Miniassegni e Minibot

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Uno degli argomenti favoriti, per chi è a favore dei minibot, è il citare l’esperienza dei miniassegni: per chi non se li ricordasse, questi un particolare tipo di denaro che circolò in Italia alla fine degli anni settanta in sostituzione delle monete metalliche che in quel periodo scarseggiavano, a causa dell’inflazione.


In pratica erano erano assegni di piccolo taglio, dalle 50 alle 350 lire, intestati ad enti e società già muniti della loro girata; in pratica, essendo così dei titoli al portatore, venivano scambiati di mano in mano come se fossero stati vera e propria moneta corrente.


Ora, dicono i sostenitori dei minibot, questi non sono che una versione aggiornata di tali miniassegni, garantiti dalla solvibilità statale del debito commerciale: per cui, dato il precedente, non dovrebbero produrre nessun sfracello, anzi dovrebbero aumentare la liquidità circolante nell’economia reale, creando una capacità di spesa aggiuntiva nei consumatori.


In più, sostengono, se venisse previsto un termine per poter utilizzare i mini-bot al fine di pagare le imposte, magari differito di due anni rispetto all’anno di emissione, avrebbero il vantaggio dei tanto auspicati Certificati di Credito Fiscale: non verrebbero computati nel debito.


In questo ragionamento, però, non si tiene conto di tre aspetti: pur non avendo avuto corso forzoso, ossia nessuno era obbligato ad accettarli come forma di pagamento, i miniassegni rispondevano a un esigenza concreta. Questo non vale per i minibot; ossia in termini concreti, nulla può impedire a Li er barista di sputarmi in faccia, se provassi a pagare con questi le mia colazione.


Il secondo è nel diverso valore dell’ammontare del circolante: quello dei miniassegni era pari a un centinaio di milioni di euro, mentre quello stimabile dei minibot è di circa 35 miliardi di euro: il che potrebbe fare scattare la famigerata legge di Gresham, ossia


La moneta cattiva scaccia quella buona


ossia in un sistema con due tipologie di monete, quella a maggiore valore e prestigio, l’euro, sarà tesaurizzata, causandone penuria e il suo surrogato, tenderà a essere usata per le transazioni commerciali.


Il terzo effetto è che questa trasformazione di debito commerciale in debito pubblico, escludendo i mercati finanziari, potrebbe avere un effetto dirompente sulla fiducia che hanno nella solvibilità dell’Italia, chiedendo più alti tassi di interesse sulle nuove emissioni, o astenendosi dai rinnovi provocando un default, con il relativo caos..

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Published on June 10, 2019 12:42
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Alessio Brugnoli
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