Mauro Anelli's Blog: Viaggio nella Narrativa - Posts Tagged "mediocrità"
Come riconoscere un libro di narrativa di qualità da uno mediocre

Ciao a tutti! Eccoci oggi ad affrontare la principale di tutte le questioni moderne sull’editoria di narrativa in Italia e non solo, ciò che ormai neppure i lettori forti sanno più fare: riconoscere, al di là dei gusti personali, un libro di narrativa valido da uno mediocre.
Lo so, detta così sento già le vostre levate di scudi: “Figuriamoci! Ma con chi crede di parlare, questo qua? Leggo più di cento libri all’anno e non saprei distinguere le schifezze dalle opere valide? Ma fammi il piacere!”. Eccetera.
Purtroppo, invece, amici, per molti di noi lettori, anche forti, è proprio così. Ma è solo in parte un nostro limite.
La principale responsabilità della deriva degli ultimi decenni, fatta di mediocrità spacciate per capolavori e di orizzonti da bassoventre, ricade infatti su coloro che hanno ridotto un po’ alla volta il sacro tempio della letteratura, e della narrativa in particolare, a una sorta di mercato delle vacche, dove ormai non conta più la vera qualità del prodotto, ma solo che si venda e a qualsiasi costo. Ricade sui marketing delle case editrici.
A forza di strillare e promuovere ciò che per sua natura è più facilmente vendibile, hanno annichilito gli autori validi e innalzato i mediocri, livellando i gusti e le aspettative dei lettori verso il basso, al punto che oggi un lettore medio tende a far corrispondere ciò che lo soddisfa (e vedremo poi come lo soddisfa) con la qualità di un libro di narrativa, che è tutt’altra cosa.
Esiste invece un parametro unico e universale, sempre applicabile a un’opera di narrativa destinata alle persone adulte (non libri per bambini o ragazzi), sia essa un romanzo o una raccolta di racconti, per valutare, subito dopo averla letta, se si tratta di un’opera valida o di una mediocre.
Su questo punto intendiamoci bene. È ovvio che se un libro di narrativa è scritto male, o non racconta una storia, o non ha saputo interessarvi ed emozionarvi è un libro mediocre. E non avete bisogno di nessun speciale parametro per capirlo: è evidente da sé.
Il problema nasce invece per tutti quei libri scritti "bene" (cioè in modo professionale) e che hanno all’apparenza tutti i requisiti dei libri di narrativa di qualità: raccontano una storia e sono interessanti ed emozionanti.
In questi casi, subito dopo averne terminato la lettura, come facciamo a valutare se si tratta di opere valide o mediocri?
Il parametro per stabilirlo è questo:
UN’OPERA DI NARRATIVA MEDIOCRE PESCA SEMPRE A PIENE MANI DAL TORBIDO.
Al contrario, un’opera di narrativa valida, anche quando tratta del torbido, o di argomenti prossimi al torbido, parla sempre alla parte migliore di noi, vale a dire alla ragione e allo spirito, non alla pancia, e non affonda le mani nel torbido, perché non ha il torbido come suo fine ultimo.
Mi spiego meglio, così ci capiamo.
Che cos’è il “torbido”? È tutto quello che noi esseri umani ci portiamo dentro di peggiore, retaggio sia dell’evoluzione che delle pulsioni e deviazioni personali e sociali. È la parte oscura di noi, che abbiamo tutti, anche se in alcuni è molto limitata e in altri, invece, è addirittura patologica.
Perché un lettore compra e legge un libro di narrativa? A parte la curiosità su alcuni best seller o su particolari argomenti, la maggior parte dei lettori lo fa per “evadere”, per provare emozioni che nella vita di tutti i giorni non prova, non proverebbe mai, o prova in minima misura. Perché viviamo in un’epoca sempre più avara di emozioni.
E per scatenare le emozioni in un lettore è molto più facile pescare a piene mani dal torbido, che parlare alla sua parte più vigile, migliore e intelligente.
Per questo sono così tanti i brutti libri: perché ci sono editori e autori di pochi scrupoli, che per impressionare e vendere pescano di continuo a piene mani dal torbido.
