Valentina Bellucci's Blog, page 4

January 23, 2018

Forse un giorno, di Colleen Hoover [RECENSIONE] ☆☆☆


Sydney Blake ha una vita invidiabile: sogna di diventare un'insegnante di musica, frequenta il college, è innamorata di Hunter, il suo meraviglioso ragazzo, e convive con la sua migliore amica Tori. Eppure tutto sembra andare in frantumi quando scopre che Hunter la tradisce proprio con lei. Mentre cerca di rimettere insieme i tasselli della propria esistenza, Sydney capisce di essere attratta da Ridge Lawson, il suo misterioso vicino di casa. Non può staccargli gli occhi di dosso e non può fare a meno di starsene ad ascoltarlo mentre suona la chitarra sul balcone della sua stanza. La sua musica le regala armonia e vibrazioni. E anche Ridge, malgrado il carattere schivo, non può far finta di ignorare che c'è qualcosa in Sydney: avrà finalmente trovato la sua musa? 

Parto dal fatto che non sono una divoratrice di romanzi New Adult, preferisco gli YA, quindi non sono neanche così ferrata in materia, forse di un genere dovremmo saperne di più prima di avanzare giudizi e pareri, o forse non serve a granché e basterebbe trascrivere ciò che il romanzo ci ha trasmesso. Ecco, se partissi da questo presupposto, non avrei molti argomenti di cui parlare. È il primo romanzo di Colleen Hoover che leggo e nonostante tutti parlino molto bene di questa autrice, mi devo in qualche modo dissociare da questo pensiero e, credetemi, mi dispiace, mi dispiace veramente. Soprattutto mi dispiace perché questa scrittrice ha talento, di quello da vendere, scrive davvero molto bene e la sua scrittura mi è piaciuta un sacco. Purtroppo non posso dire la stessa cosa della storia, che mi sa di già sentita, di ripetitiva, di poco costruttiva ed originale; e il fatto che uno dei due protagonisti sia un musicista ne è un'ulteriore conferma. Sembra che tra i New Adult spopolino protagonisti maschili ben agiati, presuntuosi, belli e dannati, oppure l'altra versione: i musicisti dal cuore tenero, i classici bravi ragazzi. Per entrambe le due categorie però: divinamente belli da togliere il fiato.
Il fatto che non ami molto etichettare un certo tipo di protagonista certo non mi vieta di farlo, e il punto è che questo genere di protagonista maschile appartiene a un target oramai schematizzato. So a prescindere che se leggo un rosa la storia deve finire bene, avere il così detto lieto fine, ma non per questo deve avere i soliti protagonisti (fisicamente parlando) mozzafiato, romanticoni dal cuore tenero. In certi libri si parla solo di amore verso l'altra persona: perché sono belli gli occhi, perché quello sguardo rapisce, perché regala belle sensazioni, perché la linea delle labbra è perfetta, perché l'unico interesse è guardare l'altra persona. Stop. Il romanzo finisce lì.
L'unica cosa che lo fa andare avanti sono eventi che accadono indipendentemente da loro. Sono situazioni che si svolgono fuori dalla storia, ma che in qualche modo vanno a incidere sul loro amore. Una specie di favola Disney.
In pratica un amore perfetto con protagonisti perfetti. Molti libri ormai sono così, quasi fossero scritti con uno stampino: tutti uguali. Ma quello che ho capito dei miei gusti personali è che non amo molto la perfezione. Amo di più le cose imperfette, le cose fatte male, quelle a cui nessuno fa caso, quelle che sono come una cometa: durano poco, ma sono bellissime. Amo il particolare, il differente, quello che emerge. Amo i protagonisti normali, che fanno cose straordinarie.

