Ancarano
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Ancarano è un borgo fortificato in provincia di Teramo, situato sulla collina che si trova tra le valli del fiume Tronto e del fiume Vibrata, dove si può ancora riconoscere il profilo delle antiche mura che lo circondavano, rimpiazzate nel tempo da edifici più recenti.
Inizialmente, il suo sito coincideva con una stazione di posta del cursus publicus, da cui derivò probabilmente il nome. Ai tempi di Carlo Magno, vista la sua posizione strategica, che permetteva il controllo di una strada che dai Monti Sibillini conduceva prima sul fiume Tronto, poi alla via Salaria, il borgo fu fortificato, cun una cinta muraria che probabilmente doveva essere munita di torrioni quadrati.
Di tutto ciò, rimangono intatte le due peculiari porte di ingresso, la “Porta da Monte” a occidente e la “Porta da Mare” a oriente, costruite tra XIV e XV secolo, sono state probabilmente preservate dalla razzia del 1557 ordinata dal viceré Alvarez di Toledo, duca d’Alba, per tenere distanti dal Regno gli eserciti franco-pontifici, che danneggiarono gravemente le mura. Fino al 1818 è rimasto sotto il Vescovato di Ascoli, nello Stato Pontificio. Nel 1852 passò sotto il controllo del re di Napoli e pochi anni dopo all’Italia.
La “Porta da Monte”, edificata coi mattoni, collocata sul fianco ovest della cintura muraria, è contraddistinta da un arcata, incorniciata da una cornice in mattoni risalente al restauro del 1826; nella parte sovrastante, conclusa dal tipico archetto su mensole sporgenti verso l’esterno, destinato a respingere dall’alto gli assalitori, si possono tuttora vedere le aperture dove venivano ancorate le catene utilizzate per alzare il ponte levatoi
La “Porta da Mare”, posta sul lato est delle mura, ha conservato il varco ad arcata con puntale e sostegni verticali di pietra nella muratura di mattoni, e termina con la stessa struttura architettonica della “Porta da Monte”. Sulla parte che si affaccia all’interno del borgo, restaurato di recente, il varco è sormontato da una volta a semicerchio, inquadrato da pietra lavorata.
Da notare è l’epigrafe situata sopra la cornice dell’arcata della “Porta da Monte”, scolpita su una lastra di pietra calcarea, in onore del vescovo ascolano Giulio II Gabrielli di Roma; durante il suo primo anno di episcopato, il 1642, la porta venne restaurata e vennero rimesse in funzione sia le serrature che le chiavi. Sempre a Giulio II è riferito l’emblema che sovrasta l’incisione, il quale è affiancato da un secondo stemma, che appartiene ai conti Roverella di Ferrara, che furono vescovi di Ascoli e signori di Ancarano; di questa insigne dinastia faceva parte il vescovo Lattanzio (1552-1566), che collaborò alla riedificazione della piccola città dopo l’assedio del 1557. La stessa insegna gentilizia è collocata sopra alla cornice dell’arco della “Porta da Mare”.
Esiste poi una terza porta, molto più recente e dalla storia assai bislacca, chiamata ovviamente Porta Nuova,realizzata nel 1904 in un varco fatto apposta all’interno di un’abitazione privata per dar modo alla conduttura dell’acqua potabile di servire le abitazioni all’interno delle mura antiche. Nel 1905 il passaggio divenne d’uso pubblico così che gli abitanti iniziarono ad usarlo come scorciatoia, anche se era difficile da praticare non essendo stato adibito e sistemato per questo scopo; per questo, nel 1922, fu realizzata un’apposita scalinata…
Tra le cose da visitare, vi è nella chiesa parrocchiale, costruita negli anni Cinquanta, che conserva all’interno una statua in legno, posta tra due angeli in maiolica, dedicata alla Madonna della Pace, opera attribuita a Silvestro da L’Aquila, uno dei principali scultori rinascimentali dell’Abruzzo. L’altare maggiore custodisce un’urna dorata del 1759, nella quale sono le reliquie di San Simplicio, patrono del paese. Nella sagrestia ci sono altre testimonianze storiche come un fregio di epoca romana, statue in legno del 1700, stemmi dei vescovi.
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Appena fuori l’antica cinta muraria c’è la Chiesa della Madonna della Misericordia, completamente in laterizio. L’edificio, che venne costruito nel 1628 durante il vescovato di Sigismondo Donati da Correggio su progetto dell’architetto pesarese Giovanni Branca (1571-1645), ha pianta ottagonale sormontata da una cupola a spicchi che è poggiata su un alto tamburo e che termina con una lanterna. L’ingresso in chiesa avviene da un alto portale in travertino specchiato ad architrave piano coronato da un timpano. Al di sopra di questo una lapide che ricorda l’inaugurazione della chiesa e, ancora più su, uno stemma con scudo ovale con leone rampante e stella ad otto raggi appartenente al Vescovo che fece sì che la chiesa venisse eretta. Un portale identico, ma tompagnato, si ripete sul lato adiacente di sinistra. Dalla parte superiore della parete opposta a quella del portale si erge un piccolo campanile a vela per una campana.
Caratteristico è anche Palazzo Bagaglini, di stile liberty, recentemente venduto dall’amministrazione comunale.
Alessio Brugnoli's Blog