E gli aspetti e i meccanismi del torbido sono i più vari. Qui di seguito riassumo i principali, per non annoiarvi troppo.
1) Buco della serratura: È il voyeurismo del pornografico, del morboso, del macabro, del violento. Lo conosciamo tutti. Per alcuni si limita a una fisiologica curiosità; per altri è una vera malattia.
2) Pornografia dei sentimenti: Situazioni, descrizioni e lessico svenevoli, retorici e strappalacrime per toccare le persone più sensibili con atmosfere struggenti, o attraverso vicende sentimentali o familiari esagerate, con sbandieramento dei sentimenti più intimi.
3) Caccia alle streghe: Sfruttare il naturale bisogno di sicurezza e giustizia delle persone per suscitare e legittimare sentimenti di risentimento, odio e vendetta contro “cattivi” e diversi.
4) Istinto di sopravvivenza: Impressionare il lettore ponendo i soggetti più deboli, come le donne e i bambini, in situazioni estreme di grave pericolo.
5) Sindrome di Peter Pan: Speculare sul fanciullo che c’è in noi riducendo la realtà a fumetto, semplificandola nelle situazioni e nei personaggi, che diventano supereroi del bene e del male, ai quali tutto è possibile.
6) Fenomeni da baraccone: Variante del buco della serratura, che sfrutta morbosamente la diversità (ad esempio albinismo, autismo, ecc.), il mai visto e lo straordinario (abilità strabilianti e mostruosità varie).
7) Effetto sorpresa: Colpi di scena mirabolanti e ingiustificati nei gialli; spaventi gratuiti negli horror/thriller; e, più in generale, nascondere qualcosa al lettore per tirarlo fuori all’improvviso.
8) Giocare al gatto col topo: Sfruttare la naturale curiosità del lettore, tenendolo a lungo sulla corda con contenuti inutili, o incalzandolo con interminabili sequenze di situazioni e indizi, la più parte pretestuosi, che rimandano ad altri situazioni e indizi, in un gioco di continui rilanci, come al poker.
9) Cliché: Infarcire una o più storie di stereotipi, di situazioni molto simili e facilmente riconoscibili, per compiacere i lettori meno critici, più conformisti e seriali.
Tutto questo è il torbido, è pescare dal torbido. È sfruttare le debolezze dell’animo umano per indurre forti e facili emozioni, allo scopo principale di attirare l’attenzione e di vendere, senza altri contenuti. È la caratteristica dei libri mediocri.
La lettura della stragrande maggioranza di questi libri è simile a un giro di giostra al luna park. Provate emozioni immediate e intense perché vengono messi in gioco istinti e paure primordiali. Ma quando scendete dall’ottovolante, che cosa vi resta? Solo il ricordo dell’intensità di queste emozioni e la soddisfazione di esservi messi alla prova. Nient’altro. A parte il rischio di infondervi dentro una sorta di etica alla rovescia, dove l’aberrazione, siccome dà emozioni forti, risulta più interessante della normalità.
Al contrario, i libri più validi, quelli che valgono e restano nel tempo, parlano alla parte migliore di noi, quella meno viscerale e meno impulsiva, non sfruttano le nostre debolezze per emozionarci, e trattano dei migliori aspetti e delle migliori speranze delle persone, sia a livello individuale che nelle relazioni con gli altri, anche quando raccontano il male. E non per questo risultano meno interessanti ed emozionanti. Anzi!
Nei buoni libri, anche quando parlano del male, c’è sempre un limite di rispetto che l’autore sa porsi; sa portare il lettore sull’orlo del baratro del torbido, e glielo fa magari anche intravedere, ma non ce lo butta dentro. Perché non è il torbido la ragione d’essere di quei libri, ma ben altro, di molto più nobile, che l’autore sta esprimendo.