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Published on January 23, 2018 11:21

Forse un giorno, di Colleen Hoover [RECENSIONE]


Sydney Blake ha una vita invidiabile: sogna di diventare un'insegnante di musica, frequenta il college, è innamorata di Hunter, il suo meraviglioso ragazzo, e convive con la sua migliore amica Tori. Eppure tutto sembra andare in frantumi quando scopre che Hunter la tradisce proprio con lei. Mentre cerca di rimettere insieme i tasselli della propria esistenza, Sydney capisce di essere attratta da Ridge Lawson, il suo misterioso vicino di casa. Non può staccargli gli occhi di dosso e non può fare a meno di starsene ad ascoltarlo mentre suona la chitarra sul balcone della sua stanza. La sua musica le regala armonia e vibrazioni. E anche Ridge, malgrado il carattere schivo, non può far finta di ignorare che c'è qualcosa in Sydney: avrà finalmente trovato la sua musa? 

Parto dal fatto che non sono una divoratrice di romanzi New Adult, preferisco gli YA, quindi non sono neanche così ferrata in materia, forse di un genere dovremmo saperne di più prima di avanzare giudizi e pareri, o forse non serve a granché e basterebbe trascrivere ciò che il romanzo ci ha trasmesso. Ecco, se partissi da questo presupposto, non avrei molti argomenti di cui parlare. È il primo romanzo di Colleen Hoover che leggo e nonostante tutti parlino molto bene di questa autrice, mi devo in qualche modo dissociare da questo pensiero e, credetemi, mi dispiace, mi dispiace veramente. Soprattutto mi dispiace perché questa scrittrice ha talento, di quello da vendere, scrive davvero molto bene e la sua scrittura mi è piaciuta un sacco. Purtroppo non posso dire la stessa cosa della storia, che mi sa di già sentita, di ripetitiva, di poco costruttiva ed originale; e il fatto che uno dei due protagonisti sia un musicista ne è un'ulteriore conferma. Sembra che tra i New Adult spopolino protagonisti maschili ben agiati, presuntuosi, belli e dannati, oppure l'altra versione: i musicisti dal cuore tenero, i classici bravi ragazzi. Per entrambe le due categorie però: divinamente belli da togliere il fiato.
Il fatto che non ami molto etichettare un certo tipo di protagonista certo non mi vieta di farlo, e il punto è che questo genere di protagonista maschile appartiene a un target oramai schematizzato. So a prescindere che se leggo un rosa la storia deve finire bene, avere il così detto lieto fine, ma non per questo deve avere i soliti protagonisti (fisicamente parlando) mozzafiato, romanticoni dal cuore tenero. In certi libri si parla solo di amore verso l'altra persona: perché sono belli gli occhi, perché quello sguardo rapisce, perché regala belle sensazioni, perché la linea delle labbra è perfetta, perché l'unico interesse è guardare l'altra persona. Stop. Il romanzo finisce lì.
L'unica cosa che lo fa andare avanti sono eventi che accadono indipendentemente da loro. Sono situazioni che si svolgono fuori dalla storia, ma che in qualche modo vanno a incidere sul loro amore. Una specie di favola Disney.
In pratica un amore perfetto con protagonisti perfetti. Molti libri ormai sono così, quasi fossero scritti con uno stampino: tutti uguali. Ma quello che ho capito dei miei gusti personali è che non amo molto la perfezione. Amo di più le cose imperfette, le cose fatte male, quelle a cui nessuno fa caso, quelle che sono come una cometa: durano poco, ma sono bellissime. Amo il particolare, il differente, quello che emerge. Amo i protagonisti normali, che fanno cose straordinarie.

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Published on January 23, 2018 11:21

