Marco Pantani - La distruzione di un mito (quinta parte)

Città di T*** 30 maggio 1999
“Mannaggia a’ morte! Scusate ma che me vulite fa’ ndurato e fritto? Ma avvocato gliel’ho già detto oggi il procuratore non può ricevere sta occccupaaato! Oh sant’Antonio…e finalmente avete capito. Oggi non riceve e non parla con nessuno!” Esposito riattaccò in malo modo il ricevitore.
Mannaggia che iuornata! E questo santuuomo del procuratore! Mannaggia com’è cambiato negli ultimi tempi. Sempre più strano! Non sempra chiù chillo e’ primma. Isso a me mme pare un altro A me mme pare cagnato! Boh?
E poi ‘sta mania del Giro d’Italia…Il procuratore P. era cambiato negli ultimi anni. Non era ancora quarantenne e aveva già tutti i capelli bianchi.
Sotto gli occhi gli erano venute delle borse nere. E i suoi occhi avevano come per incanto cambiato colore. Da neri che erano, erano divenuti verdi.
In procura si mormorava che avesse messo delle lenti a contatto di quelle colorate, come mettono gli attori.
Il suo carattere era divenuto taciturno e irascibile. Esposito non ce la faceva più a sopportare tutte le sue isterie quotidiane e difatti aveva già inoltrata la domanda di prepensionamento. Avrebbe perso qualcosa in soldi ma ci avrebbe guadagnato in salute.
Il procuratore si era incupito e invecchiato insomma. Ma nel giro di pochissimo tempo. In quattro e quattr’otto.
Eh avrebbe bisogno di una mugliera o’ guaglione!
Ma il procuratore P. non sembrava inclinare da quella parte e allora erano cominciate piccole, sottili ma allusive insinuazioni.
“Fesserie!!!”, lo difendeva Esposito. Ma pure a Esposito qualche dubbiarello era cominciato a venire.
Il procuratore P. era chiuso nella sua stanza dalla mattina. Neanche era uscito per mangiare.
Esposito origliò alla porta.
Si sentiva solo il televisore gracchiare.Eh! l’ha presa con quel povero criaturo, che ce vulimm’ fa’ ?
Ma se l’Esposito, in quel momento, avesse visto il ghigno del procuratore mentre al Pelato saltava la catena sulla salita di Oropa, forse a Esposito i capelli gli si sarebbero rizzati e ingrigiti di botto e la pelle accapponata.
Esposito viveva a contatto con il baratro del mondo e pazziava. Senza la minima coscienza di quel male che avrebbe infettato anche lui giù giù fino alla terza o quarta generazione.
Marco ha una nuova visioneMarco se ne stava in un bar di C. con la testa bassa appoggiata sui gomiti. Con le mani si massaggiava la pelata, e facendo leva sui gomiti ondeggiava in avanti e indietro come cullato da un ritmo che si fosse impossessato di lui.
Indossava una maglietta a righe simile a quella di un carcerato. Sembrava volesse anche nel modo di vestire manifestare la sua condizione di spirito.
Ancora rivedeva quelle quattro facce, bianche come tazze di porcellana, che gli alitavano davanti.La vedi questa provetta? E’ la tua, vero?
La vedi? Non ci sono dubbi è la tua! D’accordo?
E’ la tua! E’ la tua! D’accordo!
I quattro “vampiri”, mandati dall’Uci, erano arrivati la mattina presto. Avevano bussato alla porta come SS. Gli avevano urlato di muoversi ad aprire la porta. Erano nervosi, agitati. Gli avevano prelevato il sangue in modo arrogante, cinico.
Poi era stato il finimondo…
Il corpo di Marco tremava.
Gli altri clienti davano occhiate interrogative al padrone del bar.
Quello rispondeva con un’alzata di spalle: come dire che Marco era così non ci si poteva fare nulla. Andava solo lasciato in pace.
Quasi che Marco avesse percepito quegli sguardi, tirò su la capoccia e si guardò intorno.
I suoi occhi a forza di stare a capo basso non mettevano bene a fuoco.
Allora si alzò e andò alla toilette per sfuggire la loro curiosità.
Si chiuse nella toilette e cominciò a orinare.
Poi scoppiò in un pianto dirotto. Piangeva Marco. Piangeva per la disperazione.Perché avevano voluto fargli il culo? Perché fregare proprio lui? Lui che al ciclismo aveva dato tanto. Che aveva riportato sulle strade giovani, bambini, donne e non più solo vecchi!
Perché proprio lui?
“Ciao Marco. Ci rivediamo. Che ti avevo detto?”
Marco pensò di aver sognato.
Aprì la porta della toilette: nessuno!
“Sono qui Marco!”Ma chi cazzo sei? Dove sei?"
Son qui Marco”
Marco abbassò gli occhi e vide.Fece un salto indietro e gli si accapponò la pelle.Ma chi sei???
Urlò Marco con la voce che gli fece cilecca per la paura.
“Ma come Marco non mi riconosci? Guardami meglio?”
Marco si fece coraggio e guardò.
Scorse una faccia. Non si distingueva bene ma era una faccia che lui aveva già incontrato.
“I morti pesano Marco. Non ti ricordi?”
Disse la voce come se leggesse nel pensiero di Marco.
Marco fece un salto indietro.La stessa voce mielata!“Che ti avevo detto Marco? Io potevo darti tutto…ma tu non hai voluto. E’ l’amore che tiene tuo nonno ancora vicino a te. Ma questo amore ti peserà Marco, rovinerà la tua vita. Noi lo vogliamo giù. O tu o lui scegli!”Io! Mille volte Io che mio nonno!!!
Vide ancora quei denti scoprirsi fra labbra carnose.
Poi l’immagine scomparve.
Marco tirò lo sciacquone per cancellare ogni traccia di quell’essere schifoso.
Amazon: Fabrizio Ulivieri Books and author page Facebook
Published on November 17, 2017 03:17
No comments have been added yet.