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October 16, 2018

Vite passate e ipnosi: funziona davvero?

Vite passate e ipnosi: funziona davvero?

Antonio Meridda


La regressione alle vite passate è una delle più misteriose e richieste tecniche di ipnosi. E come tale, è avvolta dal mistero quanto la formula della coca-cola.


Come funziona? Davvero si ritorna alle vite passate? Illusione o realtà? Ho pagato il parcheggio per due ore o una?


Cerchiamo ora di dare una spiegazione a tutto questo.


Comincio col dire che sì, è vero, c’è una tecnica che si chiama, appunto, regressione alle vite passate (ma va?).


Questa però, deluderò molta gente ma è così, non permette di violare le leggi dello spazio e del tempo in barba ad Einstein, Eraclito, Aristotele, Malika Ayane e chiunque abbia scritto sul fluire unidirezionale dei momenti passati.


E allora perché diamine si chiama regressione in vite passate?


Marketing. Il motivo vero è questo. Il nome reale dovrebbe essere qualcosa come “tecnica dell’emersione degli archetipi gestaltici del subconscio”, roba da far tremare i polsi anche a Freud.


Si è perciò scelto il più affascinante nome “regressione in vite passate”. Niente di strano, è lo stesso motivo per cui chiamiamo un “apparecchio radio mobile terminale ricetrasmittente per la comunicazione in radiofonia sull’interfaccia radio di accesso di una rete cellulare”(come detto in Wikipedia) semplicemente “TELEFONO CELLULARE”.


Ma torniamo all’ipnosi.


Cosa vuol dire regressione alle vite passate?

La regressione permette quindi, con una tecnica ben precisa, di visualizzare e immaginare (ripeto immaginare, quindi farsi un’immagine) delle vite passate. Attraverso di essa cioè, si può “ricordare” di essere stati dei guerrieri che combattevano nella guerra di Troia, dei samurai in una singolar tenzone, dei ladri che rubavano i gioielli della corona, delle famosissime attrici defunte, fino a personaggi storici e illustri come Napoleone o Cleopatra.


La persona che rivive tutto sostiene con forza e sicurezza che no, lei è stata DAVVERO Cleopatra! Ottimo. Peccato che solo nella mia esperienza – piuttosto ridotta a dire il vero – ho già contato una dozzine di “cleopatre”. Quindi, a meno che nella defunta faraona non albergasse un condominio di anime, è alquanto probabile che non ci sia una vera e propria regressione in vite passate quanto piuttosto liberare la mente per poter “sognare” di essere ciò che si vuole.


Quindi non serve a niente? Tutt’altro!


Questa tecnica permette, molto in fretta, di capire sogni, speranze e desideri reconditi di qualcuno. Chi “ricorda” di essere stato Jack lo Squartatore ci dice parecchio su di sé. Così come chi ha “visto sé stesso” nei panni di un nobile francese durante la rivoluzione.


Come si torna alle vite passate?

Come funziona esattamente? Dopo aver indotto uno stato ipnotico, si guida la vittima la persona in un’esperienza che conduce ad un luogo molto vago. Non si dice quindi “immagina di essere una persona famosa” o “chi vorresti essere stato?”. Si dice invece “guardati attorno: come sono gli altri?” oppure “guardati i piedi: cosa indossano?”. In questo modo si è portati a lasciar libero sfogo ai propri desideri inconsci, senza preoccuparsi di essere giudicati se magari si sogna di essere Hugh Hefner (ora che è morto sono certissimo che in tanti “ricorderanno di essere stati lui) o Al Capone.


Una volta realizzata la prima immagine, sarà chi è sotto ipnosi a descrivere le proprie esperienze. Quasi sempre queste portano a momenti culminanti, come la morte della precedente incarnazione o un momento comunque drammatico. Nessuno che io sappia ha ricordato di aver scordato di comprare i broccoli o di dover andare dal calzolaio a risuolare le ciabatte. Non è un caso. Come nessuno, potendo scegliere, “ricorda” di essere stato un contadino servo della gleba, è normale che chi, avendo pochi minuti a disposizione, non perde tempo a immaginarsi a scuola ad ascoltare una lezione noiosa ma si concentra su quacosa di significativo, come appunto la morte, un duello, il giorno che è stato arrestato, quando scopre un tradimento e così via.


La tecnica è piuttosto semplice, se la guida è preparata, e permette di passare una bella esperienza. Non è “reale” ma fa capire molte cose su di sé, non porta alcun genere di rischio ed è più coinvolgente del cinema.


Dunque, perché non provare?


Antonio


Per approfondire

A.Meridda “Ipnosi Rapida“.


M. Pacori  “L’ipnosi non verbale”

M. Paret  “I segreti dell’ipnosi

S. Gatto “L’ipnosi”



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L'autore: Antonio Meridda

ritrattoAntonio Meridda è laureato in scienze naturali, con master in etologia e in giornalismo scientifico. Formatore ed esperto di linguaggio del corpo ha ottenuto le certificazioni F.A.C.S. (Facial Action Coding System) e B.C.E. (Body Coding System) ed è autore di numerosi libri e videocorsi sull'argomento. Iscriviti alla sua newsletter per leggere i suoi articoli e imparare tutto su come funziona l'ipnosi.


 



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Vite passate e ipnosi: funziona davvero?

Antonio Meridda

Antonio Meridda - Scrittore, autore di "Prova a mentirmi"

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Published on October 16, 2018 01:00

October 12, 2018

Perch�� il tradimento �� cos�� diffuso: l’istinto pi�� odiato del mondo

A cosa serve il tradimento?

Tutti ci siamo passati, o per aver tradito o per essere stati traditi. Ma perch�� l’istinto del tradimento, che di fatto �� uno tra i pi�� odiati, �� ancora cos�� diffuso?

Non esiste cultura, epoca o regione geografica immuni dal suo influsso. E siccome vige il principio di parsimonia naturale, in base al quale gli istinti mantenuti attivi hanno sempre una qualche utilit��, ne consegue che tradire serve a qualcosa.

Ma cosa, esattamente? Di certo mina i rapporti sociali, soprattutto le famiglie che ne sono investite. Ed �� ancora ovvio che subirlo �� terribile per chiunque. Tutti i popoli hanno cercato di arginarlo in vari modi, alcuni con pene severissime altri con semplici ammende. Tutti, comunque, hanno fallito. Ci�� �� avvenuto perch�� il tradimento ha un fine ultimo pi�� importante di qualsiasi possibile repressione, ed �� sempre per questo che nessuno di noi ne �� del tutto al sicuro!

Qual �� dunque questo fine?

Il tradimento nel mondo animale

Per capire a cosa serve, come sempre �� meglio partire dall’origine del comportamento. Il tradimento esiste anche nel mondo animale? La risposta �� s��! Esiste eccome, ma prima di accusare i nostri antenati e progenitori delle loro abitudini sconsiderate, cerchiamo di capire come funzionano le cose nei non-umani.

Ci sono specie che formano legami stabili per tutta la vita. Sono di certo una minoranza, considerando il totale degli animali, ma si tratta sempre di diverse decine di migliaia. In questi animali, i partner formano un legame stabile il cui scopo �� la riproduzione. Negli animali a riproduzione unica (che cio�� muoiono dando alla luce la nuova generazione, ovvero circa l’80% delle specie in totale) questo legame si pu�� presentare in diversi modi: i maschi muoiono durante l’accoppiamento, oppure sopravvivono all’accoppiamento e muoiono poco dopo. Le femmine muoiono producendo uova o muoiono di stenti facendo da guardia al nido. In tutti i casi, la coppia non risente del tradimento poich�� entrambi i partner defungono prima della nascita dei figli.

Ci sono poi le specie che si riproducono pi�� volte durante la loro esistenza e che formano coppie stabili. Queste sono rarissime, perch��, se da un lato c’�� il vantaggio indiscusso di poter allevare la prole in modo abbastanza sicuro e protetta dai pericoli, dall’altro c’�� il “sacrificio genetico” di dedicarsi a un solo partner. Se poi quello �� difettoso in qualche modo, la fine della discendenza �� assai probabile!

Molto pi�� abbondanti sono le specie che si riproducono pi�� volte e che formano coppie stagionali. In questo caso, ad ogni nuova stagione maschi e femmine si cercano per generare una prole di cui si occuperanno entrambi,

Liberi amanti…

fino a quando il piccolo sar�� indipendente e potranno separarsi: la famiglia si forma per un tempo limitato e poi, come �� nata, finisce quando lo scopo (la nuova generazione) �� pronta ad affrontare il mondo.

Infine abbiamo le specie che si riproducono pi�� volte e NON formano coppie stabili di alcun tipo. il 97% dei mammiferi ricade in questa categoria! Questo �� ovvio, anche se spiacevole: se la femmina porta il nascituro dentro di lei, il maschio non ha motivo di starle accanto. Per molti mammiferi questo non �� un problema: le femmine partoriscono da sole, si occupano dei piccoli e fine della storia. In questi casi il tradimento �� la norma, e persino la madre ha parecchi dubbi sulla paternit�� dei figli.

Esiste per�� una categoria particolare: i mammiferi sociali. Qui le cose sono diverse, perch�� quasi sempre abbiamo un capobranco, nella maggior parte un maschio dominante, e diverse femmine che fanno parte del branco. E qui cosa succede? Vediamo un p��…

 

Branchi e tradimento: a cosa servono le scappatelle

La categoria del branco �� quella che maggiormente ci interessa, perch�� �� indubbio che, seppure gli harem non siano la norma nelle differenti societ�� umane, �� altrettanto vero che abbiamo una struttura gerarchica ben definita, con capi e sottoposti. I nostri cugini pi�� prossimi adottano il tradimento? Ebbene s��! Per un motivo sempre presente: il mescolamento genetico.

Per secoli si �� pensato che i traditori fossero gli uomini, perch��, dotati di un maggior istinto all’accoppiamento “casuale”, fossero capaci di “tradire a cuor leggero”. Corretto. Se non fosse che quasi tutti tradissero le compagne di turno con altre donne… Quindi il ragionamento non sta in piedi.

