermo.
L’idea piacque anche al successivo sindaco, Antonio Starabba, marchese di Rudinì, che nel 1865 deliberò la costruzione del nuovo spazio teatrale. Dato che i costi stimati nella RFI erano ben superiore a quanto poteva permettersi il Comune, ci si rivolse al finanziamento privato, contattando il banchiere Carlo Galland, che in cambio della possibilità di costruire tre mercati e di averne l’usufrutto per 99 anni, si impegnava a coprire i costi non coperti dal budget pubblico.
Lo stesso anno, venne promulgato un concorso interno al comune, assai pro-forma, visto che fu vinto da Almeyda, che nel 1866 presentò il progetto di dettaglio, il che permise l’inizio del lavori nel gennaio 1867, con lo scavo delle fondamenta.
Nel 1868 venne deciso di trasformare l’anfiteatro in una sala teatrale in modo da poter ampliare l’offerta di spettacolo anche con lavori di musica e di prosa. Furono perciò modificati i piani progettuali, aumentando i costi, il che provocò una controversia legale con Galland, tra il 1869 e 1870.
Visti i ritardi del Massimo, si trovò un compromesso tra le parti: i lavori sarebbero continuati, ma per tagliare le spese, si sarebbero eliminati tutti i lavori di abbellimento. Il cantiere inoltre era stato chiuso per qualche tempo per fare delle verifiche sulle condizioni statiche dell’edificio. Essendo stato trovato tutto a perfetta regola d’arte fu riaperto e si proseguì con i lavori.
Nel 1869, la Giunta Comunale deliberò di intitolare il teatro a Gioacchino Rossini in occasione della sua morte ma non se ne fece nulla. Risultato, quando il teatro venne inaugurato, il 7 giugno del 1874, con l’opera “i Capuleti e i Montecchi” di Vincenzo Bellini si presentava ancora incompleto nelle decorazioni interne ed esterne, era privo dei pavimenti, delle porte, del tavolato scenico, dei camerini, delle quinte e soprattutto della copertura. Nonostante questo caos, l’allora sindaco Emanuele Notarbartolo di San Giovanni volle a tutti i costi che fosse inaugurato.
La copertura metallica dell’edificio, progettata dal Damiani e realizzata dalla fonderia Oretea nel 1877 rappresentò un’ardita prova di perizia tecnica e volontà progressista da parte del nostro architetto, poco compresa dai suoi contemporanei. Tuttavia l’innovativa forma della struttura, in ferro e vetro, suscitò ammirazione e apprezzamenti da parte di molti architetti europei del tempo. Il teatro, che fu dedicato a Garibaldi dopo la sua morte avvenuta ne 1882, acquistò l’aspetto attuale nel 1891, in occasione della grande Esposizione Nazionale che si tenne quell’anno a Palermo, di cui il Politeama era uno dei poli d’attrazione più interessanti.
Soltanto allora, come prevedeva il progetto del Damiani, si realizzarono le magnifiche decorazioni pittoriche policrome. Sempre in occasione dell’Esposizione Nazionale si ebbe “l’apertura ufficiale del teatro“ con l’Otello di Giuseppe Verdi, protagonista il celebre tenore Francesco Tamagno, che vide la presenza di re Umberto e la regina Margherita.
Al Politeama Garibaldi si sono esibiti prestigiosi artisti come Leopoldo Mugnone, Arturo Toscanini, che tra il 1892 ed il 1893 diresse ben sette titoli d’opera, Vincenzo Tamagno, Victor Maruel, Nellie Melba, Mattia Battistini, Mary Boyer, Giovanni Zenatello, Teresa Arkel, Gemma Bellincioni, Gilda Dalla Rizza, Francisco Vignas, Bianca Scacciati, Eugenio Giraldoni, Rosetta Pampanini, Gianna Pederzini, Mario Basiola, Beniamino Gigli, Carlo Tagliabue in stagioni liriche che si susseguirono sino al 1950. Nel 1896, proprio al Politeama Garibaldi, la Bohème di Puccini, dopo la cattiva accoglienza di Torino, risorse a Palermo. Di quella memorabile serata, con il pubblico in delirio, che fece bissare i finali degli atti, furono interpreti: Adelina Stehle ed Edoardo Garbin.