January 13, 2018

Tartarughe all'infinito, John Green [RECENSIONE] ☆☆☆



"Quella è Tau Ceti. È a dodici anni luce di distanza, simile al nostro Sole ma un po' più piccola. Due dei suoi pianeti potrebbero essere abitabili... Probabilmente no, ma chi lo sa. Mi piace guardarla e pensare a come appare la luce del Sole a qualcuno del sistema solare di Tau Ceti. In questo momento vedono la nostra luce di dodici anni fa".
John Green è un autore che riesce a scrivere le storie più assurde come se fossero vere, reali. Come se esistessero già da qualche altra parte, prima che nella sua testa. E una parte di me sa che non è così, che non sono vere. Ma l'altra parte sa che invece lo sono. Ed è per questo che amo e odio le sue storie. Esattamente come Tartarughe all'infinito, una storia che non sai se amare o meno, una storia che lascia in sospeso molte domande e che apre molte altre porte. Una storia così assurda da essere inverosimile e che lascia un po' l'amaro in bocca.
"Sono tartarughe all'infinito".
"Sono tartarughe all'infinito, cazzo Holmesy. Tu stai cercando di trovare la tartaruga alla base della pila, ma non è così che funziona".
"Perché sono tartarughe all'infinito".
È un mondo particolare quello dove vive la sedicenne Aza Holmes, un mondo solo suo, fatto di paure, tremori incontrollabili, ossessioni pure. Quello che a tutti sembra facile, per lei rappresenta un ostacolo insormontabile. Giocare a pallone, sedersi a mensa, rendersi parte di una conversazione, poter vivere un momento senza pensare alla morte, alla distruzione, all'incapacità di poter essere se stessa.
Milioni di batteri invadono il suo corpo, la rendono vulnerabile, fragile, ossessionata, maniaca del controllo, terrorizzata dalla morte. Quello che però non comprende è che la morte è già dentro di lei, con le sembianze della paura, la consapevolezza di non riuscire, il dolore di non avere modo di fare diversamente. L'orrore di scoprire di essere un giocattolo in mano al destino, ai batteri, alla vita che gioca con lei come vuole. Di non poter avere in mano le redini della situazione.
Fra tutti i libri che ho letto di John Green, questo non è uno di quelli che ho amato di più, tuttavia continuo a pensare alle tartarughe all'infinito, e questo qualcosa vorrà dire. La Terra come una distesa piatta poggiata su una tartaruga gigante, che poggia anche lei su una tartaruga gigante, perché sono tartarughe all'infinito, e anche se non è vero, a volte mi sento un po' così, come se non ci fosse niente alla base della vita stessa, ma siamo fatti solo per andare avanti.
Un po' come si sente Aza Holmes, nelle mani del destino, preda dei suoi stessi batteri, il suo corpo visto come una sorta di incubatrice batteriologica, una bomba pronta ad esplodere.
TRAMA
Indagare sulla misteriosa scomparsa del miliardario Russell Pickett non rientrava certo tra i piani della sedicenne Aza, ma in gioco c'è una ricompensa di centomila dollari e Daisy, Miglior e Più Intrepida Amica da sempre, è decisa a non farsela scappare. Punto di partenza delle indagini diventa il figlio di Pickett, Davis, che Aza un tempo conosceva ma che, pur abitando a una manciata di chilometri, è incastrato in una vita lontana anni luce dalla sua. E incastrata in fondo si sente anche Aza, che cerca con tutte le forze di essere una buona figlia, una buona amica, una buona studentessa e di venire a patti con le spire ogni giorno più strette dei suoi pensieri. Nel suo tanto atteso ritorno, John Green, l'amatissimo, pluripremiato autore di Cercando Alaska e Colpa delle stelle, ci racconta la storia di Aza con una lucidità dirompente e coraggiosa, in un romanzo che parla di amore, di resilienza e della forza inarrestabile dell'amicizia.

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Published on January 13, 2018 10:53

Tartarughe all'infinito, John Green [RECENSIONE]


"Quella è Tau Ceti. È a dodici anni luce di distanza, simile al nostro Sole ma un po' più piccola. Due dei suoi pianeti potrebbero essere abitabili... Probabilmente no, ma chi lo sa. Mi piace guardarla e pensare a come appare la luce del Sole a qualcuno del sistema solare di Tau Ceti. In questo momento vedono la nostra luce di dodici anni fa".