Prendiamo un romanzo come Cuore di tenebra di Conrad, per esempio. Chi può dire che non sia un capolavoro? Parla del male che c’è in noi e nel potere, e ha ispirato un film bello e terribile come Apocalipse Now di Coppola. (Vi ricordate Marlon Brando nel ruolo del colonnello Kurtz? “L’orrore… l’orrore!”). Entrambe le opere, pur mostrando la parte oscura degli uomini, sono valide, perché pescano poco o nulla dal torbido; non usano il torbido fine a se stesso, ma per dire qualcos’altro.Allo stesso modo Il grande Gatsby di Fitzgerald. Anche qui, devo commentare? È il capolavoro di uno dei più grandi scrittori di tutti i tempi. Non parla solo del bene, del sogno d’amore di un uomo, anzi: c’è dentro parecchio male. Ma il bene non è descritto in modo retorico o svenevole; e il male non in modo morboso e fine a se stesso. Perché Fitzgerald non pesca a piene mani dal torbido.
Prendiamo invece un libro come Uomini che odiano le donne di Larsson. Dopo quello che vi ho detto sul torbido, devo commentarlo? Sarà anche (e purtroppo non a caso) un best seller, ma è un libro mediocre, tra i peggiori degli ultimi anni. Riguardate la lista che vi ho fatto e vedrete che pesca a piene mani dal torbido, e c’è poco o nulla d’altro.
E badate bene: non è una questione di genere. Un libro ad esempio dello stesso genere è Il silenzio degli innocenti di Harris, a tutta prima davvero “borderline”, come si direbbe oggi, molto difficile da giudicare, perché è pieno di violenza. Ma a differenza del romanzo di Larsson è un ottimo libro, perché rappresenta mirabilmente la fascinazione del male sul bene (e viceversa), raccontando una sfida (quella tra Clarice e Lecter) che si rivolge prima di tutto alla parte vigile del lettore (la sua intelligenza).
Così come è un ottimo romanzo Io non ho paura di Ammaniti, che invece di usare i bambini per indurre al pietismo, come fanno altri autori, li sa mostrare più forti degli adulti, anche se sempre bersaglio della corruzione dell’innocenza da parte degli stessi adulti (Come Dio comanda, anche se l’altra opera è assai migliore).
Il problema è quando invece si racconta strumentalmente il male in modo morboso solo per emozionare facilmente, o si usano stucchevolmente il bene e tutti gli altri meccanismi del torbido che ho indicato, dicendo poco o nulla di più: allora il risultato sono libri mediocri come ad esempio Angeli e Demoni e 100 colpi di spazzola prima di andare a dormire, oltre alle varie saghe che tra porno, polizieschi vari e vampiri infestano da anni l’editoria, ma anche il cinema e la televisione. Senza dimenticare i libri di autori italiani pseudo-adolescenziali e pseudo-sentimentali, che in questi anni hanno tenuto banco con best seller basati quasi unicamente sulla Sindrome di Peter Pan, destinati ad adulti che si rifiutano di crescere. Sindrome a cui non sono immuni neppure i libri della serie di Montalbano del compianto Camilleri, che sapeva fare molto meglio di così.
Qualcuno, a questo punto, potrebbe obiettarmi che il parametro che ho indicato non è oggettivo ma soggettivo, perché influenzato dalla sensibilità personale del lettore. Amici, non è il parametro a essere influenzato: è il lettore! Perché se il torbido in un libro c’è, e a piene mani, qualcuno ce lo ha messo, e apposta. Dopo ci sono lettori più o meno sensibili al torbido, ma il torbido non è lì per caso. E ben difficilmente troverete in apertura di questi libri una nota dell’autore o dell’editore che vi avvisi, perlomeno, che si tratta di libri sconsigliati alle persone più sensibili: perché il torbido è lì proprio per colpire queste persone.
Concludendo, il parametro è questo. Quando avete appena finito di leggere un libro di narrativa, ma anche mentre lo state leggendo, fatevi questa domanda: “Quest’opera pesca a piene mani dal torbido? Non fa che sfruttare le mie reazioni viscerali, le mie umane debolezze, per emozionarmi?”.