La realt�� �� un’altra: uomini e donne tradiscono entrambi, ma per motivi diversi. Le donne lo fanno quando si sentono ignorate, gli uomini quando la compagna non gli si concede pi�� e quindi cercano nuove avventure.

Questo fa anche in modo che il tradimento stesso sia concepito in modo differente: per le donne �� grave soprattutto se di tipo affettivo, per gli uomini di tipo fisico. Ci�� ha perfettamente senso: per una donna preistorica se il compagno, magari durante una guerra, aveva una “scappatella” con una donna di un’altra trib�� rivale, non era una vera tragedia. Perch�� comunque il suo compagno sarebbe tornato da lei, avrebbe badato alla sua famiglia e ai suoi figli. Era quindi ancora parte della famiglia.

Per un uomo invece i sentimenti contano meno: se una donna ha una cotta per un altro uomo ma si limita a sospirare per lui, a sorridergli e a “flirtare” ma senza accoppiarsi, la sua paternit�� �� certa, quindi i figli per i quali si d�� tanto da fare sono veramente suoi.

N.B.: questo non vuol certo dire che una donna �� felice se il compagno si diletta con le prostitute e un uomo gradisce che la compagna sogni un altro. Ma in questi casi, �� ancora possibile una riconciliazione. Nel caso in cui un uomo ami un’altra e una donna vada a letto con un altro, invece, la fine della coppia �� quasi certa.

Tra le scimmie che vivono in branco, come i babbuini e i macachi, �� facile che una femmina dell’harem tradisca. Questo perch�� il traditore ha molte doti interessanti: sfida il capobranco, ma non apertamente. Quindi �� astuto, furbo e intraprendente, e anche se non �� forte e possente come il capo, magari �� pi�� affascinante. La femmina per�� non si sogna neppure di lasciare il capobranco per lui, perch�� essere una compagna del capo le assicura dei privilegi importanti. Ci�� che fa �� di generare un figlio non legittimo, con un DNA interessante, ma protetto dall’autorit�� del capobranco.

Un principio simile si applica anche nella nostra specie: diverse donne non lasciano il marito, magari in carriera, ma lo tradiscono con un altro pi�� affascinante.

 

Quanti sono i figli illegittimi?

E ora la bomba: quante sono le coppie tradite che rimangono insieme? Le moderne tecniche sul DNA hanno stabilito che in Europa, mentre il primogenito �� nel 99% figlio del marito, nel secondogenito questa percentuale scen

Quali figli sono suoi?

de all’87%… certo �� sempre molto, ma indica che un 13% dei figli NON appartiene al padre del primo figlio.

Se ci�� pu�� apparire poco, bisogna calcolare che si parla in questo caso di figli NATI, ma che, date gli attuali concezionali, �� molto, MOLTO probabile che diversi rapporti extraconiugali in pi�� ci siano stati, ma NON abbiano generato figli.

Tenendo conto di ci��, non �� assurdo aspettarsi che il 30% circa delle mogli tradisca i mariti! Prima di prendersela con loro, per��, va detto che quasi tutte hanno un amante che �� a sua volta sposato con un’altra donna.

Il problema �� che non �� facile, come per la donna, stabilire ci�� su base genetica…

Per approfondire

A. Angela, “Amore e sesso nell’antica Roma

P. Angela, “Ti amer�� per sempre. La scienza dell’amore
D. Morris, “L’animale donna”
I. Eibl-Eibesfeldt, “Etologia umana”
J. Diamond, “Perch�� il sesso �� divertente?” ����������

 


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ritrattoAntonio Meridda �� laureato in scienze naturali, con master in etologia e in giornalismo scientifico. Formatore ed esperto di linguaggio del corpo ha ottenuto le certificazioni F.A.C.S. (Facial Action Coding System) e B.C.E. (Body Coding System) ed �� autore di numerosi libri e videocorsi sull'argomento. Iscriviti alla sua newsletter per leggere i suoi articoli e imparare tutto su come gestire la coppia.

 

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Published on October 12, 2018 03:14

Perché il tradimento è così diffuso: l’istinto più odiato del mondo

Perché il tradimento è così diffuso: l’istinto più odiato del mondo

Antonio Meridda


A cosa serve il tradimento?

Tutti ci siamo passati, o per aver tradito o per essere stati traditi. Ma perché l’istinto del tradimento, che di fatto è uno tra i più odiati, è ancora così diffuso?


Non esiste cultura, epoca o regione geografica immuni dal suo influsso. E siccome vige il principio di parsimonia naturale, in base al quale gli istinti mantenuti attivi hanno sempre una qualche utilità, ne consegue che tradire serve a qualcosa.


Ma cosa, esattamente? Di certo mina i rapporti sociali, soprattutto le famiglie che ne sono investite. Ed è ancora ovvio che subirlo è terribile per chiunque. Tutti i popoli hanno cercato di arginarlo in vari modi, alcuni con pene severissime altri con semplici ammende. Tutti, comunque, hanno fallito. Ciò è avvenuto perché il tradimento ha un fine ultimo più importante di qualsiasi possibile repressione, ed è sempre per questo che nessuno di noi ne è del tutto al sicuro!


Qual è dunque questo fine?


Il tradimento nel mondo animale

Per capire a cosa serve, come sempre è meglio partire dall’origine del comportamento. Il tradimento esiste anche nel mondo animale? La risposta è sì! Esiste eccome, ma prima di accusare i nostri antenati e progenitori delle loro abitudini sconsiderate, cerchiamo di capire come funzionano le cose nei non-umani.


Ci sono specie che formano legami stabili per tutta la vita. Sono di certo una minoranza, considerando il totale degli animali, ma si tratta sempre di diverse decine di migliaia. In questi animali, i partner formano un legame stabile il cui scopo è la riproduzione. Negli animali a riproduzione unica (che cioè muoiono dando alla luce la nuova generazione, ovvero circa l’80% delle specie in totale) questo legame si può presentare in diversi modi: i maschi muoiono durante l’accoppiamento, oppure sopravvivono all’accoppiamento e muoiono poco dopo. Le femmine muoiono producendo uova o muoiono di stenti facendo da guardia al nido. In tutti i casi, la coppia non risente del tradimento poiché entrambi i partner defungono prima della nascita dei figli.


Ci sono poi le specie che si riproducono più volte durante la loro esistenza e che formano coppie stabili. Queste sono rarissime, perché, se da un lato c’è il vantaggio indiscusso di poter allevare la prole in modo abbastanza sicuro e protetta dai pericoli, dall’altro c’è il “sacrificio genetico” di dedicarsi a un solo partner. Se poi quello è difettoso in qualche modo, la fine della discendenza è assai probabile!


Molto più abbondanti sono le specie che si riproducono più volte e che formano coppie stagionali. In questo caso, ad ogni nuova stagione maschi e femmine si cercano per generare una prole di cui si occuperanno entrambi,


Liberi amanti…


fino a quando il piccolo sarà indipendente e potranno separarsi: la famiglia si forma per un tempo limitato e poi, come è nata, finisce quando lo scopo (la nuova generazione) è pronta ad affrontare il mondo.


Infine abbiamo le specie che si riproducono più volte e NON formano coppie stabili di alcun tipo. il 97% dei mammiferi ricade in questa categoria! Questo è ovvio, anche se spiacevole: se la femmina porta il nascituro dentro di lei, il maschio non ha motivo di starle accanto. Per molti mammiferi questo non è un problema: le femmine partoriscono da sole, si occupano dei piccoli e fine della storia. In questi casi il tradimento è la norma, e persino la madre ha parecchi dubbi sulla paternità dei figli.


Esiste però una categoria particolare: i mammiferi sociali. Qui le cose sono diverse, perché quasi sempre abbiamo un capobranco, nella maggior parte un maschio dominante, e diverse femmine che fanno parte del branco. E qui cosa succede? Vediamo un pò…


 


Branchi e tradimento: a cosa servono le scappatelle

La categoria del branco è quella che maggiormente ci interessa, perché è indubbio che, seppure gli harem non siano la norma nelle differenti società umane, è altrettanto vero che abbiamo una struttura gerarchica ben definita, con capi e sottoposti. I nostri cugini più prossimi adottano il tradimento? Ebbene sì! Per un motivo sempre presente: il mescolamento genetico.


Per secoli si è pensato che i traditori fossero gli uomini, perché, dotati di un maggior istinto all’accoppiamento “casuale”, fossero capaci di “tradire a cuor leggero”. Corretto. Se non fosse che quasi tutti tradissero le compagne di turno con altre donne… Quindi il ragionamento non sta in piedi.


La realtà è un’altra: uomini e donne tradiscono entrambi, ma per motivi diversi. Le donne lo fanno quando si sentono ignorate, gli uomini quando la compagna non gli si concede più e quindi cercano nuove avventure.


Questo fa anche in modo che il tradimento stesso sia concepito in modo differente: per le donne è grave soprattutto se di tipo affettivo, per gli uomini di tipo fisico. Ciò ha perfettamente senso: per una donna preistorica se il compagno, magari durante una guerra, aveva una “scappatella” con una donna di un’altra tribù rivale, non era una vera tragedia. Perché comunque il suo compagno sarebbe tornato da lei, avrebbe badato alla sua famiglia e ai suoi figli. Era quindi ancora parte della famiglia.


Per un uomo invece i sentimenti contano meno: se una donna ha una cotta per un altro uomo ma si limita a sospirare per lui, a sorridergli e a “flirtare” ma senza accoppiarsi, la sua paternità è certa, quindi i figli per i quali si dà tanto da fare sono veramente suoi.


N.B.: questo non vuol certo dire che una donna è felice se il compagno si diletta con le prostitute e un uomo gradisce che la compagna sogni un altro. Ma in questi casi, è ancora possibile una riconciliazione. Nel caso in cui un uomo ami un’altra e una donna vada a letto con un altro, invece, la fine della coppia è quasi certa.


Tra le scimmie che vivono in branco, come i babbuini e i macachi, è facile che una femmina dell’harem tradisca. Questo perché il traditore ha molte doti interessanti: sfida il capobranco, ma non apertamente. Quindi è astuto, furbo e intraprendente, e anche se non è forte e possente come il capo, magari è più affascinante. La femmina però non si sogna neppure di lasciare il capobranco per lui, perché essere una compagna del capo le assicura dei privilegi importanti. Ciò che fa è di generare un figlio non legittimo, con un DNA interessante, ma protetto dall’autorità del capobranco.


