Più parrozzo per tutti

[image error]


Tornando a Pescara, anche se non è proprio stagione, perché è un dolce natalizio, non ho potuto non assaggiare il buon vecchio parrozzo. Per chi non lo conoscesse, questo dolce trae origine dall’antica cultura contadina e pastorale: è infatti ispirato al Pan Rozzo, pagnotta che nelle campagne abruzzesi veniva impastato con la farina di mais, che costava assai meno rispetto al grano, per essere poi cotto alla meno peggio nel forno a legna, che aveva il vantaggio di conservarsi per parecchi giorni


Nel 1919 il pescarese Luigi D’Amico, cresciuto nella bottega del nonno omonimo tra prodotti alimentari, pesci salati e granaglie, che aveva aperto un caffé all’angolo tra Piazza Garibaldi e l’attuale Corso Manthonè, per lanciare la sua attività ebbe l’idea di lanciare un nuovo dolce, ispirato a tale pagnotta.


Per cui riprodusse il giallo del granoturco con quello delle uova, alle quali aggiunse la farina di mandorle; invece, lo scuro colore dato dalla bruciatura della crosta del pane cotto nel forno a legna fu sostituito con la copertura di cioccolato. Da buon commerciante, per lanciare il nuovo prodotto, scelse come promoter il più noto pescarese dell’epoca, il buon vecchio Vate.


Gabriele D’Annunzio ricevette il primo “prototipo”, a Gardone, il 27 settembre accompagnato da una lettera assai ruffiana, in cui era scritto


“Illustre Maestro questo Parrozzo – il Pan rozzo d’Abruzzo – vi viene da me offerto con un piccolo nome legato alla vostra e alla mia giovinezza”.


Il Vate, che senza dubbio alcuno amava le cose buone della vita e che non si tirava mai indietro, quando si trattava di promuovere le cose della sua terra, rispose dedicando un madrigale in dialetto al nuovo dolce


“È tante ‘bbone stu parrozze nov e che pare na pazzie de San Ciattè, c’avesse messe a su gran forne tè la terre lavorata da lu bbove, la terre grasse e lustre che se coce e che dovente a poche a poche chiù doce de qualunque cosa doce . Benedette D’Amiche e San Ciattè …”


Ottenuta quindi la benedizione dannunziana, D’Amico partì lancia in resta per promuovere il prodotto. Armando Cermignani,  da giovane gran ceramista e pubblicitario, realizzò i disegni e i colori della sua scatola, in cui, Sulla scatola, compaiono i versi pubblicitari scritti dal Vate:


“Dice Dante che là da Tagliacozzo,/ ove senz’arme visse il vecchio Alardo,/ Curradino avrie vinto quel leccardo/ se abbuto avesse usbergo di Parrozzo”.


In più per dare un tono al nuovo caffè furono commissionati a Tommaso Cascella i quadri che adornano ancora oggi le sale del caffè. Il ritrovo del Parrozzo è ora al civico 41 di via Pepe, l’antica sede della bottega alimentare della famiglia D’Amico fu distrutta nella seconda guerra mondiale. Negli anni Sessanta l’azienda passò nelle mani della figlia Teresa e di suo marito Giuseppe Francini. Negli anni Settanta fu realizzata una moderna linea di confezionamento che portava la conservazione del Parrozzo da uno a sette mesi.


Negli ultimi anni, l’azienda ha avuto qualche traversia; però a dire il vero, e i legittimi inventori non l’abbiano a male,  io il parrozzo, più per pigrizia che per altro,  me lo gusto nelle pasticcerie di via Firenze…

 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on October 13, 2018 12:23
No comments have been added yet.


Alessio Brugnoli's Blog

Alessio Brugnoli
Alessio Brugnoli isn't a Goodreads Author (yet), but they do have a blog, so here are some recent posts imported from their feed.
Follow Alessio Brugnoli's blog with rss.