Se pesca a piene mani dal torbido, anche se è scritta bene, anche se vi ha interessato ed emozionato, anche se vi è piaciuta, avete letto un’opera mediocre, confezionata ad arte principalmente per impressionare e vendere facilmente.
Personalmente, da editore di Nuova Narrativa Italiana, io i libri e gli autori che pescano a piene mano dal torbido non li pubblico proprio. E da lettore forte, quando malauguratamente m’imbatto in un libro di questo tipo, e purtroppo ormai sono la maggior parte, mi segno il nome dell’autore e dell’editore e non gli compro più niente. Perché scrivono e pubblicano non per dire qualcosa, ma principalmente per vendere, ed è matematico che la volta successiva mi fregheranno ancora allo stesso modo.
Ma non si tratta purtroppo solo di questo. I brutti libri, oltre a contribuire direttamente a una cultura degenere, sottraggono spazio, tempo e investimenti a libri ben più meritevoli, che non vengono né ricercati, né pubblicati, né promossi, e sono sempre meno scritti. I brutti libri invadono le librerie in centinaia di migliaia di copie, e dall'alto delle classifiche di vendita dettano le mode del momento, al punto che anche chi non vorrebbe leggerli è costretto a farlo, per non essere tagliato fuori dal sentire comune.
Se invece il libro che avete letto non pesca a piene mani dal torbido, ma ha saputo raccontarvi una storia, emozionarvi e interessarvi parlando soprattutto alla vostra ragione e alla vostra anima, allora avete letto un buon libro, e nei casi più fortunati (ma sono davvero rarissimi) un capolavoro.
Dopodiché, intendiamoci: ciascuno fa quello che crede. E se uno vuole continuare a leggere senza capire la qualità di ciò che sta davvero leggendo e cosa c’è dietro o non gliene frega niente, è assolutamente legittimato a farlo. C’è gente che nel torbido ci sguazza, perfino! Con grande gioia e profitto degli autori e degli editori di pochi scrupoli.
Bene. Per oggi mi fermo qui. Mi auguro che nonostante la lunghezza dell’intervento abbiate avuto la pazienza di leggermi fino in fondo, perché è davvero molto importante ritornare tutti a riconoscere le opere di narrativa di vera qualità, nonostante le sirene del mercato.
La prossima settimana, lunedì 21 ottobre, per metterla in positivo, parlerò dei ruoli del triangolo virtuoso lettori-autori-editori, e in particolare di cosa ciascuno dovrebbe idealmente fare, per se stesso e per gli altri, per migliorare questo nostro mondo della narrativa.
Grazie per avermi letto e a presto. Un abbraccio e un saluto a tutti!
Pillola del giorno, dedicata a chi si lamenta sempre dei brutti libri, ma non fa mai niente per evitarli:
“In questi anni ti sei solo pianto addosso prendendotela con gli altri. Rimboccati le maniche e datti da fare! La tua vita è nelle tue mani; tu ne sei l’unico responsabile e la stai sciupando”.
(Vincenzo Datteo, La Rapina del Secolo, Nuova Narrativa Italiana)
Il triangolo virtuoso lettori-autori-editori

Buongiorno a tutti! Rieccoci.
Nell’intervento di oggi, torno a parlare delle figure che compongono il triangolo virtuoso della narrativa, vale a dire lettori, autori ed editori, coloro che i libri li leggono, li scrivono e li fanno.
Ho già scritto in un intervento precedente (se ve lo siete perso, cliccate qui) che negli ultimi decenni in Italia il mercato del libro si è evoluto in direzione opposta a quella del triangolo virtuoso, con un'importanza crescente della promozione e della distribuzione che sono arrivate a pesare sul cartaceo fino al 65% del prezzo di copertina di un libro. Tolti i costi di produzione, che nell’insieme sommano un altro 20%, del prezzo pagato di un libro dai lettori solo le briciole restano in mano ad autori ed editori. O meglio: agli autori normali, non di particolare successo, e agli editori medio-piccoli. Perché gli autori affermati e i grandi editori (che in certi casi controllano i distributori e possiedono proprie librerie di catena) non hanno di questi problemi. I margini, per loro, sono ben più alti.