Dal 1910 al dicembre del 2006 il Ridotto del teatro ospitò la Galleria d’arte moderna di Palermo che venne successivamente spostata al Palazzo Bonet. Dal dopoguerra – a partire dal 1947 circa – l’edificio ospitò l’attività di cinematografo. Come cinema “Politeama” l’attività proseguì, quasi ininterrottamente, sino al 1974, quando – a causa della chiusura del Teatro Massimo Vittorio Emanuele – verranno abbandonate, definitivamente, le proiezioni cinematografiche, e riprese le attività teatrali.
Nel 2000, in occasione del G8 ospitato in città, vennero realizzati i restauri delle decorazioni pompeiane policrome dei loggiati. Dal 2001 il teatro è sede dell’Orchestra Sinfonica Siciliana, una prestigiosa istituzione culturale musicale nata nel 1951 che è anche una delle maggiori orchestre sinfoniche nazionali.
Importante esempio di architettura neoclassica, presenta un grande ingresso a guisa di monumentale arco trionfale al cui apice svetta la Quadriga bronzea di Mario Rutelli, rappresentante il “Trionfo di Apollo ed Euterpe” fiancheggiata da una coppia di cavalli bronzei e cavalieri modellati da Benedetto Civiletti rappresentanti i “Giochi olimpici”, mentre, ai due lati dell’ingresso principale del teatro, dietro i due grandi candelabri, si scorgono le due lapidi che riportano le storiche epigrafi dettate da Isidoro La Lumia ed, in alto, i due bassorilievi rappresentanti le “Fame” disegnate dal pittore Pensabene. Intorno al prospetto esterno si sviluppa il corpo semicircolare dell’edificio con i due ordini di colonnato dorico e ionico con stesure di colore azzurro e giallo e figure sormontate da un fregio che riproduce i giochi del circo su un fondo di colore rosso.
L’arco trionfale del prospetto è ingentilito da una bellissima composizione in bassorilievo a stucco, opera del Rutelli, che rappresenta una moltitudine di putti musici e cantori. All’interno, una sala a ferro di cavallo con due ordini di palchi ed un doppio ampio loggione/anfiteatro per una capienza allora progettata per cinquemila spettatori, mentre sul boccascena si sviluppa un colonnato esastilo corinzio al cui centro è collocato il busto bronzeo di Giuseppe Garibaldi, delimitato dai due lati dalle allegorie della Tragedia e della Commedia.
Damiani propone una ricca decorazione policroma di stile pompeiano sia all’esterno che all’interno del teatro, affidandola ad illustri pittori locali quali, tra gli altri, Nicolò Giannone, Luigi Di Giovanni, Michele Corteggiani, Giuseppe Enea, Rocco Lentini, Enrico Cavallaro, Carmelo Giarrizzo, Francesco Padovano, Giovanni Nicolini ed a Gustavo Mancinelli, a cui si deve il fregio delle Feste Eleuterie che circonda il finto velario azzurro-cielo. All’esterno, nelle due grandi ali curvilinee laterali, il fregio decorato con le gare podistiche nel piano jonico ed il fregio con le corse dei cavalli nel piano dorico sono opera di Carmelo Giarrizzo. Al piano ionico ritroviamo gli encausti e gli affreschi di Nicolò Giannone, Michele Cortegiani, Luigi Di Giovanni, Rocco Lentini e Enrico Cavallaro. Luigi Di Giovanni affrescò, inoltre, i due lati del palcoscenico, all’altezza delle cavee mentre Onofrio Tomaselli, Rocco Lentini, Vincenzo Riolo, Giuseppe Enea, Salvatore Gregorietti e Salvatore Valenti decorarono i corridoi e i foyers.
Il vestibolo offre un soffitto a lacunari ornati di rilievi e fregi mentre gli ambienti di percorrimento e di sosta, come la grande sala degli Specchi e dei piani superiori (Sala Rossa e Sala Gialla) dove era collocata in passato la Civica Galleria d’Arte Moderna, sono tutti decorati con pitture di Giuseppe Enea, Rocco Lentini e Giuseppe Cavallaro. Damiani, inoltre, è anche il progettista dei due maestosi candelabri esterni ed ha curato la sistemazione del Monumento a Ruggero Settimo (Benedetto De Lisi, 1865) antistante il teatro. Nei giardini ai lati dei due semicerchi della parte frontale del maestoso edificio, che occupa circa 5000 mq, si possono ammirare le sculture di Valerio Villareale (Baccante), Benedetto De Lisi (Silfide) e Antonio Ugo (David).
Alessio Brugnoli's Blog