Un principio simile si applica anche nella nostra specie: diverse donne non lasciano il marito, magari in carriera, ma lo tradiscono con un altro più affascinante.


 


Quanti sono i figli illegittimi?

E ora la bomba: quante sono le coppie tradite che rimangono insieme? Le moderne tecniche sul DNA hanno stabilito che in Europa, mentre il primogenito è nel 99% figlio del marito, nel secondogenito questa percentuale scen


Quali figli sono suoi?


de all’87%… certo è sempre molto, ma indica che un 13% dei figli NON appartiene al padre del primo figlio.


Se ciò può apparire poco, bisogna calcolare che si parla in questo caso di figli NATI, ma che, date gli attuali concezionali, è molto, MOLTO probabile che diversi rapporti extraconiugali in più ci siano stati, ma NON abbiano generato figli.


Tenendo conto di ciò, non è assurdo aspettarsi che il 30% circa delle mogli tradisca i mariti! Prima di prendersela con loro, però, va detto che quasi tutte hanno un amante che è a sua volta sposato con un’altra donna.


Il problema è che non è facile, come per la donna, stabilire ciò su base genetica…


Per approfondire

A. Angela, “Amore e sesso nell’antica Roma


P. Angela, “Ti amerò per sempre. La scienza dell’amore

D. Morris, “L’animale donna”

I. Eibl-Eibesfeldt, “Etologia umana”

J. Diamond, “Perché il sesso è divertente?”      


 



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L'autore: Antonio Meridda

ritrattoAntonio Meridda è laureato in scienze naturali, con master in etologia e in giornalismo scientifico. Formatore ed esperto di linguaggio del corpo ha ottenuto le certificazioni F.A.C.S. (Facial Action Coding System) e B.C.E. (Body Coding System) ed è autore di numerosi libri e videocorsi sull'argomento. Iscriviti alla sua newsletter per leggere i suoi articoli e imparare tutto su come gestire la coppia.


 



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Perché il tradimento è così diffuso: l’istinto più odiato del mondo

Antonio Meridda

Antonio Meridda - Scrittore, autore di "Prova a mentirmi"

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Published on October 12, 2018 03:14

September 23, 2018

Buongiorno e buonasera: l’importanza del saluto

Buongiorno e buonasera: l’importanza del saluto

Antonio Meridda


Perché in tutti i paesi del mondo, in qualsiasi contesto sociale si considera, si effettua un qualche tipo di saluto? Che vantaggio e utilità hanno delle forme così ritualizzate per entrare in contatto? Da quanto esistono?

Tutte queste domande hanno una sola risposta. Andiamo a scoprire quale.


Il saluto in origine

Cominciamo dal passato. Non del secolo scorso, né dell’anno 1000 e neppure dei faraoni. Torniamo molto, molto più indietro, all’epoca in cui non usavamo ancora il linguaggio per esprimerci. Come si entrava in relazione a quei tempi? Quando un essere umano ne incontrava un altro, come si comportava?[image error]

Anche se sono passate decine di migliaia di anni, pare che il metodo fosse sempre lo stesso presente ancora oggi, ovvero uno schema che possiamo riassumere in: saluto di apertura – interazione – saluto di commiato.

Questo sembra valere anche per altri animali. Quando due cani si incontrano, il modo con cui si avvicinano e si studiano è pressoché identico e si rifà a mosse specifiche. Non sappiamo con certezza (ma è probabile) che in questa fase utilizzino odori per comunicare e che svolgano la funzione di saluto.


Manca però la fase finale, quella del saluto di commiato, che invece è molto importante per noi. Perché abbiamo anche questo comportamento?

Un dettaglio molto importante che è bene spiegare è che tale modo di agire non è insegnato, pare innato in tutta la nostra specie. Sarebbe del resto assurdo pensare che tutto il mondo si sia coordinato per utilizzare un metodo simile di relazione.

Già i bambini in età prescolare, quando le parole non sono ancora il metodo privilegiato di comunicazione, usano la formula del saluto – interazione – saluto finale. Può mancare, ma anche in questo caso esiste una spiegazione.


Il saluto iniziale: benvenuto!

Il saluto iniziale ha una funzione pratica importantissima, e significa all’incirca “voglio relazionarmi con te”. A seconda della cultura, dell’età e del rango sociale questa fase sarà più o meno lunga. Tra bambini basta un sorriso o un “ciao” mentre tra capi di stato può durare anche delle ore, ma il senso è identico.

Durante questa fase è inutile e anzi dannoso non rispettare il “canone”. Per esempio, se uno saluta con “buongiorno” non si risponde con “per nulla, va tutto male” e lo stesso vale per altre formule simili, tipo appunto “come stai?”.

Lo scopo di questa fase è infatti relazionarsi, quindi esprimere la propria volontà a farlo. Quando si evita si lancia un messaggio molto potente: comando io. Chi si relaziona agli altri senza alcuna formula vuole ribadire il proprio potere, e questo si nota, ancora una volta, già nei bambini piccoli. Negli asili si è visto spesso che il “capo” non saluta e non sorride, si avvicina semplicemente agli altri senza alcun cenno e pretende di essere ascoltato. Tale modo di fare spiazza e spesso colpisce chi ascolta, che invece si aspetta un saluto. Anche qui non è intenzionale ma l’effetto è garantito. Intervistati, i piccoli “capi” hanno riferito che non avevano voglia o bisogno di salutare, ma se gli si chiede il perché non hanno una risposta logica o consapevole da fornire.


Il saluto di commiato: arrivederci

Il saluto di commiato è ancora più interessante, perché appunto non sembra avere una funzione. Certo può servire tra persone di alto rango o per esprimere “buona educazione”, ma se ci pensate bene non è solo così. La sensazione negativa che si ha quando ci chiudono il telefono “in faccia” deriva proprio da questo. Finire un contatto in modo brusco, senza un saluto di alcun genere, è una sfida bella e buona. Il segnale non regola solo i tempi ma stabilisce il da farsi. Chi non lo fa è come se lasciasse l’interazione aperta, come se ci tenesse la “linea occupata” e questo è molto spiacevole.

L’aggressività estrema della nostra specie è la chiave di questo modo di fare. Qui, a differenza del saluto iniziale, serve l’intervento del genitore. Il bambino infatti non ha nel proprio istinto il fenomeno del saluto finale, lo impara con l’esperienza. Capisce cioè che senza di esso è molto difficile capire se l’altra persona vuole ancora parlare con noi o meno. Si impara sulla propria pelle proprio questo, a non lasciare “canali aperti” inutilmente perché questo genera scontri e incomprensioni.

Il meccanismo del commiato, pari a quello del saluto, è evitato da chi si crede superiore, perché non sente di dover chiudere: gli altri sono a sua disposizione.

Quello che forse è più utile sapere è che tale modalità esiste non solo per le relazioni private ma appunto in qualsiasi relazione umana, guerra compresa. Un saluto finale in questo caso interrompe un’ostilità e si suppone che questo fosse proprio il motivo originale per cui tale comportamento esiste.


Conclusioni

Riassumendo: salutare serve a fare pace, a trovare un partner, a mantenere una relazione, a stabilire un rapporto. Meglio farlo, nel dubbio, dimostra comunque buona educazione.

Distinti saluti.


Antonio


Per approfondire

I. G. Mattingly “Speech cues and sign stimuli”

D. Morris “La scimmia nuda

I. Eibl-Eibesfeldt “Etologia umana

A. M Liebermann “The phylogeny of language”


N. R. Varney, J. A. Vilensky “Neuropsychological implications for preadaptation and language evolution”

J. H. Hill “Possible continuity theories of language”

N. Chomsky “Language and the mind”

G. Tembrock “Phonetische eigenschaften von primatenlauten in evolutions-aspekt”

F. G. Patterson “The gestures of a gorilla: language acquisition in another pongid”

V. Hescheen “Intuitionen. Grammatische gesprache in nichtkulturierten sprachgemeinschaften”



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ritrattoAntonio Meridda è laureato in scienze naturali, con master in etologia e in giornalismo scientifico. Formatore ed esperto di linguaggio del corpo ha ottenuto le certificazioni F.A.C.S. (Facial Action Coding System) e B.C.E. (Body Coding System) ed è autore di numerosi libri e videocorsi sull'argomento. Iscriviti alla sua newsletter per leggere i suoi articoli e imparare tutto sul linguaggio del corpo.



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Buongiorno e buonasera: l’importanza del saluto

Antonio Meridda

Antonio Meridda - Scrittore, autore di "Prova a mentirmi"

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Published on September 23, 2018 23:50

September 18, 2018

Fiumi di parole, quasi sempre troppe. Perché parliamo tanto?

Fiumi di parole, quasi sempre troppe. Perché parliamo tanto?

Antonio Meridda


Parole, parole, parole. Un fiume continuo di segnali che caratterizzano qualsiasi gruppo umano sin da quando eravamo poco diversi dalle altre scimmie.


Ma perché parliamo così tanto?


Cerchiamo di capire cosa fa di noi umani una razza tanto chiacchierona.


L’origine della chiacchiera: a che servono tante parole

Tutti sanno che la parola si è evoluta con il perfezionamento degli strumenti, ovvero come mezzo per comunicare una conoscenza. Siamo sicuri che sia così?

Certo nell’epoca della comunicazione ciò sembra scontato, è attraverso le parole che possiamo imparare qualcosa, apprendere ad esempio a usare un computer, a programmare un cellulare o come abbiamo evoluto il nostro linguaggio.

Ma è SEMPRE stato così? Forse sorprenderà molta gente sapere che il linguaggio non ha molto a che fare con l’aspetto informativo. A dire il vero, la sua origine non ha quasi per niente a che fare con questo!

La famosa ipotesi di partenza che tutti conoscono è la seguente: un gruppo di cacciatori esce al mattino, in cerca di una preda. Individuano un grosso cervo. Si dividono e, grazie al coordinamento dato loro dalle parole, lo accerchiano e lo abbattono. Giusto? Per nulla.