Il risultato di questa situazione è una progressiva asfissia della piccola editoria indipendente di cultura, quella non omologata, che combatte ogni giorno per sopravvivere e che si sforza di continuo di scoprire nuovi autori originali e opere di qualità, rispetto all’offerta prevalente, che ha un carattere prettamente commerciale.
Ma non solo questo, purtroppo. La dittatura delle mode e del mercato, la rincorsa della vendita e del successo a ogni costo a discapito della qualità, ha innescato negli anni un circolo vizioso all’interno dello stesso triangolo, ormai non più virtuoso, per cui gli stessi lettori, autori ed editori, attraverso alcuni loro comportamenti, continuano progressivamente a cedere pezzi della propria libertà nella narrativa. Gli autori sacrificano fantasia e originalità per compiacere gli editori, i lettori e il mercato nella speranza di chissà quali successi. I lettori si adeguano senza spirito critico alle mode e alla mediocrità delle proposte. Gli editori pubblicano principalmente allo scopo di vendere,
Come si fa a invertire questa deriva? Che cosa dovrebbero fare gli attori del triangolo virtuoso per riprendersi il centro della scena? Come dovrebbero essere un lettore, un autore e un editore davvero liberi?
Partiamo dagli autori, che i libri li scrivono.
Quando ci arriva in redazione un manoscritto di un autore davvero libero, per noi di Nuova Narrativa Italiana è una festa, un evento speciale. Perché un autore libero scrive senza secondi fini, in totale gratuità. Non si cura delle mode, di compiacere i lettori, delle comparsate televisive, di far parlare di sé. Scrive per il solo gusto di inventare, di esprimersi, di comunicare ed emozionare. E quando leggi un libro di un autore davvero libero, te ne accorgi subito, perché la differenza in termini di originalità e fantasia è abissale rispetto alla solita fuffa commerciale omologata.
Un autore davvero libero non scimmiotta nessuno, perché non ne ha bisogno: gli basta essere se stesso. Non infarcisce le sue opere dei meccanismi del torbido (se vi siete persi l'articolo sul “torbido”, cliccate qui), perché non scrive per vendere. È aperto alle critiche e al dialogo con il suo editore, perché sa che qualsiasi opera è sempre migliorabile. È forte e umile al tempo stesso: non si monta la testa per un successo e non è geloso delle sue opere. Perché è libero anche da se stesso, dal proprio ego.
Ma gli autori davvero liberi, oggi, sono una vera rarità. Perché la maggior parte degli autori di narrativa scrive storie già viste e allineate al gusto comune, piene di banalità, stereotipi, mediocrità, provincialismi e trucchi atti a emozionare facilmente, al solo scopo di compiacere, di farsi conoscere e di vendere. E, curiosamente, più la loro opera è mediocre, più ne sono fieri e gelosi, recalcitranti alle modifiche e refrattari a critiche e consigli, prigionieri del proprio ego.
E gli editori? Come dovrebbe essere un editore libero? Un editore davvero libero dovrebbe essere uno specchio per i suoi autori e un filtro per i suoi lettori.
Uno specchio per mostrare agli autori la loro vera faccia e la reale natura delle loro opere, entrando a fondo nei testi, evidenziandone pregi e difetti, e avendo il coraggio di proporre modifiche anche importanti. Un editore deve essere la coscienza critica che troppo spesso manca agli autori.Un filtro per cestinare le opere mediocri e pubblicare solo quelle davvero meritevoli, rifiutandosi di compiacere a tutti i costi i lettori, di rincorrere le mode del momento, perché non è vero che i lettori hanno sempre ragione. Un po’ alla volta, un editore davvero libero, dovrebbe sforzarsi di innalzare la qualità delle proprie pubblicazioni, insieme al gusto e alle aspettative dei propri lettori.
Un editore davvero libero non mira ai best seller, a fare “botti” di vendite spacciando per capolavori opere mediocri: mira, se proprio, ai long seller, a pubblicare quei libri davvero validi che per la loro oggettiva qualità vendono un po’ alla volta e con continuità nel tempo.