John Green è un autore che riesce a scrivere le storie più assurde come se fossero vere, reali. Come se esistessero già da qualche altra parte, prima che nella sua testa. E una parte di me sa che non è così, che non sono vere. Ma l'altra parte sa che invece lo sono. Ed è per questo che amo e odio le sue storie. Esattamente come Tartarughe all'infinito, una storia che non sai se amare o meno, una storia che lascia in sospeso molte domande e che apre molte altre porte. Una storia così assurda da essere inverosimile e che lascia un po' l'amaro in bocca.
"Sono tartarughe all'infinito".
"Sono tartarughe all'infinito, cazzo Holmesy. Tu stai cercando di trovare la tartaruga alla base della pila, ma non è così che funziona".
"Perché sono tartarughe all'infinito".
È un mondo particolare quello dove vive la sedicenne Aza Holmes, un mondo solo suo, fatto di paure, tremori incontrollabili, ossessioni pure. Quello che a tutti sembra facile, per lei rappresenta un ostacolo insormontabile. Giocare a pallone, sedersi a mensa, rendersi parte di una conversazione, poter vivere un momento senza pensare alla morte, alla distruzione, all'incapacità di poter essere se stessa.
Milioni di batteri invadono il suo corpo, la rendono vulnerabile, fragile, ossessionata, maniaca del controllo, terrorizzata dalla morte. Quello che però non comprende è che la morte è già dentro di lei, con le sembianze della paura, la consapevolezza di non riuscire, il dolore di non avere modo di fare diversamente. L'orrore di scoprire di essere un giocattolo in mano al destino, ai batteri, alla vita che gioca con lei come vuole. Di non poter avere in mano le redini della situazione.
Fra tutti i libri che ho letto di John Green, questo non è uno di quelli che ho amato di più, tuttavia continuo a pensare alle tartarughe all'infinito, e questo qualcosa vorrà dire. La Terra come una distesa piatta poggiata su una tartaruga gigante, che poggia anche lei su una tartaruga gigante, perché sono tartarughe all'infinito, e anche se non è vero, a volte mi sento un po' così, come se non ci fosse niente alla base della vita stessa, ma siamo fatti solo per andare avanti.
Un po' come si sente Aza Holmes, nelle mani del destino, preda dei suoi stessi batteri, il suo corpo visto come una sorta di incubatrice batteriologica, una bomba pronta ad esplodere.
TRAMA
Indagare sulla misteriosa scomparsa del miliardario Russell Pickett non rientrava certo tra i piani della sedicenne Aza, ma in gioco c'è una ricompensa di centomila dollari e Daisy, Miglior e Più Intrepida Amica da sempre, è decisa a non farsela scappare. Punto di partenza delle indagini diventa il figlio di Pickett, Davis, che Aza un tempo conosceva ma che, pur abitando a una manciata di chilometri, è incastrato in una vita lontana anni luce dalla sua. E incastrata in fondo si sente anche Aza, che cerca con tutte le forze di essere una buona figlia, una buona amica, una buona studentessa e di venire a patti con le spire ogni giorno più strette dei suoi pensieri. Nel suo tanto atteso ritorno, John Green, l'amatissimo, pluripremiato autore di Cercando Alaska e Colpa delle stelle, ci racconta la storia di Aza con una lucidità dirompente e coraggiosa, in un romanzo che parla di amore, di resilienza e della forza inarrestabile dell'amicizia.

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Published on January 13, 2018 10:53

January 7, 2018

IL PRESEPE NEL BORGO



Nel giorno dell'Epifania, per smaltire un po' delle calorie dei cenoni di queste feste, abbiamo fatto una passeggiata a Santa Luce e nel borgo ecco che cosa abbiamo trovato:

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Un Presepe fatto interamente a mano con la creta, fantastico! E non potete neanche immaginare quanto! I pastori, gli artigiani, i magi e la Sacra Famiglia e tutti gli animali. Vederlo è stato bellissimo! E i maialini, poi, sono simpaticissimi! Un'opera incredibile, realizzata dalle signore del borgo di Santa Luce, che hanno fatto della passione la vera arte.
Complimenti per questa opera e per questa iniziativa!

