Da "Rugìle" - Morte di Ipazia (seconda parte)






Mi strinse forte le mani. Poi si aggrappò al collo e mi baciò le labbra.
Il suo alito era aspro e cattivo, come non l’avevo mai sentito. Colpa della malattia che la divorava, pensai. La divorava da dentro.
Cercai di vincere il senso di disturbo che mi aveva provocato e la baciai con passione. Compassione? Non lo so. Onestamente non lo so. Lo feci d’istinto. Nell’istinto è assente ogni ragione, c’è solo l’impulso di qualcosa che non ti appartiene eppure ti guida.
Lei si staccò da me. Mi guardò sorpresa. Si ributtò giù sul letto

- Grazie – mormorò – ora posso morire in pace. Grazie…grazie…grazie… - ripeteva ad intervalli fissando il vuoto
- Ipazia…ti prego…

Yasuko mi aveva mentito. Non mi aveva detto la verità. Avevo dovuto chiederla ai dottori la verità. Yasuko mi aveva detto che era AIDS. Che Ipazia si era infettata perché aveva ripreso a fare la puttana. Ed invece non era vero. I dottori mi avevano detto che si trattava di un cancro all’intestino, che avevano cercato di operarla ma era troppo avanzato e non c’era modo di fare niente.

E moriva, moriva sola come un cane. Della sua famiglia nessuno era venuto a trovarla a causa di suo padre.

Suo padre era stato apparentemente un professore di greco e latino ma in realtà negli anni Ottanta fu avvicinato da spie nordcoreane perché collaborasse con loro. Dal 1985 in poi aveva costantemente cooperato con gli agenti nordcoreani che usavano vecchi pescherecci arrugginiti e dall’aria innocua per arrivare direttamente alle coste, oppure sottomarini approdati al largo dell’isola di Jeju, e di lì raggiungevano Seoul. Arrivavano per il kidnapping, rapire persone per usarle spesso come insegnanti di giapponese, o rapire donne per capriccio della dirigenza di Pyongyang, o costruirsi una nuova vita nella capitale assumendo (con l’aiuto di persone come il padre di Ipazia) una nuova identità per poter spiare direttamente la vita del paese che i nord coreani propagandavano come povero e corrotto. E spiavano. Spiavano tutto, dal modo di vita, alla musica, alle donne, alle canzoni, alla politica…
Le operazioni di intelligence nord coreana necessitavano di collaboratori in loco e naturalmente ciò avveniva in cambio di denaro.
Ma perché suo padre aveva tradito il proprio paese? Perché si era prestato ad aiutare le spie nord coreane? Vi era una risposta plausibile?

- Era forse come una pecora che in un gregge cerca la propria posizione. Anche se nessuno gliel’ha mai detto esplicitamente sa tuttavia qual è la sua posizione. Avrebbe voluto salire nel sistema della società sudcoreana ma non ci riusciva. Un professore di greco e latino a Seoul non gode di molta stima. E così ha tradito quel sistema che non lo riconosceva adeguatamente – furono le parole della sorella di Ipazia che cercò di spiegarmi le ragioni del tradimento di suo padre

La ricerca di una posizione sociale determinò la vita di quel padre inquieto. Il denaro avrebbe potuto dargli delle possibilità che non aveva, ma soprattutto fu il piacere di colpire alle spalle un paese che frontalmente non gli riconosceva meriti.
Ma non era solo quello. Si era fatto una visione della Corea del Nord come il paese dell’ordine. Dove il rispetto per il Grande Leader formava il rispetto di tutti.

- Ma tu sai che in Corea del Nord gli studenti marciano in gruppo verso la scuola e cantano le gesta del loro Leader? – aveva una volta detto a Min-young (la sorella di Ipazia)


Chi è il partigiano le cui gesta sono insuperate?
Chi è il patriota le cui gesta saranno per sempre? Così caro ai nostri cuori è il glorioso nome del Generale Il nostro amato Kim Il-sung di fama imperitura


I servizi di controspionaggio sud coreani individuarono la rete di cui faceva parte il padre di Ipazia e arrestarono lui e buona parte dei collaboratori della rete. Suo padre fu catturato proprio nel momento in cui Ipazia venne ricoverata.

Sua madre collassò. Le due notizie in contemporanea, l’aver vissuto tanti anni con un uomo che non aveva in realtà mai conosciuto e una figlia malata terminale, le azzerarono la voglia di vita. Cadde in una depressione fulminante e perse la mente nel giro di una settimana. Fu ricoverata di urgenza in un reparto psichiatrico sotto stretta osservazione. Cercò più volte di suicidarsi.

Ipazia aveva vissuto con un padre simile nel momento in cui si formava, in cui la sua identità si formava, quando ancora era una ragazzina e credeva nel mondo. La presenza di un padre traditore aveva plasmato il suo carattere di donna traditrice, pronta a vendersi come il padre.

Ipazia aveva una sensibilità tale che poteva penetrare l’apparenza fino ad assimilarne la profondità e muoversi in parallelo.

Questa storia al limite del giallo poliziesco me l’aveva già anticipata Yasuko quandò la incontrai e dopo avermi detto del ricovero di Ipazia, prima che arrivasse la sorella di Ipazia che mi avrebbe aiutato a capire meglio quello che era successo fra Ipazia e suo padre.
Non sapevo se crederle. Yasuko non mi era mai piaciuta. Mi era sempre sembrata falsa, bugiarda. Superficiale e poco intelligente.
Mi aveva mentito anche sulla malattia. Perché? Che motivo aveva di mentirmi sulla malattia?
Voleva screditare Ipazia ai miei occhi perché sapeva quanto l’avevo amata anche se era stata una persona negativa e traditrice?
Yasuko non era stata una buona compagna. Aveva la coscienza sporca e lo sapeva. E allora infamava Ipazia.
Fra lei ed Ipazia preferivo cento volte Ipazia. Yasuko forse non era negativa come Ipazia ma era una persona insulsa senza un minimo di personalità. Ipazia probabilmente era stata attratta dalla leggerezza di Yasuko.



Ipazia si addormentò tenendo la mia mano. Io la guardavo. Non riuscivo ad andarmene. Starle vicino mi faceva sentire utile a qualcosa. Finalmente avevo la sensazione di fare qualcosa di bello per qualcuno.
Vibrò il cellulare nella mia tasca. Era Y***. Decisi di non rispondere. Ipazia giaceva nel letto. Avrebbero potuto essere le sue ultime ore su questa terra.
Decisi che mi sarei dedicato solo a lei per quelle ultime ore.

Capii che ancora l’amavo. Non era l’Ipazia che avevo amato il giorno che avevo incontrato in libreria ma l’amavo ancora di un unconditional love che mai finisce perché non è singolare e divisibile e perciò non ci appartiene.

Sunto:
L’amore è una parte enorme dei multiversi. E’ un collante che tiene insieme i multiversi e come un buco nero collega i multiversi .Un buco nero è apparentemente la fine di tutta la informazione. In realtà non la distrugge, la conserva e la comunica (la fa passare) da un universo all’altro.The unconditional love è l’informazione riguardante uno stato che la ritiene (universo) e passa poi ad un altro stato (universo) e ai successivi stati (universi). “The person one loves at first is not the person one loves at last, but love has not an end”




COMPRA su Amazon:


Rugìle Il sorriso della meretrice Amore šaltibarščiai e pomodori rossi Cecilia Seguici su Facebook
 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on October 06, 2017 00:03
No comments have been added yet.