Il fascino dell’umanità distrutta [Blog]
Credo che il primo film di fantascienza che io abbia mai visto sia Indipendence Day (ok, era E.T., ma non divaghiamo), capolavoro assoluto che, oltre che degli effetti pirotecnici e di quel gusto patriottico tutto americano dei film di azione, ha goduto dell’interpretazione stratosferica di Will Smith e Jeff Goldblum.
Gli alieni attaccano la terra e gli umani si coalizzano per combattere gli invasori, accantonando le differenze che per anni hanno insanguinato il pianeta e facendo fronte comune. Bello, no? Mi viene in mente un commento letto su Facebook dove un simpatico signore semianalfabeta parlava di come fosse incredibile che i nordici italici schifassero ancora i terroni, perché adesso ci sono i negri da mandare via. Sipario.
Indipendence Day aveva come obiettivo – oltre fare soldi – sfruttare la tematica dell’attacco alieno per mettere in risalto la tematica del volemose bene, la necessità di cooperazione tra popoli e la fine dei conflitti interni. Nella mente degli sceneggiatori, evidentemente questo paga in termini di risultati: alieni esplosi e umani esultanti.
Un altro esempio è Terminator, in cui la resistenza guidata da John Connor deve fronteggiare un mondo dominato dalle macchine, e riesce a vincere (o forse boh, visto che continuano a uscire film su film) facendo affidamento sulla propria resilienza.
C’è in letteratura tutto un filone distopico sul come l’umanità possa fronteggiare questa o quella catastrofe (che può essere anche l’uomo stesso, trasformato in despota) e l’occasione è propizia per un’epica dell’umano valore e del nostro bisogno di avere un eroe, che ci salvi e ci ravveda.
In realtà tutte queste opere servono solo a non farci capire – o meglio, a farci dimenticare – quanto l’umanità faccia sostanzialmente schifo. Sfogliamo il romanzo oppure ce ne stiamo comodamente seduti in poltrona a guardare un film: automaticamente ci immedesimiamo nel padre coraggio di La Strada (di Cormac McCarthy, un capolavoro) o in Rick di The Walking Dead, personaggi capaci di azioni indicibili ma sempre votati al bene superiore. L’autore ci guida a prendere le parti del buono attraverso il punto di vista. Ma è la stessa cosa che accade quando facciamo il tifo per il ladro o l’imbroglione, se viene impiegata la stessa tecnica narrativa.
[image error]
Ma siamo sicuri che, in caso di catastrofe, non faremmo invece parte dei saccheggiatori/assassini/violentatori de La Strada o dei Saviors di Negan? Il nostro punto di vista di spettatori/lettori è filtrato e falsato. Studi scientifici confermano che in caso di inverno nucleare, gli unici sopravvissuti sarebbero gli scarafaggi.
Ho preso spunto per questo post che vuol dire tutto e niente da una domanda fattami da Walter Fabia in questa intervista su Dimensione Parallela: perché parli di oscurità? Se ci fosse qualcosa di un po’ meno disastroso della completa distruzione atomica, i sopravvissuti sarebbero l’equivalente umano delle blatte? Cannibali e pronti a tutto?
Al di là della risposta che ho dato nell’immediato, la questione mi ha fatto riflettere. Cosa succederebbe se invece una nuova razza rubasse il dominio a quella umana? Ne è scaturito un racconto, L’alchimia del sangue (download gratuito da Kobo.com), e i risultati della riflessione non sono incoraggianti. Cioè, dipende dai punti di vista.
Di sicuro c’è che l’uomo, piuttosto che riconoscere la superiorità dell’usurpatore, preferirebbe… no, non ve lo dico. Leggete.
L’alchimia del sangue
di Flavio Torba
Racconto gratuito – 8000 parole circa