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Published on January 07, 2018 01:54

January 4, 2018

LE RAGAZZE DELL'ALBERO


20171231_125703

Quando capita di trovarsi di fronte a un'opera del genere NON puoi non fermarti a fotografarla!
Certo tutti i giorni può capitare di vedere qualcosa di entusiasmante, e oggi mi è capitato di vedere un albero di Natale che mi ha entusiasmata e commossa al tempo stesso.
Si tratta di un albero di Natale originale, interamente costruito a mano, con materiale di riciclo, dalle Ragazze dell'Albero di Rosignano Marittimo (LI).
Ma ecco il motivo di tutto questo impegno:


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Trovo che il loro sia un gesto molto carino e di profonda umanità, capace di far riflettere su un tema attualissimo, che in molti, purtroppo, considerano noioso, come se si trattasse di un oggetto da dimenticare e abbandonare al suo destino, quando invece in ballo c'è la vita di un intero ecosistema.


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Published on January 04, 2018 01:52

January 1, 2018

2017 ADDIO!



Finalmente una boccata d'aria fresca! Fa sempre questo effetto lasciare andare l'anno vecchio e andare incontro al nuovo. Nonostante la leggera sensazione di nostalgia, la speranza di un anno sempre migliore per tutti e più forte.E nonostante sia arrivata in ritardo (ormai mi conoscete: sono una ritardataria cronica) voglio ringraziare tutti per l'affetto e il sostegno che mi date, perché mi avete resa felice con le vostre recensioni, acquistando il libro o regalandolo, con i vostri commenti e i vostri preziosi consigli. Mi ha fatto piacere incontrare molti di voi durante il mio percorso, conoscervi alle fiere dei libri e durante le presentazioni. È stato bellissimo anche lavorare a fianco di altri scrittori, imparare cose nuove e leggere nuove storie.Posso solo sperare che il 2018 non sia da meno!Buon anno a tutti voi e grazie, grazie infinite per esserci ♡


Buoni propositi per il 2018:

1-Riuscire ad essere puntuale
2-Leggere tanto
3-Portare a termine le cose lasciate in sospeso
4-Fare almeno un dolce al mese (meglio se ogni due)
5-Smettere di analizzare sempre tutto
6-Fare un viaggio (mai stata in vacanza, nel 2018 ci vuole!)
7-Ricordare i punti 3 e 5
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Published on January 01, 2018 01:39