Ma gli editori davvero liberi, oggi, sono pochi. E sono al contrario tanti gli editori che in questi anni, pur di sopravvivere e guadagnare, sono scesi ai più biechi compromessi con i dettami del mercato e con la propria coscienza, al punto da operare al contrario: incoraggiare e pubblicare (spesso a pagamento) opere mediocri, senza revisione né editing, così come arrivano da parte degli autori, infarcite di tutto il torbido che serve a vendere e a compiacere i gusti più primitivi di lettori ormai assuefatti al peggio.
Già, i lettori. Che dire allora dei lettori? Come dovrebbe essere un lettore davvero libero?
Prima di tutto, una doverosa premessa. In un paese di individualisti, opportunisti e falsi moralisti come è purtroppo l’Italia, interessato solo ai motori, ai cellulari e al pallone, ai lettori si dovrebbe dare una medaglia, improvvisati o forti che siano e qualsiasi cosa leggano, solo per il fatto che leggono.
Sono i lettori che tengono ancora accesa la fiammella della narrativa in Italia, non certo gli autori e gli editori nostrani, che in questi decenni ne hanno combinate di ogni, con le fanfare dei loro marketing, spacciando per capolavori opere e orizzonti da bassoventre.
Ma certo anche i lettori hanno la loro parte di responsabilità, in particolare nel fidarsi troppo della propaganda e poco della propria testa, dell’apparenza in luogo della sostanza, e nel confondere la qualità col gusto personale.
Un lettore davvero libero dovrebbe invece di continuo sperimentare e confrontare, leggere diversi generi e autori, ignorare le classifiche di vendita dei libri e i soliti nomi, per divertirsi di persona a scovare di costa, negli scaffali delle librerie, quegli autori, quegli editori e quelle storie davvero originali e meritevoli di attenzione. Un lettore davvero libero dovrebbe avere una coscienza critica in continuo movimento ed esercizio.
Bene, amici; per oggi mi fermo qui. La prossima settimana, domenica 27 ottobre, a beneficio dei lettori che vogliono essere davvero liberi, darò una sorta di decalogo, delle linee guida per scegliere con oculatezza e soddisfazione i libri di narrativa che meritano davvero la nostra lettura, evitando di sprecare tempo e denaro in brutti libri.
Ma per ora vi ringrazio di avermi letto. Un abbraccio e un saluto a tutti!
Pillola del giorno, dedicata agli editori senza scrupoli, che fanno a gara nel pubblicare il peggio:
“C’eravamo imbattuti in qualcuno peggiore di noi, che si meritava pertanto il nostro rispetto”.
(Mauro Anelli, Gli efferati, Nuova Narrativa Italiana)
Come scegliere un libro di narrativa

Ciao a tutti! Rieccoci a parlare insieme di narrativa.
Come ho promesso la settimana scorsa, cercherò in questo intervento di dare una sorta di decalogo, delle linee guida destinate ai lettori, e in particolare ai lettori forti, per la scelta dei libri di narrativa tra le migliaia di proposte che ogni mese invadono le librerie e i megastore on line.
Premetto che si tratta di consigli generali, maturati attraverso la mia esperienza di lettore forte e di editore, che vanno però personalizzati da ciascuno in funzione dei propri gusti. Perché, specie se si dispone di un budget limitato da destinare alla lettura, avere un minimo di criterio nelle scelte ci aiuta a leggere libri davvero validi e a evitare di sprecare tempo e soldi in brutti libri.
Vediamo perciò quali sono gli errori più comuni da evitare e le prassi migliori da seguire per scegliere con oculatezza e soddisfazione i libri che meritano davvero la nostra lettura.
