Dialettiche

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Tanti amici mi stanno chiedendo un parere sulla vicenda Tuba Bazar: premesso che non sono la persona più indicata a esprimermi, perché non conosco a fondo la vicenda. Inoltre, non mi vergogno a dirlo, nonostante sia un retakers della prima ora, ho sempre più dubbi sul retroterra ideologico che anima alcuni volontari.


No accetto ad esempio, il concetto che il degrado non sia solo un fatto estetico, ma strutturale, che si combatte non solo pulendo per terra una volta ogni tanto, solo per mettersi la coscienza a posto, ma costringendo quel servizio pubblico a lavorare meglio e impegnandosi affinché cambi il modello di sviluppo cittadino, basato su logiche ottocentesche e che, per interesse o ignoranza, ha paura di confrontarsi con le sfide delle nuove tecnologie.


Perché sospetto che l’ideologia del decoro sia una sorta di oppio dei popoli, capace di deviare l’attenzione dai problemi strutturali della città, per concentrali si minuzie del tipo, cito un caso su cui mi è caduto l’occhio questi giorni:


“Quanto sono cattive le femministe che hanno osato attaccare nei portici di Piazza Vittorio, che noi condomini stiamo facendo crollare, un manifesto contro la discriminazione omosessuale”.


E soprattutto, perché non riesco a digerire il continuo, ossessivo slogan, che sa tanto di attacco di classe: il degrado è colpa dei poveri. Slogan che equipara un senzatetto, una persona con problemi, testimonianza del fallimento del nostro modello di welfare, in un cumulo di rifiuti.


Per cui non sono obiettivo. Tra l’altro non conosco neppure le condizioni reali della serranda oggetto del contendere, magari faceva assai schifo. Però, essendo una proprietà privata e avendo chiesto le proprietarie del locale, per le loro visione del mondo, su cui si può essere o non essere d’accordo, chiesto per lettera di non metterci mano, beh, la loro volontà doveva essere rispettata: l’essersene fregati è per lo meno una mancanza di educazione e di rispetto.


E detto fra noi, in una situazione analoga, il sottoscritto sarebbe stato assai meno contenuto ed educato, come reazione delle signore del Tuba Bazar. Poi, se fosse vero, ma a me sinceramente non mi pare, però giudico dalle foto, non dall’esperienza concreta, che sulla serranda del Tuba fosse stata presente un’installazione artistica, sia le proprietarie, sia l’autore dell’opera hanno tutto il diritto, per la stessa legge citata nell’annosa battaglia per il murale del Mercato Esquilino, di denunciare i retakers, che qualche volta hanno le idee assai vaghe sulla street art.


La ciliegina sulla torta, però, si è avuta con l’intervento di Roma Fa Schifo, con il suo invito al linciaggio mediatico… Azione che è stata un boomerang, perché ha procurato tanta pubblicità gratuita al Tuna Bazar, che però conferma un lato preoccupante di tale blog e di chi lo gestisce: il volere imporre un pensiero unico, in cui si demonizzano gli eretici e i dissenzienti.


Perché Roma fa Schifo, come tanti in Italia, dietro un apparente moralismo, ha costruito un business sull’ignoranza, sulle paure e sui sentimenti peggiori dei romani: per alimentarli, deve sempre buttare benzina sul fuoco, creare il caso, fare nascere dal nulla il nemico da combattere, a volte immaginario.


Non c’è molta differenza tra lui e chi, come le Iene o i 5 stelle dell’Abruzzo, vuole azzoppare la fisica…


Il successo della loro demagogia rappresenta la misura della nostra decadenza.


 


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Published on November 28, 2017 03:14
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Alessio Brugnoli
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