June 22, 2017

Eppure cadiamo felici, Enrico Galiano [RECENSIONE] ☆☆☆☆☆


Capelli rossi, occhi azzurri e lentiggini su naso e zigomi. Nonostante la bellezza della copertina a farmi decidere di leggere il libro è stato il titolo. L’impatto che ha avuto su di me questa frase: “Eppure cadiamo felici” è stato pressappoco come ricevere uno schiaffo in faccia, come sentire quella starna brezza che tira sempre più forte e che mi fa capire che quello lì, proprio quello, è il libro giusto. Mi sono sentita come “una busta di plastica trasportata dal vento” e mi ci sono sentita per tutta la lettura del romanzo. E anche dopo, quando l’ho finito. E anche adesso, mentre scrivo la recensione.
Perché, vedete, io non ho letto nemmeno la trama di questo romanzo, è bastato quel titolo a farmi capire che questa storia non me la sarei mai scordata.
A voi invece la scrivo, la trama, così che potete leggerla se vi va, anche se, vi avverto, non rende abbastanza.
Sai perché mi scrivo sul braccio tutti i giorni quelle parole, “la felicità è una cosa che cade”? Per ricordarmi sempre che la maggior parte della bellezza del mondo se ne sta lì, nascosta lì: nelle cose che cadono, nelle cose che nessuno nota, nelle cose che tutti buttano via.
Il suo nome esprime allegria, invece agli occhi degli altri Gioia non potrebbe essere più diversa. A diciassette anni, a scuola si sente come un’estranea per i suoi compagni. Perché lei non è come loro. Non le interessano le mode, l’appartenere a un gruppo, le feste. Ma ha una passione speciale che la rende felice: collezionare parole intraducibili di tutte le lingue del mondo, come cwtch, che in gallese indica non un semplice abbraccio, ma un abbraccio affettuoso che diventa un luogo sicuro. Gioia non ne hai mai parlato con nessuno. Nessuno potrebbe capire.
Fino a quando una notte, in fuga dall’ennesima lite dei genitori, incontra un ragazzo che dice di chiamarsi Lo. Nascosto dal cappuccio della felpa, gioca da solo a freccette in un bar chiuso. A mano a mano che i due chiacchierano, Gioia, per la prima volta, sente che qualcuno è in grado di comprendere il suo mondo. Per la prima volta non è sola. E quando i loro incontri diventano più attesi e intensi, l’amore scoppia senza preavviso. Senza che Gioia abbia il tempo di dare un nome a quella strana sensazione che prova.
Ma la felicità a volte può durare un solo attimo. Lo scompare, e Gioia non sa dove cercarlo. Perché Lo nasconde un segreto. Un segreto che solamente lei può scoprire. Solamente Gioia può capire gli indizi che lui ha lasciato. E per seguirli deve imparare che il verbo amare è una parola che racchiude mille e mille significati diversi.
Nessuno lo sa, ma lei è una che quando alle elementari le chiedevano: “Cosa vuoi fare da grande?” rispondeva sempre nello stesso modo, e cioè: “felice qualcuno”.
Gioia Spada è una che colleziona parole, di quelle intraducibili come fernweh che in tedesco significa: Avere nostalgia di posti lontani, anche se non li abbiamo mai visti. (Credo che fra le tante, sia quella che preferisco di più).
Ecco, per descrivere questo romanzo me ne basterebbe trovare una che significhi al tempo stesso bello e che fa paura.
Sì, perché un libro così fa paura.
Non paura nel senso che ti succede come quando guardi un film horror, no, non quel genere di paura.
Paura nel senso che è un libro che apre e mentre lo fa ti svuota dentro e ti riempie di nuovo. Ti dice che c’è qualcosa là fuori e che in fondo è meglio di quello che credevi. Ti dice che ci sei, e che ci sei ora, e che questa è l’unica certezza che hai.
Ti dice di non aver paura degli altri, perché a volte fa più paura quello che siamo noi, dentro.
Era da “Raccontami di un giorno perfetto” che non leggevo un libro così, e a dirla tutta un po’ forse si somigliano queste due storie, un po’ forse possono avere un lato di buio e uno di luce, entrambe. Ma passando a un lato più tecnico che morale, Enrico Galiano, professore di italiano che ha ideato la serie Cose da prof, scrive molto bene. Mi piace il suo modo diretto ma non troppo, quei giri di parole che sanno di ripetizione, senza essere pesanti. I dialoghi sono strutturati in modo da rispecchiare molto i giovani di oggi, in particolar modo proprio gli adolescenti, e nonostante tutto non sono volgari e nemmeno pesanti, ma spesso risultano ironici, divertenti.
Enrico scrive così la storia di due ragazzi problematici: Gioia e Lo, entrambi adolescenti, entrambi soli, entrambi esclusi. Gioia Spada ha diciassette anni, una spruzzata di lentiggini su naso e zigomi, e grandi occhi azzurri che nascondono tutte le sue paure. Ha la passione per la fotografia, ma solitamente tende a fotografare tutti di spalle perché, dice, è lì che vedi davvero come sono le persone, spontanee e sincere. Per lei, sul viso, le persone portano sempre una maschera, ed è per questo che non ha intesa con nessuno dei ragazzi o delle ragazze che conosce. Ha un’amica, certo, si chiama Tonia ed è anche molto simpatica. Unico difetto è che non esiste. Perché lei, be’, è un’amica immaginaria. Mica poteva essere vera, una così.
E poi, dall’altra parte c’è Lo. Misterioso, ironico, a volte scorbutico. É un tipo in gamba, Lo. Un tipo di cui ti fideresti già dal primo incontro. Eppure nasconde qualcosa, una cosa che forse, solo Gioia riuscirà a scoprire cos’è.
Si incontreranno per caso fuori dall’entrata di un bar, la notte in cui lei decide di uscire di casa in tutta fretta, per fuggire al litigio dei suoi genitori. Impareranno a conoscersi e a capire molte cose l’uno dell’altra. A incuriosire Gioia è anche il barattolo di sassi che Lo porta sempre con sè.
Loro sono i protagonisti della storia, ma un’altra figura per niente scontata che ho amato moltissimo è quella del professor Bove. Un tipo a posto, se per “a posto” intendiamo dire: “uno qualunque”. No, il professor Bove non è uno qualunque. Luiè il professore.
Una storia molto dolce, triste, ma piena di luce. Sa tenerti incollata alle pagine, tanto che avevo timore di finirla troppo presto e dimenticare le cose importanti tra le pagine. Ma è impossibile, una storia così non si dimentica.
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Published on June 22, 2017 14:50