1) Non acquistare mai un libro di narrativa basandosi solo sul suo confezionamento, vale a dire in base al supporto (cartaceo o elettronico), al titolo, alla copertina, alla rilegatura, ecc.. Ne ho già parlato in un intervento precedente (se ve lo siete perso, cliccate qui), ma lo ribadisco. L’essenza di un’opera di narrativa è il pensiero e il contenuto che vi stanno dentro e che dentro vi metterete leggendola. Al contrario, il confezionamento dei libri è insieme alla pubblicità il mezzo attraverso il quale i marketing delle case editrici tendono a piazzare opere molto spesso mediocri. Più una copertina vi intriga e più un titolo vi suona accattivante, più è probabile che nascondano una fregatura.
2) Non acquistare mai un best seller, e, se proprio, leggerlo almeno un anno dopo la sua uscita. I best seller, come dice il termine stesso, sono libri prettamente commerciali, quasi sempre scritti e pubblicati solo per vendere, che nella stragrande maggioranza dei casi devono il loro successo non alla qualità della narrativa, ma allo sfruttamento di nostre umane debolezze, ai meccanismi del “torbido” di cui ho parlato in un mio intervento precedente (se ve lo siete perso, cliccate qui). Se vi volete bene, statene alla larga. Ma mi rendo conto che non è facile: tutti intorno a voi ne parlano, come fate a non leggerli? La cosa migliore è prenotarli in una biblioteca, così non buttate i vostri soldi, non contribuite alla diffusione di brutti libri, e li leggete con maggiore obiettività e senso critico quando l’onda emozionale e pubblicitaria si è finalmente placata.
3) Non fissarsi su un solo genere e sulle opere di uno stesso autore, ma, al contrario, cercare di spaziare su più generi e autori senza preconcetti, di ampliare orizzonti e senso critico, perché la narrativa è prima di tutto invenzione e fantasia. Lo dico soprattutto a beneficio di quei lettori, e sono tanti, che si fanno quasi un vanto del leggere tutte le opere di un particolare autore, e così, se gli va bene, leggono un capolavoro e venti o più opere mediocri. E ci sono autori ed editori che su questo hanno costruito intere fortune.
4) Leggere, di un autore, solo i capolavori di quell’autore. Questa sembrerebbe una banalità, ma non lo è, e la spiego meglio con un esempio tratto dalle arti visive. Quali sono i capolavori di Renoir? Lo sanno tutti: il Ballo al Moulin de la Galette e La colazione dei canottieri. Perché sono dei capolavori? Perché, se fossero battuti all’asta, raggiungerebbero cifre iperboliche rispetto ad altri quadri dello stesso artista? La risposta è questa: perché in questi due quadri sono riassunte e sviluppate al meglio tutte le tematiche più importanti e caratteristiche di Renoir, sono come dei manifesti della sua arte. Tornando alla narrativa, funziona allo stesso modo. C’è chi sostiene che un autore, in realtà, scriva sempre lo stesso libro, perché i temi che un autore tende a trattare, che gli sono cari, sono quasi sempre gli stessi. È vero, ma non è lo stesso il risultato. I capolavori di un autore di narrativa, le sue opere migliori, sono quelli in cui un autore ha espresso al meglio i temi di cui tratta, e sono questi i libri da leggere. Certo, per i classici sapere quali sono di un autore i capolavori è più facile, perché la selezione l’ha già fatta per noi il tempo. Ma per i contemporanei non è poi così difficile: di solito bastano un paio d’anni se non addirittura pochi mesi, e dei libri che non meritano non se ne sente più parlare, o se ne parla infinitamente di meno che ai tempi della loro prima uscita. A poco a poco vengono dimenticati.
5) Allenare il senso critico e non confondere la qualità narrativa con ciò che ci piace. Ciò che ci piace, purtroppo, sempre più spesso, è frutto di condizionamenti esterni, del senso comune e delle mode. Ma al di là di questo è importante allenarsi a valutare la qualità oggettiva di ciò che si è letto, per evitare di incorrere in fregature in serie, cioè di leggere continuamente brutti libri senza neppure accorgersene. Il metodo per fare questo l’ho già descritto in uno dei miei post precedenti, quello sul “torbido” infilato apposta nei libri da certi autori e certi editori per aumentare le vendite. Se ve lo siete perso, cliccate qui.
