Simonetta Lamberti, Giuseppe Di Matteo e Cocò Campolongo e i bambini uccisi dalle mafie
Ieri leggevo i vostri commenti durante Gomorra: molti hanno scritto che le mafie non uccidono i bambini, che non li minacciano, che non li usano.
Ascoltate questa intercettazione, risale al maggio scorso.
È una telefonata tra il boss Antonio Genidoni e l’affiliato Emanuele Esposito che al telefono è disperato perché gli hanno appena ammazzato padre e fratello in un agguato di camorra, per vendicare un omicidio avvenuto qualche giorno prima.
Aiutatevi nella comprensione con la trascrizione:
Genidoni: «Mo è schiattamm acap pur a lor, mo e pigliamm a tutti quanti, uomini creature, femmine».
Esposito: «Mo piglio le bombe è gliele butto nelle case sull’anima di Ciro… devo andare solo in galera mo! Mo prendo le bombe è gli uccido le creature. Sull’anima di Ciro… è inutile che piango… non ci sta niente da fare».
Genidoni: «Mo scendo pure io».
Esposito: «Mo amma accirer. Dobbiamo sterminare tutta la famiglia….le bombe… devo buttare le bombe mo’! le bombe …non …incomp… le pistole ora!».
“Mo prendo le bombe è gli uccido le creature” è dialetto napoletano, ma immagino che il senso di questa frase lo abbiate compreso tutti.
Dire che le mafie non tocchino i bambini, che la loro etica e il loro codice morale glielo impediscano, significa attribuir loro valori che non sono mai appartenuti alla criminalità organizzata di ogni latitudine.
Simonetta Lamberti, Giuseppe Di Matteo, Cocò Campolongo e le decine di bambini uccisi dalle mafie, ne sono la tristissima, insopportabile testimonianza.
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