May 14, 2017

Anthea, di Rebecca Mazzarella [RECENSIONE] ☆☆☆☆☆


Ciao a tutti! Ebbene no: non mi sono dimenticata di voi, è solo che ho avuto veramente molte cose da fare e nel campo lavorativo sono più operativa e diligente di un'ape operaia. Ma nonostante questo voglio comunque trovare il tempo per tornare qui sul blog e tra una pausa e l'altra riesco anche a fare delle splendide letture. Come questa, che ho terminato di leggere a fine aprile, ma non sono riuscita a scrivere prima la recensione. Però mi ero appuntata un bel po' di cose che adesso voglio mostrarvi.Intanto qui sotto vi lascio la sinossi.
Loto è un'adolescente come molte altre alle prese con problemi tipici della sua età. Nata e cresciuta in una piccola città nello Stato di Washington circondata da boschi, Loto un giorno viene morsa da un serpente. Soccorsa dal nonno Sgurfio, la ragazza viene a conoscenza della sua vera identità. La sua famiglia infatti è composta da esseri magici e lei ben presto scoprirà di essere una ninfa. Condotta dalla zia Flora ad Anthea, il luogo magico in cui le ninfe vivono, Loto verrà a conoscenza dei sui poteri e dei segreti che circondano questo luogo fatato. Una terribile minaccia grava su Anthea e Loto dovrà prepararsi ad affrontare una durissima battaglia per difendere questo posto magico da cui dipendono le sorti del mondo.

Ho amato questo libro già dal primo momento in cui l'ho visto perché la copertina è decisamente fantastica e molto coerente con la trama. Rebecca ha un modo semplice e fluido di scrivere che permette al lettore di entrare subito in sintonia con i personaggi, che sono tutti ben definiti e con i quali è impossibile non simpatizzare. Entriamo quasi da subito nel vivo della storia: Loto, un'adolescente impulsiva e amante della natura, un giorno viene morsa da un serpente e da quel momento in poi la sua vita cambierà del tutto. Scoprirà l'esistenza di molte di quelle creature che lei fino a quel momento credeva solo leggendarie e dovrà adattarsi alla sua nuova vita di ninfa. Ma qualcosa di terribile sta per sconvolgere le sorti dell'intero pianeta, mentre ad Anthea, la città fatata, sembra che nessuno si sia accorto di niente. Come è possibile che le ninfe non si rendono conto della minaccia che sta gravando su di loro? Solo Loto riesce in qualche modo ad accorgersi che qualcosa non funziona? Tra leggende inaspettate e fantastiche, Loto dovrà riuscire a portare a termine il suo compito, ma non sarà sola, ci sarà Aghelio, un tipo molto misterioso, che l'aiuterà in questa difficile impresa.Ho amato in particolar modo la storia di Aghelio e il suo carattere gentile e a tratti scostante. Posso ammettere che del romanzo mi è piaciuto proprio tutto, dall'ambientazione fatata, alle creature e ai popoli che la abitano. Originale è stata anche la presenza dei mutaforma, che trovo molto azzeccata.  Alla fine, della storia non ho ancora capito se ho amato di più il fatto che fosse bene costruita e decisamente originale, o tutte le fantastiche leggende che rendono questo romanzo veramente particolare. Forse è stato un misto di queste due cose a colpirmi e a spingermi a cercare un seguito. Il romanzo è autoconclusivo, ma non nego che mi piacerebbe in futuro leggere un seguito. 