Provate a guardare come un branco di lupi fa la stessa cosa, e noterete che non una volta parlano tra loro, al massimo fanno dei segnali non verbali molto semplici per spingere l’animale braccato in una direzione precisa. Ma sono animali molto diversi da noi, quindi non vale.

Allora prendiamo come esempio il surrogato umano della caccia in branco, ricordo atavico dei nostri antenati: la partita di calcio. Non è un caso che tale sport appassioni in primo luogo gli uomini, dato che la palla e il gruppo di uomini che la insegue è una rievocazione di quando, appunto, un gruppo di cacciatori accerchiava la preda e lottava per il suo possesso. Tale azione è impressa nei geni maschili umani da almeno 50.000 anni!

Adesso pensateci: qualcuno di loro chiacchiera attivamente sul campo? Si scambiano informazioni del tipo “io vado a destra, tu a sinistra, cerca di fermare quello lì e io penso all’altro?” o “qui ci penso io, tu smarcati più avanti?”

Manco per nulla. Motivo? Provate a parlare mentre correte e siete concentrati e capirete subito quanto è difficile. Se siete uomini e non donne il fattore di difficoltà è moltiplicato per circa 10 a causa dell’adattamento del cervello maschile a gestire una cosa alla volta: o si parla o si corre.


Quindi perché usiamo tutte queste parole?

Ok. Esclusa la causa organizzativa dei ruoli in azione, possiamo supporre che rimanga quella dell’insegnamento diretto giusto? Per esempio, come si impara a tessere e cucire, cucinare, scolpire, modellare, costruire qualcosa senza ricevere informazioni da un esperto?

Come? Con l’osservazione. Anche oggi possiamo imparare a fare qualcosa anche di molto complesso attraverso i video, come smontare un cellulare o far funzionare un programma. Le parole anche in questo caso, che sembrerebbe centrale, sono molto relative, possiamo vedere un video di cucina o di trucco in una lingua del tutto sconosciuta e afferrarne i concetti solo imitando i movimenti che vediamo.

Diciamo di più: se ci parlano mentre siamo impegnati a fare la cosa nuova, ad esempio cucinare un piatto o anche guidare un’auto, è probabile che sbagliamo e che non riusciamo nel compito. Questo, come prima, se siete uomini va moltiplicato per 10, parleremo in un altro articolo del perché.

Rimane un ultimo aspetto, che però è estremamente importante – anche se sottovalutato – ovvero la relazione sociale. Leggete un qualsiasi social e noterete che il 90% dei discorsi non riguarda né l’insegnamento né consigli utili o pratici, né il coordinamento in qualcosa. Riguarda quello che in inglese si dice “chat” ovvero “chiacchiere”.

Sorprende quindi che siano le donne a comunicare meglio? Ovvio che no! Le donne sono adattate e selezionate dall’evoluzione per comprendere e capire gli altri, anche quando non parlano (come i neonati).

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La comunicazione verbale ha quindi come primo scopo rafforzare i rapporti tra noi. Possibile che sia solo questo? Non è poco, in effetti! La spinta alla socializzazione è fortissima, tanto da aver modificato del tutto il nostro corpo per riuscirci.

Partiamo dai nostri parenti più vicini, i soliti scimpanzé. Questi passano moltissimo tempo a costruire rapporti sociali tra loro. Il mezzo principale usato è il contatto fisico, attraverso il meccanismo noto come “grooming” ovvero spulciarsi e pulirsi a vicenda.

Non sorprenderà nessuno che noi manteniamo la maggior parte di questo istinto, ancora una volta più forte nelle donne che, essendo migliori comunicatrici, sono anche più brave e più “portate” per farlo. Si notano spesso donne che si occupano attivamente del grooming del proprio compagno prima e dei figli poi (molto più raro è che lo facciano gli uomini alle donne e ai figli, per ragioni appunto innate).

Il gruppo di scimpanzé è però spesso piuttosto limitato e conta circa 15-20 individui. Probabilmente anche i primi gruppi umani dovevano avere un numero simile. Poi però le cose cambiarono nettamente.

Per coinvolgere gruppi sempre più grandi, il grooming “diretto” non poteva bastare, e serviva quindi un mezzo che permettesse di stare tutti insieme appassionatamente senza scannarsi.

Ed ecco la grande invenzione: il grooming talk. La chiacchiera diventa in tutto e per tutto una sorta di spulciamento, di occuparsi dell’altra persona in modo attivo. Si discute cioè di cose apparentemente inutili e poco importanti, tipo come stai, cosa fai, e come stanno i tuoi ecc. ecc.

Queste parole sembrano vuote e si potrebbe pensare che siano un derivato secondario del linguaggio, ovvero che si è imparato a parlare e tra le altre cose si ha iniziato a chiacchierare. In realtà è l’esatto opposto: si è iniziato a chiacchierare e si è poi scoperto che si poteva usare tale abilità anche per comunicare cose più importanti.


Scimmie chiacchierone!

 


Gli mancano le parole?


Quindi, tutto qua? Basterebbe allora insegnare alle altre scimmie a parlare e potremmo comunicare senza problemi. In effetti, si è tentato qualcosa di simile diverse volte, e si è scoperto che gorilla e scimpanzé sono molto abili a imparare il linguaggio dei segni umano e a comunicare con noi. Il fatto è che non ne sentono alcun bisogno. Il loro cervello, quindi, capisce e comprende come fare, ma non lo fa. Un pò come il cervello di qualsiasi umano, se educato, capisce la matematica (quantomeno le basi come le tabelline e le addizioni) ma se non educato è difficile che senta “il bisogno” istintivo di farlo.

Il nostro corpo ha evoluto molte parti diverse per parlare che le altre scimmie non hanno modificato.

Ecco l’elenco:

palato – negli umani è curvo e “incavato” verso l’alto, nelle scimmie, come potete vedere anche in cani e gatti, è diritto. La lingua ha più spazio e può formare fonemi come “l, k, gh”;

denti – si allineano tra loro in modo da pronunciare fonemi complessi come “d, t, s, z” che le altre scimmie non sanno pronunciare;

gola – laringe e faringe si separano. Il problema è che così facendo non possiamo parlare e respirare insieme, e ci si strozza facilmente se si cerca di farlo. I neonati umani non hanno ancora questa divisione, che si forma a qualche mese di vita, quindi riescono ad esempio a poppare e respirare senza alcun problema, cosa che noi non possiamo più fare;

cervello – si sviluppano alcune aree apposite per la parola, come quelle di Broca e di Wernicke. Queste permettono di imparare subito un linguaggio percepito in età prepuberale. Un bambino può in questo stadio formare un linguaggio come un altro, per questo se ha genitori bilingui può facilmente imparare entrambe le lingue. Non potrà più farlo una volta compiuti i 12-13 anni. Nelle donne il cervello si modifica ancora di più rispetto agli uomini, non per caso il grooming talk è usato dalle donne circa 5 volte più degli uomini. Le loro aree cerebrali sono interconnesse alla parola, quindi sono più abili a farlo per motivi biologici (ovviamente, se non educate a farlo non svilupperanno molto questa capacità, così come nessuno diverrà mai un grande atleta se non si allenerà).

Il neonato emette molti fonemi e suoni, ma questo è pressoché identico nel neonato di scimpanzé. La differenza è che quest’ultimo non si differenzierà molto, crescendo, da questo tipo di comunicazione “primitivo”, mentre un essere umano evolverà il suo linguaggio sentendo quello altrui.


Conclusioni

La parola non è quindi del tutto innata. Ovviamente ogni linguaggio ha un modo diverso e spesso unico per definire un oggetto o un modo di dire, ma tutte portano a situazioni simili. Tutte hanno forme di cortesia molto simili, presentano grooming talk ed esprimono concetti in modo simile. Il nostro cervello è, in definitiva, progettato per parlare, e così la nostra bocca e la nostra gola.

Le chiacchiere non sono vuote e inutili, anche quando sembrano tali. Ovvio, per un uomo hanno “senso” differente che per una donna, proprio perché le ridotte abilità maschili sono indirizzate in altro. Il grooming talk maschile in genere è ridotto a un “ciao” o a “come va?” e molto di rado si spinge oltre. I millenni di dominazione maschile hanno quindi ridotto questo modo di parlare a chiacchiere, nel senso più dispregiativo del termine. Probabilmente è tutta invidia…


Antonio


Per approfondire

I. G. Mattingly “Speech cues and sign stimuli”

D. Morris “La scimmia nuda

I. Eibl-Eibesfeldt “Etologia umana

A. M Liebermann “The phylogeny of language”

N. R. Varney, J. A. Vilensky “Neuropsychological implications for preadaptation and language evolution”

J. H. Hill “Possible continuity theories of language”

N. Chomsky “Language and the mind”

G. Tembrock “Phonetische eigenschaften von primatenlauten in evolutions-aspekt”

F. G. Patterson “The gestures of a gorilla: language acquisition in another pongid”

V. Hescheen “Intuitionen. Grammatische gesprache in nichtkulturierten sprachgemeinschaften”



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L'autore: Antonio Meridda

ritrattoAntonio Meridda è laureato in scienze naturali, con master in etologia e in giornalismo scientifico. Formatore ed esperto di linguaggio del corpo ha ottenuto le certificazioni F.A.C.S. (Facial Action Coding System) e B.C.E. (Body Coding System) ed è autore di numerosi libri e videocorsi sull'argomento. Iscriviti alla sua newsletter per leggere i suoi articoli e imparare tutto sul linguaggio del corpo.




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Fiumi di parole, quasi sempre troppe. Perché parliamo tanto?

Antonio Meridda

Antonio Meridda - Scrittore, autore di "Prova a mentirmi"

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Published on September 18, 2018 01:00

September 17, 2018

L’origine della paura: come nasce una fobia

L’origine della paura: come nasce una fobia

Antonio Meridda


La fobia, questa brutta bestia…


Immaginiamo la scena. Due innamorati, felici e senza problemi, vanno a fare un picnic. Lei vuole passare una giornata tra il verde per rilassarsi. Lui ha altri progetti, più “terra terra”. Entrambi sono fiduciosi di divertirsi e fare una bella gita.


