Parco degli Acquedotti (Parte 4)

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Nel complesso del Parco degli Acquedotti, vi sono i resti di almeno due ville romane. La prima, la più grande nel suburbio romano dopo quella dei Quintili, è la villa dei Sette Bassi, un sito archeologico che si trova in via Tuscolana 1700, nella zona di Capannelle. Tradizionalmente attribuita a Settimio Basso, prefetto sotto l’imperatore Settimio Severo, in realtà più antica di un paio di generazioni, ai tempi dell’imperatore Antonino il Pio.


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La zona residenziale è composta da tre parti contigue, risalenti a tre fasi diverse ma in rapida successione cronologica: le parti hanno pianta rettangolare e sono disposte allineate da est ad ovest. Il primo nucleo, interamente in mattoni, fu costruito agli inizi del regno di Antonino Pio (138-161 d.C.) ed è costituito da una serie di ambienti che affacciavano su un vasto peristilio-giardino, ora del tutto scomparso. Sono ancora conservati una grande sala di soggiorno, un ambiente con nicchia rettangolare ed una sala con impianto di riscaldamento. Le dimensioni della struttura sono le seguenti: 50 metri per lato, un peristilio quadrato a nordovest di circa 45 metri per lato.


Il secondo edificio nasce a sudovest del peristilio precedente, dove venne inglobato nel 140-150; ha una lunghezza di 45 m per 25 m di larghezza, ed era costituito da sale di rappresentanza e stanze da letto lussuose, oltre che da una balconata con finestre e un belvedere semicircolare con colonne. Il terzo nucleo, costruito alla fine del regno di Antonino Pio con funzioni di rappresentanza, comprende vaste aule a più piani, un impianto termale e sale di soggiorno.


Quest’ultimo complesso costituiva il lato di fondo di un grande ippodromo, lungo 320 metri e limitato da un lungo terrazzamento artificiale, su cui si trova un criptoportico. L’area rettangolare dell’ippodromo era ad un livello più basso degli edifici che la fiancheggiavano e forse qui vi era anche un giardino ed un bacino idrico, mentre probabilmente sulla fascia anulare periferica si sviluppava la pista dove i proprietari si esercitavano nell’equitazione, negli esercizi ginnici e dove si facevano eseguire le gare ginniche.


La villa probabilmente fu abitata fino al V secolo, per poi essere adibita al pascolo degli animali e delle greggi della campagna romana.A nordovest della villa si trovava una serie di abitazioni con magazzini, templi e cisterne: era il luogo dove abitava la popolazione rurale e aveva luogo gran parte delle attività domestiche e agricole. L’area non è stata oggetto di indagine archeologica, ma restano ben visibili i resti di un tempietto rettangolare in laterizio risalente al II secolo d.C.; aveva volte a botte e doppio spiovente e, al suo interno, un’abside rettangolare per la statua divina.



L’altra grande villa, oggetto di numerose campagne di scavo da parte dell’’American Institute for Roman Culture, è quella delle Vignacce, i cui resti si possono osservare nei pressi di via Lemonia. Le indagini archeologiche hanno evidenziato ben cinque periodi di vita della villa, dal I al VI sec. d.C.; realizzata in opera mista di reticolato laterizio e in opera listata.


Tra i resti più in vista è possibile osservare le strutture di una zona termale: una vasta aula a pianta circolare coperta a cupola, circondata da altri piccoli ambienti absidati, in cui si conserva uno dei più antichi esempi di utilizzo di anfore per l’alleggerimento della struttura. La villa appartenne a Quinto Servilio Pudente noto costruttore del tempo di laterizi e legato alla famiglia imperiale.


Nel 2009 vi è stata rinvenuta la statua di Marsia Appeso, ora esposta alla Centrale Montemartini, che rappresenta un contributo alla conoscenza della produzione artistica di un gruppo di scultori originari di Afrodisia di Caria, in Asia Minore, che in età Adrianea crearono statue di grande pregio. L’opera realizzata in un unico blocco di marmo dalle venature rosso-violacee, originario dell’Asia Minore. Al momento del rinvenimento mancavano la mano sinistra e i piedi, probabilmente realizzati, come la mano destra superstite, in marmo bianco. Per la parte interna degli occhi sono utilizzati una pietra calcarea bianca per il bulbo,e pasta vitrea per l’iride; il contorno dell’occhio e le ciglia sono in bronzo.


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Published on March 15, 2019 12:14
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Alessio Brugnoli
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