Cinque cuoricini sarebbero pochi:
♥♥♥♥♥ +



Voi lo avete letto? Cosa ne pensate?
Alla prossima!





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Published on May 14, 2017 01:37

Anthea, di Rebecca Mazzarella [RECENSIONE]


Ciao a tutti! Ebbene no: non mi sono dimenticata di voi, è solo che ho avuto veramente molte cose da fare e nel campo lavorativo sono più operativa e diligente di un'ape operaia. Ma nonostante questo voglio comunque trovare il tempo per tornare qui sul blog e tra una pausa e l'altra riesco anche a fare delle splendide letture. Come questa, che ho terminato di leggere a fine aprile, ma non sono riuscita a scrivere prima la recensione. Però mi ero appuntata un bel po' di cose che adesso voglio mostrarvi.Intanto qui sotto vi lascio la sinossi.
Loto è un'adolescente come molte altre alle prese con problemi tipici della sua età. Nata e cresciuta in una piccola città nello Stato di Washington circondata da boschi, Loto un giorno viene morsa da un serpente. Soccorsa dal nonno Sgurfio, la ragazza viene a conoscenza della sua vera identità. La sua famiglia infatti è composta da esseri magici e lei ben presto scoprirà di essere una ninfa. Condotta dalla zia Flora ad Anthea, il luogo magico in cui le ninfe vivono, Loto verrà a conoscenza dei sui poteri e dei segreti che circondano questo luogo fatato. Una terribile minaccia grava su Anthea e Loto dovrà prepararsi ad affrontare una durissima battaglia per difendere questo posto magico da cui dipendono le sorti del mondo.

Ho amato questo libro già dal primo momento in cui l'ho visto perché la copertina è decisamente fantastica e molto coerente con la trama. Rebecca ha un modo semplice e fluido di scrivere che permette al lettore di entrare subito in sintonia con i personaggi, che sono tutti ben definiti e con i quali è impossibile non simpatizzare. Entriamo quasi da subito nel vivo della storia: Loto, un'adolescente impulsiva e amante della natura, un giorno viene morsa da un serpente e da quel momento in poi la sua vita cambierà del tutto. Scoprirà l'esistenza di molte di quelle creature che lei fino a quel momento credeva solo leggendarie e dovrà adattarsi alla sua nuova vita di ninfa. Ma qualcosa di terribile sta per sconvolgere le sorti dell'intero pianeta, mentre ad Anthea, la città fatata, sembra che nessuno si sia accorto di niente. Come è possibile che le ninfe non si rendono conto della minaccia che sta gravando su di loro? Solo Loto riesce in qualche modo ad accorgersi che qualcosa non funziona? Tra leggende inaspettate e fantastiche, Loto dovrà riuscire a portare a termine il suo compito, ma non sarà sola, ci sarà Aghelio, un tipo molto misterioso, che l'aiuterà in questa difficile impresa.Ho amato in particolar modo la storia di Aghelio e il suo carattere gentile e a tratti scostante. Posso ammettere che del romanzo mi è piaciuto proprio tutto, dall'ambientazione fatata, alle creature e ai popoli che la abitano. Originale è stata anche la presenza dei mutaforma, che trovo molto azzeccata.  Alla fine, della storia non ho ancora capito se ho amato di più il fatto che fosse bene costruita e decisamente originale, o tutte le fantastiche leggende che rendono questo romanzo veramente particolare. Forse è stato un misto di queste due cose a colpirmi e a spingermi a cercare un seguito. Il romanzo è autoconclusivo, ma non nego che mi piacerebbe in futuro leggere un seguito. 



Cinque cuoricini sarebbero pochi:
♥♥♥♥♥ +



Voi lo avete letto? Cosa ne pensate?
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Published on May 14, 2017 01:37