Tutto sembra perfetto: sole, venticello, neppure una nuvola, nessuno intorno. O quasi.


Un ragno, per motivi sconosciuti – se si escludono gli ultimi 300.000.000 di anni da quando gli insetti abitano sulla Terra – decide di fare una ragnatela. Non solo. Il perfido animaletto osa di più, e va a posizionarsi proprio al centro della suddetta tela, non sapendo che così facendo causerà un disastro.


Alla sua vista infatti, la fanciulla avrà per la testa ben altro che l’amato bene. Si terrorizzerà alquanto, e avrà la netta percezione che il diabolico ragnetto si trasformi sotto i suoi occhi. Da piccolo, innocuo abitante dei boschi muterà in un orrido bestione, delle dimensioni di un chihuahua, più velenoso di una bomba al gas nervino, ricoperto di peli come uno yeti e in compagnia di altri milioni di compari, il cui scopo diventa di colpo non più la mosca distratta ma la carne della donna.



La quale, com’è ovvio, fuggirà di una distanza equa affinché il mostro non la raggiunga. Una cinquantina di chilometri, più o meno.


Lui correrà via, per inseguire la compagna atterrita e in cuor suo maledicendo i ragni, i boschi, le piante, le mosche, i picnic, i prati, le gite fuori porta, la natura intera e un po’ anche i suoi gusti in fatto di donne.


Ma cosa è successo? Perché una reazione tanto assurda?


Come si reagisce alla fobia

Per comprendere quella che pare una follia, bisogna intanto comprendere cosa è la fobia e perché provoca simili reazioni.


Dobbiamo quindi cominciare comprendendo il meccanismo della paura. Questo è uno dei più importanti che abbiamo, perché è grazie ad esso che, in un modo o nell’altro, siamo vivi. Grazie alla paura evitiamo di camminare in mezzo a un’autostrada trafficata, accendiamo i fari quando guidiamo di notte, evitiamo di sputare in faccia al capo di una banda di teppisti e così via.


Qui non si tratta di fobia: questo è meglio non farlo!


Il meccanismo con cui la paura si forma è semplice: il cervello vede uno stimolo, lo definisce pericoloso in base a quello che ha imparato, lo classifica come “da evitare” e da lì in poi non ci proverà più. A volte è necessario sperimentare su di sé lo stimolo, come il toccare il fuoco.


Purtroppo, in alcune situazioni le cose vanno male.


Succede infatti che la paura viene generalizzata e associata in modo errato. Ovvero: invece di stabilire una paura “razionale” o corretta – per esempio, non andare a disturbare un cobra – generalizza a “tutto quello che sembra un serpente è pericoloso”!


Questa è una fobia, e la persona che ne soffre balzerà terrorizzata ogni volta che vedrà una corda. Non esagero, conosco una persona con la fobia dei serpenti che alla sola vista di un cavo ha dei brividi.


Tale spiacevole fenomeno si ha perché la fobia, a differenza della fobia, non reagisce allo stimolo: reagisce “tutto o niente”!


Effetto della fobia

Non sembra ma questo ragno è quasi innocuo!


Quindi, cosa significa tale reazione “tutto o niente”? Torniamo all’esempio dei due innamorati nel bosco. Se lei avesse avuto una normale reazione di paura ai ragni (che ci sta, non tutti al mondo sono svalvolati come il sottoscritto e adorano gli artropodi) si sarebbe magari spostata in un punto dove non c’erano ragnatele in vista.


Avendo invece la nostra poveretta l’aracnofobia, non le è bastato allontanarsi di un pochino. Nemmeno di molto. Ha dovuto del tutto cambiare zona, per evitare la spiacevole sensazione d’ansia generata per lei dalla visione di un ragno.


La fobia non finisce al cessare dello stimolo, come la paura. Facciamo un altro esempio. Diciamo che un amico, un buontempone con molto tempo da perdere e che ha preso troppo pochi schiaffi da bambino, vuol farci uno scherzo. Uno di quelli belli e simpatici: prenderci alle spalle urlando.


La nostra reazione sarà prima di spavento, con relativo sobbalzo, poi, scoperto che è l’imbecille in questione, una sana dose di insulti e improperi rivolti all’autore dello scherzone.


Se fossimo affetti da fobia invece, anche dopo aver visto che era lui, avremmo continuato ad avere la sensazione di pericolo imminente e le relative reazioni fisiche: sudore, tachicardia, respiro accelerato, infarto. L’ultimo effetto dipende da quanta maionese mettiamo sul capodoglio in umido mangiato a colazione.


Per questo spiacevole effetto, la fobia è molto peggiore della semplice paura.


Come gestire una fobia

Ci sono diversi livelli di fobia. Il primo è quello detto della fobia semplice. Usiamo ancora l’aracnofobia.


Un’aracnofobia semplice è quella della fanciulla di cui sopra: stimolo = fuga fino a quando c’è benzina.


Un’aracnofobia complessa coinvolge tutti gli elementi che il ragno porta con sé: boschi, mosche, case diroccate, cantine: stimolo generico = fuga a oltranza.


L’aracnofobia ansiosa è peggio ancora: generalizza al punto che ogni cosa potrebbe ricordare un ragno. In questo caso, lo stato d’ansia è quasi perenne in qualsiasi situazione che, secondo il cervello, ha a che fare con i ragni, quindi il semplice concetto o discorso di “domani vado in campagna” o “devo riordinare la soffitta”.


Inutile dire che l’ultimo caso è il peggiore da trattare. Tutte le fobie però hanno un elemento in comune, ovvero lo stimolo. Per trattarle, quindi, un metodo molto usato è sfruttare lo stimolo stesso.


Si può fare in due modi:



flooding (immersione): hai paura di nuotare? Tuffati in acqua. O affoghi o la superi. Metodo molto usato ma anche pericolosissimo!
desensibilizzazione: hai paura di nuotare? Inizia a familiarizzare con l’acqua. Lavati ogni tanto, Avvicinati via via, magari in riva al mare. Poi vai dove si tocca. Poi procedi. Questo è il metodo che consiglio io, ma che richiede più tempo. Anche risultati migliori, però!


Fobia e PNL

La tecnica che preferisco, del resto, è quella dell’antifobia, usata in PNL. Questa si basa sullo stimolo associato (per esempio il ragno) che viene però storpiato nell’immaginazione, e quindi privato di ogni potere. Perché ciò che gli conferisce forza è la deformazione che facciamo. Come ho detto prima, il ragno non è visto come un innocuo abitante dei boschi ma come un demone assassino stile film di King Kong.


Deformando la deformazione, la PNL elimina l’associazione negativa, e così facendo priva lo stimolo del suo potere atroce.


L’altra cosa interessante è che richiede in genere pochi minuti per essere utilizzata!


Conclusioni

La fobia si può affrontare. Anzi, è necessario farlo, perché è facile che peggiori da semplice a complessa, mentre è impossibile che regredisca da complessa a semplice senza far nulla.


Ci sono diverse strategie che si possono usare, quindi ti invito a provarle tutte se hai una fobia che ti opprime.


Antonio


Per approfondire

Freud S., “Ossessioni, fobie e paranoia


Nardone G., “Paura, panico, fobie


Nardone G., “Oltre i limiti della paura. Superare rapidamente le fobie, le ossessioni e il panico


Bovagnoli & Q, “Il grande libro illustrato delle fobie. Dai un nome alle tue paure


 



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L'autore: Antonio Meridda

ritrattoAntonio Meridda è laureato in scienze naturali, con master in etologia e in giornalismo scientifico. Formatore ed esperto di PNL ha ottenuto il titolo di personal coach e di counselor. Ha studiato ipnosi e tecniche di comunicazione avanzata. Iscriviti alla sua newsletter per leggere i suoi articoli e imparare tutto sulla PNL.


L’origine della paura: come nasce una fobia

Antonio Meridda

Antonio Meridda - Scrittore, autore di "Prova a mentirmi"

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Published on September 17, 2018 23:39

September 13, 2018

Lo sguardo che stende: il potere dell’ipnosi!

Lo sguardo che stende: il potere dell’ipnosi!

Antonio Meridda


Tra tutte le abilità, usanze e pratiche umane, poche sono più misteriose e intriganti dell’ipnosi.


Tanto che intorno ad essa sono nate così tante leggende, miti e balle galattiche da farla classificare, da alcuni, come gioco di magia.


In realtà le cose sono molto diverse, vediamo di capire cosa è e come funziona questa favolosa tecnica.


L’ipnosi e il suo mistero: chi l’ha inventata?

Nessuno ha idea di chi abbia “inventato” l’ipnosi. Questo perché già al tempo dei faraoni si praticava, con successo, questo metodo. Il faraone e i suoi fedelissimi infatti potevano contare sugli “straordinari poteri” del loro gran sacerdote, che tra le altre cose era benedetto da Ra, Osiride, Basteth, Sobek, Anubi e chi più ne ha più ne metta.


Grazie all’investitura pluridivina, poteva far addormentare con una semplice occhiata e cancellare i dolori con una frase. Magia! No… ipnosi.


La magia per millenni – anche oggi è così, basta vedere i famigerati no vax – è tutto ciò che non si riesce a comprendere. La scienza in teoria va contro di essa, ma per molte menti semplici le due cose si confondono. Torniamo all’ipnosi.


Il gran sacerdote sapeva fare una serie di trucchi, tra cui appunto cancellare il mal di denti, far dormire in un istante, eliminare le dipendenze da cibo e alcol e tante altre ancora.


Al tempo era tutto considerato un miracolo degli Dei, ma sappiamo oggi che le cose erano parecchio diverse.


Per millenni l’ipnosi rimase una pura e semplice magia, fino all’arrivo, in Europa, del famosissimo (e sfigatissimo) Mesmer.


Mesmerismo e ipnosi

Franz Anton Mesmer era un medico-filosofo (al tempo le due cose viaggiavano insieme) nato a Moos, Germania, nel 1734.


