Enrico Berlinguer

Silvano pianse. Negli ultimi anni all’ira alternava spesso la commozione. Era divenuto simile a suo padre Giuseppe, che per un nonnulla si commoveva e piangeva.
Pianse a vedere come l’ex autista di Berlinguer, Alberto Menichelli, si bloccava nel racconto. Aveva la voce emozionata, un groppo alla gola, e non riusciva ad andare avanti con il racconto degli ultimi momenti della vita di Berlinguer.
Berlinguer era sempre stato un avversario politico, non lo aveva mai considerato come persona. Lo aveva incrociato un paio di volte, ma non aveva mai avuto l’opportunità di parlarci. L’ultima volta lo aveva visto da lontano al XLIII congresso socialista a Verona, sonoramente fischiato al suo ingresso come ospite. Anche Silvano allora lo aveva fischiato. Ma ora in quel filmato che la RAI ritrasmetteva aveva visto anche l’uomo e non solo il politico. E si era commosso. Aveva visto un Berlinguer che non conosceva. Molta parte della vita privata del segretario del PCI, gli ricordava la sua. Un po’ si era identificato nel racconto dell’uomo Berlinguer che Giovanni Minoli, il giornalista RAI, aveva narrato nel servizio di La Storia Siamo Noi.
- Anche io ho lasciato troppo sola la mia famiglia. Soprattutto con Loris non ho mai avuto un dialogo. Poco anche con Fabrizio, ma almeno con lui un po’ ce l’ho avuto… - si trovò a mormorare da solo.
- Che fai, parli da solo? – gli chiese Sabatina che sedeva sulla poltrona davanti al televisore come sempre, e che puntualmente si risvegliava dal suo torpore come avesse delle antenne adatte a captare ogni minimo cambiamento di sintonia che avvenisse in quella stanza.
Silvano non rispose.
Pensava a Loris, ai tanti scontri avuti con lui, e molti per colpa sua, a causa di quell’innato autoritarismo stalinista che lo dominava in quegli anni di vita politica, che aveva magari costituito la sua fortuna in politica ma il suo disastro in famiglia.
Con Loris avevano lavorato insieme. O almeno ci avevano provato. Ma Loris aveva un‘altra visione del mondo, diversa completamente dalla sua, per cui aveva preferito cercare altre strade.
Loris gli incuteva soggezione se doveva essere sincero. Con lui non si era mai sentito libero di fare e dire quello che pensava, forse perché era stato l‘unico capace di contrastarlo in famiglia.
Ma ora anche Loris gli si era avvicinato. Si dimostrava diverso, affettuoso. Era sempre disponibile ad aiutarlo. Era cambiato. Non era più il figlio ostile di una volta.
La questione morale…Berlinguer si era messo a parlare di questione morale quando si era reso conto conto che ormai aveva perso tutte le battaglie. Soprattutto quella sul compromesso storico a causa della morte di Moro. Aveva imboccato una strada senza via d‘uscita. Ma in una cosa era stato bravo, e Silvano glielo riconosceva: aveva fatto credere che solo i comunisti, solo loro, fossero puliti, quasi che loro non avevssero mai preso i soldi da Mosca. La diversità comunista, come veniva chiamato questo loro proporsi come immuni da ogni corruzione e amoralità, li aveva condotti all‘isolamento. Soprattutto aveva allontanato ogni possibilità di dialogo con il PSI di Craxi.
Craxi era il nuovo allora, Craxi aveva una visione nuova della politica. Berlinguer era il passato. Era al tramonto. E difatti di lì a poco morì. E forse quella morte prematura ne salvò il mito che stava andando incontro alla distruzione di se stesso.
Eppure in quel filmato di Minoli c‘erano tanti momenti toccanti. Come quando Menichelli raccontava che una mattina Berlinguer voleva fare un passeggiata e allora erano andati al piazzale del Ministero degli esteri. Menichelli aveva tirato fuori un pallone che teneva sempre in macchina, perché Berlinguer era un fissato del calcio. Il segretario del PCI si era tolto la giacca, la cravatta, arrotolato i pantaloni e aveva preso a giocare con dei ragazzini amici di suo figlio che erano lì. In quel mentre era passato Moro in macchina. Moro aveva fatto fermare la macchina e si era messo a vedere la scena con il sorriso sulle labbra con un' aria da "non c' è più religione" in faccia"… Era un‘ immagine di come Silvano avrebbe voluto essere ma mai lo era stato. Aveva preso la politica troppo sul serio, quello era stato il suo errore.
Published on January 29, 2019 21:39
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