Pittore raro e in molte virtù studioso
Poi, quello strano sogno. Per fortuna, non mi è apparso Alan. Ero nello studio di un pittore, che sembrava uscito da una rappresentazione di drammi shakespeariani. Aveva pochi capelli, una barca sporca di colore e una pancia degna di Falstaff.
Alle pareti vi erano strani ritratti, dalle fisionomie grottesche ottenute attraverso bizzarre combinazioni di una straordinaria varietà di forme viventi o di cose. Uno era composto di fiori, un altro da frutti. Sul tavolo, tra alambicchi e pennelli spelacchiati, spuntava una maschera ricoperta totalmente di conchiglie.
La porta si aprì all’improvviso. Entrò un giovane, dal viso imbronciato. La sua barba era curata; sembrava uno degli armigeri che ogni appaiono nel Macbeth o nell’Amleto, però la sua spada appariva affilata. Il suo pomolo aveva la forma di un’aquila scaccata.
Il pittore accennò a un sorriso.
– Buongiorno Lotario, come posso esserti utile? Scusami se non m’inchino, ma ho paura che la mia schiena mi tradisca o che le mie braghe si rompano definitivamente.
– Cercavo il mio compagno di viaggio.
– Sendovigius? Sei arrivato tardi: è passato non più di due tocchi fa, lasciandomi l’incombenza di riparare quella maschera. Certo che è proprio brutta Dice di averla ottenuta da un viaggiatore di ritorno dal Messico, ma o mente o è stato truffato. Riconosco quelle conchiglie, sai? Se ne trovano a mille, sulle spiagge nei pressi di Genova.
Il giovane strinse con forza l’elsa della spada.
– Non mi fido di lui…
– Allora rifiuta con diplomazia la richiesta di Rodolfo… In finale, troverai qualche usuraio romano che sarà capace di anticiparti l’oro per affrescare il palazzo nel tuo feudo, o no? Anzi, se vuoi te lo faccio io gratis… Mi sono un poco annoiato di Praga. Ho voglia di visitare posti nuovi o di tornare nella mia Milano.
– Non posso: papa Clemente mi ha minacciato di cedere il ducato ai Colonna, se rifiuto. Lo sai quanto è lunatico Rodolfo. Potrebbe legarsela al dito e così,addio crociata contro i turchi.
Il pittore intinse un pennello in un vasetto di colore e incominciò a rifinire una tela, in cui il viso sembrava essere fatto di cacciagione.
– Allora ti tocca fare buon viso a cattivo gioco. Se ti può consolare, anch’io mi fido poco di quell’alchimista, benché debba ammettere che, nonostante la sua fissazione con il salnitro, sia uno dei pochi che abbia ottenuto dei risultati concreti. Hai sentito il suo accento? Tanto polacco quanto il mio; sospetto sia una spia di Mattia.
Lotario annuì con vigore, poi cominciò a rimirarsi in uno specchio.
– Lo temo anch’io… Ma non possiamo denunciarlo, se abbiamo care le nostre teste. Rodolfo lo venera come un maestro, e tutto per inseguire il sogno della pietra filosofale.
– Non credo sia questo. Rodolfo è ossessionato dalla brama di sapere ed è pronto a tutto pur di ottenerlo. Sendovigius si vanta di avere una spiegazione per tutto, dimostrando come ogni cosa che si osserva faccia parte di un’unità più grande e di un ordine armonico.
– A Roma lo brucerebbero a fuoco lento. Giù a Campo de’ Fiori.
– Lo farebbero anche con noi, però ho altri sospetti su di lui. A sentire Tycho, pare che trascorra la notte evocando entità dell’abisso, apportatrici di morte e di caos. Dice di avere visto Sendovigius parlare con alberi che camminano, con il tronco cosparso di fauci fameliche.
– Il tuo amico astrologo dovrebbe bere di meno, pisciare di più e trascorrere le notti andando per bordelli, invece che a scrutare le stelle. Sono cose che riequilibrano gli umori, liberando il cervello dagli effluvi dell’immaginazione.
Il pittore si allontanò dal quadro e con lo stesso pennello tracciò sulla tavola degli strani geroglifici, che incominciarono a brillare per poi dissolversi in una luce verdastra. Si carezzò la barba e da un cassetto tirò fuori una pergamena scritta in ebraico. La porse a Lotario.
– Me l’ha donata il rabbi Judah Loew; dovrebbe proteggere te, la tua stirpe e il tuo palazzo da qualsiasi maleficio possa ideare Sendovigius. Contiene i nomi segreti e potenti dei Malakh, i servi di Dio.
Lotario la osservò con attenzione, puntando con l’indice un paio di sillabe. Poi se la infilò in una tasca.
– Te ne sono grato… Ma il prezzo da pagare? Farò la fine di Faust?
– No, nulla di questo… Tuttavia, potrà essere che i tuoi discendenti siano,come dire, un poco eccentrici…
– Roma è la capitale universale della follia. Nessuno vi farà mai caso.
E’ un brano di Lithica che ho ambientato nella Praga di Rodolfo II in cui faccio incontrare a uno degli strampalati antenati dei miei eroi il buon Arcimboldo, pittore che con il suo cercare l’armonia nascosta delle cose e gli enigmi di un apparente caos mi ha sempre affascinato.
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Per cui, non potevo non fare a meno di andare alla sua mostra romana a Palazzo Barberini, anche per distarmi dalle vicende del mio pappagallo… Giudizio: mostra piccola, ma ben allestita e non superficiale nei contenuti. Il personale gentilissimo e disponibile, le audioguide sintetiche ed efficaci.
Il problema grosso, però, sono stati gli spazi, troppo ristretti, a mio avviso. Ieri pomeriggio, mancava l’aria e specie nello spazio dedicato alle Quattro Stagioni e ai Quattro Elementi, a causa delle visite guidate, a volte troppo fracassone, mancava la possibilità di godersi a pieno le opere, la loro bellezza e il loro simbolismo, che rappresenta sia il continuo fluire della vita, sia una complessa allegoria politica: l’immagine dello Stato, il cui variegato e multiforme popolo assume una propria forma e identità grazie al governo del Sovrano, signore del Tempo profano e delle forze Arcane del Creato.
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Alessio Brugnoli's Blog