Notò che, a seconda di come si parlava e si guardava alcune persone, queste cadevano in uno stato simile


al sonno, che egli collegò con il magnete. Ovvero, la sua teoria era che non solo i metalli, ma anche gli animali, compresi gli umani, attraverso un “fluido magnetico” o “fluido vitale”, rispondessero a determinati stimoli.


Comprese l’uso della magnetoterapia e l’estese al “magnetismo animale”, cioè la capacità di influenzare animali e soprattutto persone con sguardi e gesti particolari (per questo ancora oggi si dice “sguardo magnetico”).


In realtà, quella che lui aveva “scoperto” altri non era che l’ipnosi.


Purtroppo, al tempo la scienza era anche più brutale di adesso (il che è tutto dire), quindi Mesmer, dopo una serie di successi che lo resero il più famoso e ricercato medico europeo, fu contestato e considerato un ciarlatano.


In effetti, il “magnetismo animale” non esisteva affatto, ma era vero che l’ipnosi poteva essere un’efficacissima cura contro molte malattie al tempo incurabili, che attaccavano soprattutto la mente.


Finì quindi senza fasti né onori, quasi del tutto dimenticato, anche se le sue opere si diffusero e attraversarono i secoli.

Fine della storia, passiamo alla pratica.


Come funziona l’ipnosi?

L’ipnosi è un efficace metodo per risolvere una serie di problemi, altrimenti molto difficili da trattare.


I casi più noti sono le dipendenze, come il fumo, l’alcol, il cibo, le droghe.


Risulta inoltre molto efficace per le modifiche comportamentali: timidezza, ossessioni, depressione.


Tutte queste però non possono essere risolte in 10 minuti di seduta, ma richiedono un’applicazione piuttosto intensa e l’aiuto di un professionista (psicologo, psicoterapeuta, psichiatra).


Vediamo come funziona l’ipnosi.


Il nostro cervello è diviso in due parti, per dirla in modo semplice: una parte istintiva (circa l’80% di esso) e una razionale.


La parte razionale sa e capisce. Comprende bene che fumare è dannoso, costoso, inutile e quindi stupido.


La parte istintiva se ne frega alla grande e fa quello che le pare.


Quello che fa l’ipnosi è parlare alla parte istintiva, e non a quella razionale.


Semplce no?



Perché l’ipnosi è tanto temuta?

Il motivo per cui in tanti la temono è dovuto alla disinformazione. Prima di tutto credono nei film e nelle leggende, in base ai quali l’ipnotista ha poteri magici, appunto.


Balle. L’ipnosi è utile, non pericolosa. L’ipnotista “entra nel cervello” come può farlo uno psicologo.


L’altra ragione è Freud. Andando contro tutti e tutto, dichiarò che l’ipnosi era una roba da ciarlatani. E siccome era Freud, mica cavoli, tutti diedero, per decenni, ragione a lui.


Vero: Freud era un genio. Ma disse anche una valanga di boiate assolute, che nel tempo sono state dimostrate come tali.


Una di queste era proprio l’attacco all’ipnosi.


L’ipnosi non può sottomettere gli altri (quindi se è questo il vostro scopo, cambiate programma).


Non può soggiogare il “libero arbitrio”.


Non può andare contro le idee profonde della persona.


Quindi non fa nulla? Anche questo non è corretto. Come le pubblicità possono influenzarci e un bravo oratore convincerci, l’ipnosi è molto utile per condizionare alcuni passaggi mentali.


Vero, attraverso di essa si possono fare anche truffe. Così come si possono fare con parole, documenti falsi e inganni vari.


Per approfondire

A.Meridda “Ipnosi Rapida“.


M. Pacori  “L’ipnosi non verbale”

M. Paret  “I segreti dell’ipnosi

S. Gatto “L’ipnosi”



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L'autore: Antonio Meridda

ritrattoAntonio Meridda è laureato in scienze naturali, con master in etologia e in giornalismo scientifico. Formatore ed esperto di linguaggio del corpo ha ottenuto le certificazioni F.A.C.S. (Facial Action Coding System) e B.C.E. (Body Coding System) ed è autore di numerosi libri e videocorsi sull'argomento. Iscriviti alla sua newsletter per leggere i suoi articoli e imparare tutto su come funziona l'ipnosi.



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Lo sguardo che stende: il potere dell’ipnosi!

Antonio Meridda

Antonio Meridda - Scrittore, autore di "Prova a mentirmi"

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Published on September 13, 2018 00:33

September 10, 2018

Uomini, donne e colori: liti da carta da parati

Uomini, donne e colori: liti da carta da parati

Antonio Meridda


Lei è indecisa tra il verde muschio e il verde oliva, lui non distingue uno dall’altro.


Lei pensa che lui ritenga inutili le sue opinioni. Lui non capisce perché fa un dramma di una cosa incomprensibile.


I colori per uomini e donne sono diversi. Luoghi comuni o realtà scientifica?


La carta da parati che colori ha?

A tal proposito racconterò di quando ho ridipinto casa. Ci sono due versioni di come è andata. Ma siccome la mia ex non è qui, potrete sapere cosa è successo per davvero.


Un bel giorno, lei decide che le mura di casa sono troppo smorte. Le rispondo che non sapevo che un muro potesse essere smorto, e mi risponde che non capisco nulla. Giunti quindi alla decisione comune che le mura vanno ridipinte, mi avvio inconsapevole al disastro, in un negozio per il fai da te.


Compro ciò che occorre: rulli per sporcarsi in modo indelebile, rotoli e rotoli di plastica per coprire inutilmente i mobili, scotch di carta per fissare la famigerata linea vicino al soffitto, righello di legno da 15 kg per tracciare la summenzionata linea. Mi procuro inoltre vecchi quotidiani per coprire il pavimento – utile come mettersi un cappello di carta stagnola per proteggersi da una bomba H – e dei vecchi vestiti rifiutati anche dalla croce rossa, già macchiati da decenni per dissimulare eventuali tragedie cromatiche.


Chiedo (leggi: costringo) alcuni amici a darmi una mano, e andiamo in missione.


Manca solo una cosa: i colori. Lei sceglie il giallo, quindi decidiamo per quello. Ovviamente, il mio concetto di giallo è: colore a metà tra l’arancio e il bianco. Lei è indecisa tra sfumature dai nomi misteriosi, di cui non ho mai sentito parlare. Le piacerebbe il canarino, ma con un tocco di scuolabus e possibilimente una traccia di pastello. Forse anche il paglierino non è male, ma con riflessi di cadmio.


Numero massimo di colori gialli distinto da un uomo


Inutile dire che un colore simile non esiste, ma per fortuna la tecnica ci viene incontro. Con l’apposito selezionatore si può ottenere la miscela desiderata. Certo, un barattolo da 10 litri di semplice giallo canarino costa 15 €, mentre quello fatto apposta ne costa 20 al litro, ma mica possiamo tenerci la casa color canarino! E che siamo nel medioevo?


Scelto il colore e con parecchi euro in meno, torniamo a compiere l’opera.


Quanto ci costano i colori!

Fisso lo scotch al soffitto. Essendo la prima volta che dipingevo un muro, non sapevo esistessero due tipi di scotch: quello che funziona e quello che si stacca a tradimento. Purtroppo mi sono procurato quello del secondo tipo, che funziona così: attende che ne fissi un 20-30 metri, e quando stai per completare il tutto crolla di schianto trascinandosi la striscia con sé.


Frazione dei colori che le donne identificano con il giallo


L’impresa è degna di Ercole, ma con l’aiuto degli amici riusciamo a completare il tutto. Non parlerò delle macchie su ogni cosa avesse una traccia di tridimensionalità della stanza. Né delle numerose imprecazioni, che farebbero sembrare uno scaricatore di porto al pari di un’educanda di collegio. Siamo qui per parlare della differenza di percezione di colore nei due sessi, non del costo assurdo che ciò richiede in termini di denaro, energie, amicizie perdute e danni da sistemare.


Il risultato? Ai miei occhi mura gialle. Per lei un capolavoro.


Perché i colori ci appaiono tanto diversi?

Tutto questo, ripeto, sembra un luogo comune. In realtà le cose non stanno affatto così. Le donne hanno per davvero una maggiore sensibilità ai colori. Per capire il motivo dobbiamo tornare al periodo felice in cui, da brave scimmie, saltavamo tra i rami alla ricerca di un frutto. I nostri occhi dovevano avere la medesima sensibilità per distinguere da lontano una mela matura da una acerba, dato che per raggiungerla si rischiava il collo saltando e la vita se per caso si incontrava un’altra scimmia più grossa interessata alla stessa mela.


Poi le cose cambiarono. Gli uomini si specializzarono nella caccia. La loro vista divenne binoculare – motivo per cui i ragazzini passano decine di ore a sparare agli alieni e le ragazzine no – mentre quella femminile si adattò di più nella raccolta. Le sfumature che una donna vede sono superiori per motivi biologici.


I nostri occhi vedono sempre con 3 coni: giallo, blu, rosso. Negli uomini daltonici – non a caso le donne daltoniche sono meno del 3% dei daltonici totali – manca un cono, quindi blu e rosso si confondono.


Nelle donne esistono coni “accessori”. Oltre ai 3 standard ne esiste almeno un altro – e in alcune donne addirittura 2 in più – che permettono una definizione molto maggiore dei colori.


Donne: non lo fa con cattiveria. Non riesce proprio a capire cosa cambia tra un giallo banana e un giallo ananas.


Uomini: non lo fa con cattiveria. Non riesce proprio a capire come confondere un giallo banana da un giallo ananas.


Antonio


Per approfondire

Meridda, F.Pandiscia “Il Metodo Anticorna“.


R. Dumbar  “Di quanti amici abbiamo bisogno?

R. Dumbar  “Amore e tradimento. Uno sguardo scientifico

D. Morris “L’Animale Donna



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L'autore: Antonio Meridda

ritrattoAntonio Meridda è laureato in scienze naturali, con master in etologia e in giornalismo scientifico. Formatore ed esperto di linguaggio del corpo ha ottenuto le certificazioni F.A.C.S. (Facial Action Coding System) e B.C.E. (Body Coding System) ed è autore di numerosi libri e videocorsi sull'argomento. Iscriviti alla sua newsletter per leggere i suoi articoli e imparare tutto su come gestire la coppia.