6) Non assumere il marchio di un grande editore come garanzia di qualità a priori. Questo, in Italia, ha fatto la fortuna dei grandi marchi editoriali, mortificando le piccole case editrici. Ma il mestiere di editore, come si faceva una volta, che privilegiava la passione e la qualità, oggi quasi non esiste più, specie per chi deve far quadrare grossi bilanci: per i grandi gruppi editoriali oggi contano soprattutto i dati di vendita. Perciò, non comprate a priori un libro perché è pubblicato da un grande editore; e comunque, se lo fate, tenete sempre alta la vostra coscienza critica, e se vi frega vendendovi delle mediocrità, sperimentate altro.
7) Mettere alla prova le piccole case editrici che non pubblicano a pagamento. Sono le poche case editrici che pubblicano ancora per passione e pochi libri all’anno, spesso curati in modo maniacale. Faticate a trovarle il libreria, perché per i distributori sono solo una seccatura, e a volte pubblicano solo e-book. Ma sono le sole che continuano a prediligere la qualità, che fanno di continuo scouting sugli autori, che propongono esordienti veraci e originali, non omologati alle mode e al mercato. Date loro una possibilità; se poi vi fregano, le dimenticate. Ma difficilmente vi fregheranno.
8) Non acquistare libri di narrativa pubblicati in self-publishing. Si tratta, per lo più, delle opere prime di autori disperati o smodatamente ambiziosi, che non hanno trovato un editore disposto a pubblicarli. Queste opere non passano prima quasi mai attraverso il filtro di un editing professionale, e contengono ingenuità, mediocrità e situazioni autoreferenziali tipiche di autori che non hanno avuto la possibilità di confrontarsi con una controparte obiettiva e competente. Sono quasi sempre soldi e tempo buttati.
9) Informarsi sui libri da più fonti, ma diffidare delle recensioni compiacenti. Nell’era di Internet, non è poi così difficile documentarsi. Ma, al solito, là dove trionfano le vendite e i toni trionfalistici, dai quali non sono immuni anche i social, è bene fare attenzione. Ci sono falsi lettori e critici ricompensati in vario modo per le loro recensioni. Ma non c’è niente di meglio che affidarsi alla nostra testa in piena autonomia per scegliere un libro: magari sbaglieremo, all’inizio; ma, almeno, non come sbagliano tutti.
10) Piantiamola con l’esterofilia! Gli autori italiani scrivono bene quanto quelli stranieri, e hanno il vantaggio di esprimersi direttamente nella nostra lingua. Certo, scoprirli costa tempo e fatica, per questo li trovate poco nelle librerie, a parte i soliti noti, spesso personaggi televisivi, perché i grandi gruppi editoriali tendono ad andare sul sicuro, pubblicando stranieri già di successo altrove: tanto le traduzioni le paghiamo noi lettori sul prezzo di copertina. Il pregiudizio sugli autori italiani deve finire.
Bene, per ora mi fermo qui, e mi auguro, con questo primo ciclo di articoli sul mio blog, di essere stato di aiuto ai tanti lettori che non ne possono ormai più della solita minestra riscaldata, ma vorrebbero finalmente leggere storie originali, emozionanti e diverse, in grado di farli nuovamente sognare, lontane dai soliti cliché. E d'aiuto anche agli autori e agli editori italiani perché tornino a scrivere e a pubblicare queste storie, privilegiando di più i contenuti delle vendite.
Grazie come sempre per avermi letto e a presto. Un abbraccio e un saluto a tutti!
Mauro Anelli.Pillola del giorno, sugli autori validi e di qualità, che i lettori pigri faticano a scoprire:
“Pensò alla possibilità di un mondo nascosto parallelo, alla presenza di cose ed entità che non ci è dato vedere e percepire, accessibili solo ad altri sensi o a particolari condizioni”.
(Enrico Rolli, Musica sull’acqua, Nuova Narrativa Italiana)
Viaggio nella Narrativa
Il blog di un autore, editore e lettore forte, libero e indipendente, dove troverete trattati senza remore né censure argomenti del tutto fuori dal coro del mercato italiano della narrativa, quali:
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