Aspettando Godot: il 2015
Basterebbe questa vignetta, a descrivere quello che succede in Arabia Saudita. Il re ha graziosamente deciso che le donne potranno votare alle elezioni comunali, ma nel 2015. Nel frattempo, però, non possono guidare una macchina, ma farsi accompagnare dal marito, dal tutore [sic!], o dall'autista che il marito ha scelto per loro. Andare a votare, anche nel 2015, potrebbe insomma essere un problema… logistico.
Votare sì. Guidare no. Giammai. Si rischiano le frustate. Le dieci frustate che Shaima Jastanya si sarebbe dovuta sopportare, se lo stesso re saudita non l'avesse graziata, sospendendo l'esecuzione della sentenza. Ce ne sono altre, di donne saudite, che nel frattempo rischiano sentenze simili, se non peggiori. Come Najla Hariri. Il 17 giugno, molte attiviste e molte donne 'normali' avevano sfidato il divieto di guidare, con il women2drive, un giorno di disobbedienza civile in cui non solo guidavano, ma scattavano foto e giravano video per mostrare che stavano guidando. Doppia disobbedienza: mostrare il proprio volto, e sfidare il divieto e i censori. E magari avere – anche per noi, occidentali – un nome e un cognome, una carta d'identità, invece di essere considerate solamente in un gruppo. Le donne saudite.
La morale di tutta questa storia è che in Arabia Saudita la rivoluzione è donna. Ancor di più che da altre parti, nel mondo arabo, dove pure il ruolo delle donne è stato non solo importante. Per alcuni versi è stata la cifra delle rivoluzioni. In Arabia Saudita la rivoluzione è donna, non c'è niente da fare. Ed è una rivoluzione perché non comprende solo le donne, ma attraverso una battaglia che non è solo "di genere" raccoglie tutti, uomini e donne, nel pretendere democrazia. Al shab yurid, il popolo pretende: lo slogan delle rivoluzioni arabe del 2011…
La stessa Arabia Saudita, peraltro, è come se viaggiasse a diverse velocità, a seconda del posto in cui ci si trova. Per strada, nelle case, nelle sedi delle multinazionali, nelle università, sui blog, in twitter, nelle stanze degli studenti e delle studentesse saudite che si prendono lauree e dottorati nelle università americane. Donne col niqab per le strade di Riyadh, e le stesse donne svelate in una qualsiasi delle università delle Ivy League negli States. Donne col niqab per le strade di Riyadh, e donne col potere nella camera di commercio di Jeddah, capitale economica del paese. Lama al Suleiman, per esempio, è la vicepresidente della camera di commercio, eletta nel 2009, votata anche dagli uomini proprio mentre le veniva diagnosticato – a lei madre di 4 figli – un cancro al seno. Una donna di potere, dunque, come donna di potere è Lubna Olayan, a capo del gruppo Olayan, una potenza finanziaria ed economica che travalica di molto i confini sauditi. E lei, una delle donne d'affari più potenti del mondo. E' come se il mondo economico saudita andasse a un'altra velocità, rispetto al resto. E questa frattura, questa contraddizione prima o poi sarà così forte da far scoppiare qualcosa.
Intanto, oggi ci sono le elezioni municipali, per eleggere metà dei consiglieri comunali, mentre gli altri saranno designati dall'autorità, dal re. Possono votare un milione e duecentomila maschi adulti, cittadini sauditi. Mah…
Capisco che la scelta possa sembrare banale, ma di certo appropriata: per la playlist c'è People Have the Power, Patti Smith.
E se volete sentire una chiacchierata su questo argomento, ne ho parlato stamattina alla Radio Svizzera Italiana, secondo canale, nella trasmissione In altre parole. Con Sandra Sain. Buon ascolto.