 



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Uomini, donne e colori: liti da carta da parati

Antonio Meridda

Antonio Meridda - Scrittore, autore di "Prova a mentirmi"

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Published on September 10, 2018 00:35

August 30, 2018

Sesso debole e sesso forte: qual è il tuo?

Sesso debole e sesso forte: qual è il tuo?

Antonio Meridda


Siamo educati a pensare che le donne siano deboli e gli uomini forti. Se si parla di forza muscolare esplosiva è così, ma per il resto?


Origine del “sesso debole”

Dalla fine dell’ultima glaciazione Wurm, la società umana è cambiata del tutto. La scoperta dell’agricoltura e poi dell’allevamento hanno reso inutili la maggior parte delle abilità femminili, come la raccolta, la gestione dei piccoli spazi, la ricerca delle fonti d’acqua.

Da quest’epoca in poi, è diventato più importante essere forti per poter difendere il territorio. Non più nomadi, la guerra con i vicini non è più l’eccezione ma la regola. E gli uomini, più grossi, aggressivi e adattati allo scontro, hanno preso decisamente il sopravvento. In tutte le società dedite all’agricoltura si osserva una posizione subordinata femminile.

Aggiungiamo che gli uomini hanno un fortissimo spirito curioso e inventivo, che li porta a realizzare strumenti sempre più complessi, rendendo inutili anche le superiori capacità di precisione della mano femminile: il tornio le priva del predominio nell’arte della ceramica, il telaio in quella della tessitura.


Prove di forza del “sesso debole”

uomo rovescia copertoneQueste nuove condizioni fanno in modo che si inizi, erroneamente, a considerare le donne come il sesso debole. Di certo, gli uomini sono dotati di una muscolatura esplosiva più potente, e questo è indubbio: su un campione di 100 persone a caso, facendo prove di forza di qualsiasi tipo, gli uomini supererebbero le donne nel 70% dei casi.

Ma questo vuol dire solo che la muscolatura esplosiva, quella cioè che è legata alla pura potenza, è più sviluppata negli uomini.

La forza vera è un’altra cosa. Se non si parla di forza muscolare, il sesso debole diventa molto evidente.

In tutti i paesi, ormai è risaputo, le donne vivono più a lungo. Il sistema immunitario femminile è più efficace, ma non è solo questo. Gli uomini sono infatti “avvelenati” dal testosterone, ed è risultato evidente che maggiori le quantità nel corpo di tale ormone, maggiori i rischi di morte a seguito di interventi chirurgici!


La vera fragilità: ecco chi è il sesso debole!

il vero sesso debole - 4851915983_dc1148e7bc_oNon solo gli uomini vivono meno, ma hanno anche maggiori probabilità di malattie mentali. Il cervello femminile è estremamente equilibrato, ed esclude in gran parte le deviazioni dalla norma. Questo porta una maggiore prevedibilità dei risultati: una bambina ha minori possibilità di sviluppare patologie mentali rispetto a un suo coetaneo. Non è quindi un caso che i serial killer siano al 99% uomini. La componente aggressiva maggiore ha di certo la sua parte, ma anche l’instabilità del cervello maschile ne ha una buona responsabilità.

Tradotto: è più facile vedere geni assoluti ma anche dementi totali tra gli uomini rispetto alle donne. Il cervello maschile è dotato di una maggiore flessibilità, perché gli uomini sono sempre stati sacrificabili. Perdere un uomo, qualche decina di migliaia di anni fa, non era un dramma. Perdere una donna era una tragedia per la tribù!

Spieghiamo bene questo concetto. Un uomo serviva alla difesa e alla battaglia. Era ovvio aspettarsi che si ferisse o che morisse. Una donna serviva a migliaia di cose: allevamento della prole, gestione dei rapporti familiari, relazioni con gli altri, costruzione di strumenti, depositarie della saggezza popolare, rapporto con gli spiriti e le divinità. La prima causa di morte femminile era il parto. Perdere una donna era una vera tragedia.

Per fare in modo che ciò si verificasse il meno possibile, gli uomini furono adattati al rischio, al punto da cercarlo attivamente. Sono per questo portati all’esplorazione, allo sperimentare cose rischiose e in definitiva, all’inventare nuove cose. Quanti uomini siano morti per addomesticare il fuoco e gli animali non lo sappiamo, ma è facile ipotizzare che siano stati migliaia.

Il prezzo da pagare è che il cervello maschile, tanto adattabile, è anche soggetto alla follia, alle psicopatologie, alla stupidità molto più frequentemente di quello femminile.

Se ne può avere una semplice prova in qualsiasi scuola, dove pressoché sempre spiccano maggiormente le ragazze rispetto ai ragazzi. Non si tratta di un caso, il cervello femminile è semplicemente più abile nello studio. Risulta però meno soggetto al rischio e alle “deviazioni dalla norma”, motivo per cui tante donne brillanti a scuola finiscano per essere superate nelle attività lavorative dai colleghi più “asini” ma anche più sfacciati e per molti versi incoscienti.


Sesso debole nel mondo moderno

Siamo inoltre giunti al ribaltamento avvenuto millenni fa. I primi strumenti hanno privato le donne delle loro capacità, gli ultimi adattamenti culturali hanno privato gli uomini, cosa che fa preferire ai nostalgici il ritorno “ai bei tempi”, in cui gli uomini lavoravano e le donne stavano in casa.

Vediamo di capirci meglio.

Gli adattamenti principali maschili riguardano la caccia e la difesa. Gli uomini sono più bravi nelle donne in:



ricerca delle tracce
imitazione dei versi degli uccelli
riconoscimento dei versi degli animali
mirare e colpire un bersaglio.

Le donne risultano più brave in:



gestione dei piccoli spazi
comunicazione con gli esseri umani
empatia con le altre creature.

uomo cerca nel frigo

Possibile che non si trovi mai la maionese?


Risulta evidente che le donne sono più brave a vivere in città, in piccole case, a contatto con molti umani e con spazi ristretti. Il problema dell’uomo è trovare le calze nel cassetto o il latte nel frigo, il problema della donna è vivere con uomini incapaci di trovare queste cose.


Grazie alle pistole la forza muscolare non conta più nulla – vero, mirare rimane una qualità maschile, ma quando ci si


trova davanti a qualcuno armato di mitragliatore conta ben poco – e con i nuovi mezzi di comunicazione la connessione con gli altri è fondamentale, e in questo gli uomini sono semplicemente sprovvisti delle giuste attrezzature.

Il cervello maschile non è fatto per comunicare tanto bene quanto quello femminile. Le statistiche su dislessia e balbuzie lo dicono molto evidentemente: su 100 persone affette da questi due disturbi, circa il 90% è maschile. Questo perché nella donna i due emisferi cerebrali sono entrambi adattati alla comunicazione, nel maschio è solo uno. Se quindi si ha un disturbo, in una femmina è compensato dall’altro emisfero. In un maschio non c’è alcuna compensazione.



Problema dell’uomo: trovare il latte in frigo. Problema della donna: vivere con uomini così.
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Veniamo a un punto fondamentale, ora. Vero, le donne vivono di più e sono più stabili, ma la loro forza rimane minore. Quella relativa alla potenza senza dubbio, ma la resistenza? Quella è un altro paio di maniche. Il corpo femminile è in grado, data la sua lunga evoluzione di raccoglitrice e allevatrice, di sostenere senza troppi sforzi un peso mediamente leggero, come 3-4 kg, per un tempo molto maggiore di un uomo. Ovvio: le donne per centinaia di migliaia di anni hanno trasportato ovunque pargoli e raccolto verdura. Gli uomini viceversa possono trasportare meglio un grosso carico ma solo per brevi distanze, come una preda tipo un cervo, che doveva essere portato sulle spalle dal luogo di caccia a casa.

I muscoli femminili, quindi, sono più “densi” di quelli maschili. Ciò rende le donne resistenti e adattabili, e anche qui torniamo alle invenzioni. Oggigiorno è facile dover portare un peso leggero per tutto il giorno, molto meno probabile caricarsi di grossi pesi superiori ai 10-15 kg. Anche qui, gli uomini risultano svantaggiati.


Ovvero: se si fa la gara a chi sposta più peso vincono gli uomini. Se si fa la gara a chi si lava i denti più a lungo, vincono le donne!


Conclusioni

In definitiva, le donne stanno facilmente recuperando oggi il ruolo che le compete, di guida il vero sesso debole - 4408173572_7c0771e676_oe fulcro della società. Rimane un problema: gli uomini sono comunque più aggressivi e violenti, e molto di rado accettano questa nuova tendenza, in cui loro sono lasciati da parte, come avveniva migliaia di anni fa, e interpellati solo per difendere le compagne e la prole dalle minacce. Una sorta di guardie del corpo, dotati talvolta di grande inventiva ma il più delle volte meno intelligenti delle compagne.

Piaccia o meno agli uomini (i dati di femminicidi e violenze sulle donne sono una tragica e incontrovertibile prova del gradimento della nuova società a molti maschi) le cose stanno cambiando. Sono occorsi migliaia di anni, ma per l’evoluzione è appena un battito di ciglia: i ruoli stanno ritornando come un tempo, quando gli uomini erano il vero sesso debole.


Antonio


Per approfondire

Meridda, F.Pandiscia “Il Metodo Anticorna“.


S. Pinker, “Il paradosso dei sessi”

I. Eibl-Eibesfeldt “Etologia umana”

A. & B. Pease “Perché gli uomini possono fare una sola cosa per volta e le donne ne fanno troppe tutte insieme?”

S. Feldhahn “Perché gli uomini fanno sesso con il lavoro e le donne se ne innamorano”



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L'autore: Antonio Meridda

ritrattoAntonio Meridda è laureato in scienze naturali, con master in etologia e in giornalismo scientifico. Formatore ed esperto di linguaggio del corpo ha ottenuto le certificazioni F.A.C.S. (Facial Action Coding System) e B.C.E. (Body Coding System) ed è autore di numerosi libri e videocorsi sull'argomento. Iscriviti alla sua newsletter per leggere i suoi articoli e imparare tutto su come gestire la coppia.


