Cognitive Bias, Eco Chambers e Propaganda

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Quando ero molto più giovane e idealista, lessi un articolo del buon Nicholas Negroponte, che celebrava il ruolo liberatorio del Web, all’epoca non esistevano ancora i social media: secondo il grande futurologo americano, la possibilità di accedere a infinite quantità di informazioni e di confrontarci con tante esperienze diverse dalle nostre, ci avrebbe reso sia più liberi dalle menzogne del Potere, sia più consapevoli e tolleranti nei confronti del nuovo e del diverso.


In teoria, Negroponte avrebbe avuto anche ragione: nella pratica si è dimenticato, nella sua utopia, del fatto di avere a che fare con esseri umani, dotati di un’attenzione alle informazioni fortemente selettiva.


La maggior parte di queste, per noi, è puro rumore di fondo, a cui non concediamo attenzione. Per un bias cognitivo, legato alla nostra corteccia neurale e forse non condiviso con i nostri cugini scimpanzé e bonobo, che detto sono assai meno settari di noi sapiens, dato che, nonostante il fatto che siano differenti come specie, hanno in comune il 96% del linguaggio dei segni, noi tendiamo a selezionare le informazioni in funzione di quanto queste confermino la visione del mondo del gruppo di cui facciamo parte.


Meccanismo che sicuramente costituisce un vantaggio evolutivo, dato che rafforza lo spirito di corpo e facilita al creazione di organismi sociali complessi, ci permette, a differenza dei nostri cugini scimpanzé, di organizzare qualcosa di più complesso di un clan di una ventina di individui e di creare una cultura condivisa e trasmissibile tra generazioni.


Ovviamente, lo svantaggio di tale meccanismo è la facilità con cui la nostra specie è vittima della manipolazione informativa e della propaganda.


Tale facilità, nella storia, è stata sfruttata senza ritegno da leader politici e da profeti religiosi, nella sua accezione positiva, e da truffatori e demagoghi in quella negativa e che negli ultimi anni si è riproposta all’attenzione pubblico grazie ai social media e ai loro effetti sulla politica.


Studi, in cui sono all’avanguardia le università di Padova e Ca’ Foscari a Venezia, mostrano come questo confirmation bias, così si definisce in termini tecnici il meccanismo cognitivo che ho descritto, abbia un ruolo centrale nelle dinamiche sociali on line, in particolare su Facebook e Twitter.


In particolare, gli utenti on line tendono a tribalizzarsi, a formare dei gruppi centrati su narrazioni condivise.


Meccanismo che è centrato sulle Eco Chambers, le casse di risonanza, che Walter Quattrociocchi, uno dei principali studiosi del tema, definisce


Uno spazio definito sul web nel quale le idee scambiate, essenzialmente, si confermano le une con le altre. Per esempio, può essere uno spazio di persone che hanno la stessa mentalità e che si scambiano idee politiche simili, oppure una pagina su una teoria cospirazionista. Una volta entrati in questi spazi, gli utenti scambiano informazioni molto simili, in pratica facendosi eco l’un l’altro


In queste eco chambers, non importa la verità, ma la narrazione: i loro componenti tendono ad acquisire informazioni coerenti con la visione del mondo che supportano, anche se palesemente false e tendono a censurare quelle in contrasto con la propria percezione del reale.


Questa polarizzazione è accentuata da altri due meccanismi: dalla tendenza delle reti sociali complesse ad articolarsi in small worlds, una serie di isole tra loro comunicanti solo tramite un numero limitato di nodi e dagli algoritmi specifici dei social media, che per tenere alto l’interesse dell’utente e aumentarne la fidelizzazione, non fa che restituire pagine che favoriscono argomenti e persone simili a quelle a cui ha espresso gradimento in passato (ossia gli ha messo like).


Quegli algoritmi che servono a “filtrare” l’informazione – in un contesto di eccesso quantitativo di informazione – di fatto formano delle bolle di confort rispetto alle convinzioni dell’utente, rafforzando la sua autostima e rendendo difficile il rimetterle in discussione.


Le analisi compiute da Quattrociocchi hanno evidenziato una serie di dati interessanti su questa polarizzazione:



Più un utente è attivo sui social media, più risulta essere soggetto a tale fenomeno, perché avendo i relativi algoritmi una base di dati più ampia e coerente su cui agire, hanno maggiore facilità a costruire la sua bolla di conforto;
Mediamente, un utente fa riferimento a quattro o cinque echo chambers, in coerenza con i modelli delle reti a small worlds;
Più un argomento è polarizzante, ossia capace di provocare una maggiore segmentazione dell’utenza sui social media, più è facilmente aggredibile dalle fake news;
Il factchecking razionale non è sempre utile per ridurre la disinformazione e spesso non fa che aumentarne la portata: le persone che stanno nelle echo chamber non ammettono il dibattito documentato ma soltanto la contrapposizione di opinioni, ma si occupano attivamente di ciò che mette in discussione le loro idee. Sicché un tentativo di chiarimento documentato su un pezzo disinformatorio può diventare paradossalmente motivo per rilanciare ancora la disinformazione.

Paradossalmente, queste considerazioni sono state alla base della campagna elettorale di Trump, dei fautori della Brexit e, in Italia, dei Cinque Stelle e della Lega Nord.


Sfruttando i Big Data, hanno mappato la polarizzazione dei potenziali elettori, l’hanno guidata sulle loro posizioni elettorali, costruendo un’attiva rete di eco chambers a loro favorevoli, alimentandola poi con quantità industriali di fake news.


Cosa che in Italia, che, vuoi o non vuoi, ogni tanto funge, più nel male che nel bene, da laboratorio politico per il futuro, uno strano effetto collaterale, degna di un romanzo cyberpunk: gli effetti di tale polarizzazione sono stati tali da limitare al massimo i margini di manovra politica di chi li ha utilizzata, in primis i Cinque Stelle, che hanno preferito farsi terra bruciata, piuttosto che mettere in crisi il meccanismo che garantiva loro consenso elettorale.


E per contrastare questa deriva dell’informazione sui social media, connessa alle caratteristiche più profonde della natura umana, l’unico strumento utile è forse proprio quello suggerito dallo stesso Quattrociocchi


Con nuove narrazioni. L’essere umano non è razionale, come ci ostiniamo a credere, bensì ha una visione del mondo che è emotiva e percettiva. La comunicazione deve essere mirata al fabbisogno informativo dell’utente. Lo scherno e la presunzione di autorità aumentano solo la polarizzazione. Bisogna entrare nell’echo chamber, capire quali siano i bisogni informativi degli individui e il motivo della loro resistenza

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Published on May 05, 2018 12:35
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Alessio Brugnoli
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