La Stoà di Via Giolitti

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Il punto di forza del progetto di street art all’Esquilino, rispetto ad altri interventi artistici, magari più velleitari, ma di certo più transitori, è nella sua capacità di ridefinire lo spazio urbano e darne un nuovo significato.


Proprio questa capacità, sotto molti aspetti dirompente e rivoluzionaria, ha reso il tutto oggetto di studi e riflessioni, a cui sono stati dedicati numerosi libri e articoli su giornali e riviste specializzati.


L’esempio concreto è nell’evoluzione che sta avendo il portico di via Giolitti 225: quattro anni fa era un non luogo, uno degli spazi che hanno la prerogativa di non essere identitari, relazionali e storici, utili solo a permettere un transito veloce, in cui le individualità si incrociano senza entrare in relazione.


I nonluoghi sono incentrati solamente sul presente e sono altamente rappresentativi della nostra epoca, che è caratterizzata dalla precarietà assoluta (non solo nel campo lavorativo), dalla provvisorietà, dal transito e dal passaggio e da un individualismo solitario. Le persone transitano nei nonluoghi ma nessuno vi abita.


L’intervento della street art, come ben raccontato da Mauro Sgarbi, invece sta dando al portico una sua identità, totalmente inaspettata: una versione postmoderna e pop dell’antica Stoà Pecile


Questo era un portico, fatto erigere da Peisianatte, cognato di Cimone, grande rivale di Pericle e figlio di Milziade, eroe della battaglia di Maratona, tra il 475 e il 450 a.C., nella zona settentrionale dell’agorà di Atene. Il portico, costruito in poros, aveva colonne di ordine dorico all’esterno e di ordine ionico all’interno, con i capitelli ionici in marmo; si estendeva in profondità per 12 metri e 60 centimetri su una crepidine dotata di tre gradini che diventavano quattro verso ovest, per coprire il dislivello del terreno.


La peculiarità di questo portico, rispetto agli altri presenti nell’Agora, era la sua decorazione pittorica. Pausania ci racconta dell’esistenza delle seguenti pitture:



La Battaglia di Enoe, di autore ignoto, che rappresentava lo storico scontro in cui le forze argive ed ateniesi sconfissero quelle spartane. La peculiarità, sempre secondo Pausania, è che la battaglia non fosse rappresentata al suo culmine, nello scontro delle falange, bensì la preparazione
una Amazzonomachia di Micone, in cui Teseo sconfiggeva le Amazzoni di Antiope, che tentavano di mettere a ferro e fuoco Atene
Una presa di Troia, che Plutarco attribuisce a Polignoto, incentrata sul tentativo di Aiace di violentare Cassandra.
La battaglia di Maratona attribuita dalle fonti a Polignoto, a Micone o a Paneno, divisa in tre episodi: gli Ateniesi ed i Plateesi pronti ad affrontare i Persiani, i Persiani in rotta e la fuga dei nemici verso le navi.

E’ assai probabile, che questi dipinti non fossero murales, ma, almeno secondo la testimonianza del filosofo tardo antico Sinesio di Cirene, dipinti realizzati su pannelli di terracotta o di legno. Ora, la Stoà Pecile era qualcosa di più di un luogo dedicato al passeggio: era la sede di profonde discussioni filosofiche sull’Uomo e sul suo ruolo nel Cosmo, che diede il nome alla scuola filosofica stoica.


Così, il portico, secondo le intenzioni nostre e di Mauro, diventerà una sorta di anticamera, megafono e apertura al mondo della Scuola di Italiano della Casa dei Diritti Sociali, non solo luogo di formazione, ma spazio di dialogo e costruzione di identità condivise.

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Published on May 09, 2019 11:44
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Alessio Brugnoli
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