 



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Sesso debole e sesso forte: qual è il tuo?

Antonio Meridda

Antonio Meridda - Scrittore, autore di "Prova a mentirmi"

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Published on August 30, 2018 01:00

August 22, 2018

Sesso, amore e riproduzione

Sesso, amore e riproduzione

Antonio Meridda


Parliamo in questo articolo di un punto molto importante e di sicuro interessante: il sesso per la nostra specie.

Indubbiamente, lo scopo riproduttivo è il principale scopo per cui esiste, e per la maggior parte delle specie è anche l’unico scopo. Così non è, però, per noi. Elenchiamo alcuni dei motivi che ci fanno capire perché non è così e perché invece è tanto importante nella nostra vita di tutti i giorni.

Per prima cosa andremo ad analizzare quindi l’evoluzione della nostra razza in questo senso. Parliamo subito delle differenze più eclatanti rispetto ai nostri cugini più prossimi, le altre scimmie.


Sesso e tempistica: il periodo di calore

Il sesso non è solo riproduzione!


In tutte le altre specie esistono dei periodi di riproduzione evidenti. Anche quando si hanno periodi molto frequenti, come nel caso dello scimpanzé e del bonobo, sono sempre “segnalati” dalla femmina. Per tutti i primati, noi compresi, il segnale sessuale più forte è dato dalle natiche. Ma, mentre nelle altre scimmie diventano rosse o cambiano dimensioni durante i giorni fertili, nulla di simile avviene nella donna umana. Si è dibattuto tanto sul perché. Che scopo ha nascondere un segnale tanto importante? La prima motivazione che si è pensata è che, mancando un segnale esterno, un uomo a differenza di un macaco non saprà mai se la femmina in questione è fertile o meno. Il fatto è che spesso neppure la femmina lo sa! Molte donne non sono certe o comunque non al 100% dei propri giorni più fertili o meno, tanto che si affidano a misuratori ormonali per sapere con sicurezza se un giorno è “pericoloso” o meno. Perché accade? Si pensa che il motivo sia la probabile violenza maschile. Ovvero: se una donna sapesse che un giorno è fertile o meno, un uomo “furbone” potrebbe costringerla a fare sesso quel giorno se volesse un figlio o un altro giorno se volesse evitarlo. Non avendo modo di scoprirlo, l’unica scelta che gli resta è restare con lei. Insomma, questo trucco biologico ha lo scopo di mantenere unita la coppia più a lungo.


Sesso e durata: quanto dura il far l’amore

Non si dice a caso “far l’amore”!


Un rapporto sessuale umano è enormemente lungo se paragonato a quello dei nostri parenti pelosi. Un babbuino monta la femmina in circa 8 secondi, e i gorilla non ci mettono molto di più. Per gli esseri umani, eccetto casi medici, questo tempo è impossibile, e occorrono invece molti minuti. Anche qui ci si potrebbe chiedere il motivo. Lo scopo non è la riproduzione? Se così fosse, basterebbe il tempo del babbuino. La durata di un rapporto tanto lungo ha invece effetti secondari molto importanti anche se non per avere figli. Prima di tutto permette appunto di stare uniti a lungo, spesso guardandosi negli occhi e quindi “approfondendo” il rapporto anche sul piano emotivo. Poi, così facendo, entrambi i partner ricevono piacere. Infatti il piacere diventa il fulcro del sesso, anziché l’effetto secondario com’è in altre specie.


Sesso e piacere: l’orgasmo femminile

Nessuna femmina di scimmia eccetto appunto nella specie umana ha un orgasmo durante il rapporto. Sarebbe anche difficile in così pochi secondi, ma non impossibile (le coniglie non hanno problemi, eppure si sa quanto è rapido il rapporto con i maschi). Prolungando il sesso però è possibile ottenere un effetto similare per certi aspetti a quello che prova il maschio. Se il sesso avesse solo funzione riproduttiva questa funzione non ci sarebbe.


Sesso e segnali: sempre presenti!

Il corpo femminile è per l’uomo un “attivatore” sessuale potentissimo. Tutti i primati sono animali visivi, noi inclusi, quindi l’aspetto eccitante primario è ciò che vedono. Per le altre scimmie però questi segnali si “attivano” solo quando la femmina è nel periodo “giusto”. In questo caso le natiche femminili diventano rosse o ci sono comunque altri segnali simili. Nella nostra specie questi segnali sono sempre attivi, anche se la donna non è in quel momento fertile. Lo stesso ovviamente vale per i maschi, anche se in questo caso i segnali visivi aiutano ma da soli difficilmente bastano per generare un’attrazione tale da fare sesso.


Sesso e mente: il senso del pudore

Questo meccanismo non avrebbe senso alcuno se il sesso fosse solo una questione riproduttiva. Tutti gli esseri umani hanno questo concetto, anche se chiaramente è influenzato dalla cultura di appartenenza. Per alcuni popoli, che abitano luoghi caldi, non è vergognoso girare con pochissimi abiti addosso, mentre per la nostra cultura le cose sono diverse. Ma anche nei popoli più “nudisti” esistono sempre delle forme di copertura collegate al pudore. Gli unici a non avere questo sentimento sono i bambini piccoli, il cui cervello è ancora in una fase pre-sessuale, e i nudisti che però non sono bene accetti in nessuna comunità, proprio perché violano uno dei concetti più condivisi ed elementari della nostra specie. Lo scopo del senso del pudore è quello di non essere sempre disponibili e pronti per accoppiarsi con chiunque e sempre. Tra gli altri animali non si ha questo meccanismo per diversi motivi. il primo è che la nostra razza, essendo bipede, espone sempre i propri attributi agli altri, mentre gli altri animali lo fanno molto più di rado. Il secondo è che il loro periodo riproduttivo è regolato da altri segnali, mentre in noi la prima molla è visiva e sempre presente. Il terzo motivo è dato dalla nostra eccessiva curiosità. Senza senso del pudore presumibilmente faremmo sesso con chiunque, giusto per provare come va. Questo ci esporrebbe a pericoli enormi, sia di tipo igienico che di gestione della società. Si è quindi sviluppato un concetto mentale, che non è insegnato ma che SI SVILUPPA SEMPRE in TUTTI gli esseri umani, per proteggere da comportamenti pericolosi. Si tratta cioè di un’evoluzione e di un adattamento vero e proprio, come l’avere 5 dita nelle mani.


Sesso e meccanica: pene senza ossa

Tutte le scimmie hanno un osso nel pene. Questo permette al maschio di accoppiarsi con qualsiasi femmina senza avere particolare attrazione per lei. Per la razza umana non è così, come si sa il pene deve ricevere i segnali giusti dal cervello per attivarsi e avere un’erezione. Questo fenomeno fa in modo che gli uomini siano molto più eccitabili di tutti gli altri maschi primati.


Sesso e cervello: sviluppo del setto cerebrale

Il setto è una piccola parte del cervello che si attiva in reazione al piacere. La razza umana ha il setto più sviluppato di tutto il mondo animale. Questo fa in modo che ogni sua azione o quasi abbia come fine ultimo la soddisfazione di qualche desiderio. Ciò è molto pericoloso e come tristemente sappiamo ci porta a eccessi talvolta letali per noi o per chi ci sta intorno. Quello che vogliamo sottolineare qui è che il sesso è uno dei cardini intorno a cui si organizza il setto e, di conseguenza, l’intero cervello umano.

In sostanza, chiunque abbia un animale domestico sterilizzato o castrato, se il veterinario è abile e se ha fatto un buon lavoro, sa che il carattere del suddetto compagno peloso non cambierà più di tanto, anzi in alcuni casi è consigliabile per la migliore salute dello stesso. Castrare o sterilizzare un uomo però non è così “semplice”. Un essere umano senza desiderio sessuale diventa apatico e spesso cambia del tutto il proprio carattere e la personalità, perché per noi il sesso non è solo una questione di figli.


Conclusioni

Il sesso per la specie umana ha assunto un significato molto profondo, che va oltre la riproduzione. Riprodursi è un istinto fortissimo, per tutte le creature del pianeta. Per l’essere umano, dati i rischi e i costi che questo comporta, un semplice istinto non sarebbe stato sufficiente. Ecco che quindi la natura sviluppa dei “bonus”, come il piacere e il benessere che deriva dall’atto sessuale. E questi bonus sono così potenti che la stragrande maggior parte degli esseri umani fa sesso col primo fine di soddisfare i bonus anziché riprodursi. Anzi, in molti casi evita volontariamente la riproduzione tramite anticoncezionali.


Probabilmente il meccanismo più interessante che la natura ha sviluppato per rendere il sesso interessante è il sentimento di amore per il partner. Esiste in altre specie, quanto meno così sembra, ma ciò non ne sminuisce l’efficacia. Anzi, in virtù del nostro sviluppatissimo cervello, questo diventa ancora più utile per assicurare la riproduzione tra umani.


Antonio


Per approfondire

J. Diamond, “Perché il sesso è deivertente?

D. Morris, “L’animale donna

Austin e Short “Reproduction in Mammals”

Sillén-Tullberg e Moller “The Relationship between concealed ovulation and mating systems in anthropoid primates: a phylogenetic analysis”

S. Fisher, “L’orgasmo femminile: psicologia, fisiologia, fantasie

S. Tisdale, “Dimmi le parolacce

Pease e Pease, “Perché gli uomini sono fissati con il sesso e le donne sognano l’amore?


 



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L'autore: Antonio Meridda

ritrattoAntonio Meridda è laureato in scienze naturali, con master in etologia e in giornalismo scientifico. Formatore ed esperto di linguaggio del corpo ha ottenuto le certificazioni F.A.C.S. (Facial Action Coding System) e B.C.E. (Body Coding System) ed è autore di numerosi libri e videocorsi sull'argomento. Iscriviti alla sua newsletter per leggere i suoi articoli e imparare tutto su come gestire la coppia.


 



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Antonio Meridda

Antonio Meridda - Scrittore, autore di "Prova a mentirmi"

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Published on August 22, 2018 00:21