Valentina Bellucci's Blog, page 3
March 16, 2018
Te lo dico sottovoce, di Lucrezia Scali [RECENSIONE] ☆☆☆☆
Buon pomeriggio! Eccomi qui a parlare di un libro che in pochissimo tempo ha scalato la classifica restando in vetta per molte settimane: Te lo dico sottovoce, di Lucrezia Scali. Un romanzo che ancora oggi, a distanza di molti mesi dalla sua prima uscita, viene letto e consigliato.Purtroppo per me ho un pessimo carattere, e diciamo che questo spesso porta a penalizzarmi da sola, ma se un libro è molto acclamato io tendo ad allontanarlo, a rimandare il momento della lettura, tanto è vero che questo libro lo avevo acquistato un anno e mezzo fa e ho iniziato a leggerlo solo la scorsa settimana. Voglio mettere le mani avanti e spiegarvi che non amo i rosa sdolcinati, gli Harmony e le storie d'amore a solo sesso. E questo libro non è niente del genere. Per fortuna. È una storia d'amore molto dolce, ma senza essere banale, una storia d'amore che ha come protagonisti delle persone con un passato doloroso e un presente che non riescono ad affrontare al cento per cento.
TRAMAMia ha trent'anni, un passato che preferisce non ricordare e una famiglia da cui cerca di tenersi alla larga. Meglio stare lontano dalle frecciatine della sorella e da una madre invadente che le organizza appuntamenti al buio... Di notte sogna il principe azzurro, ma la mattina si sveglia accanto a Bubu, un meticcio con le orecchie cadenti e il pelo ispido. La sua passione sono gli animali e infatti, oltre a gestire una delle cliniche veterinarie più conosciute di Torino, Mia sta per realizzare un progetto a cui tiene moltissimo: restituire il sorriso ai bambini in ospedale attraverso la pet therapy. Il grande amore romantico, però, non sembra proprio voler arrivare nella sua vita. O almeno, così pensa Mia, prima di conoscere Alberto, un medico affascinante, e Diego, un ragazzo sfuggente che si è appena trasferito a Torino dalla Puglia. Cupido sta finalmente per scagliare la sua freccia: riuscirà a colpire la persona giusta per il cuore di Mia?
Lo stile narrativo è fluido e fresco, i due protagonisti sono interessanti sia per il loro carattere sia per il loro passato. Lucrezia Scali riesce a tenere il lettore incollato alle pagine alternando momenti di routine con episodi singolari e con una narrazione al passato scritta in prima persona da Mia, una ragazza trentenne timida e riservata, che non riesce a lasciarsi andare da un evento che la lega al passato e che le ha sconvolto la vita, fino al punto da non riuscire più a ritrovare se stessa. Diego, dal canto suo, ha un certo fascino, un sorriso strafottente e l'aria un po' da duro. Ma dietro a una corazza messa su solo per non sopperire alla sofferenza, nasconde un animo nobile. Dietro a loro poi si intreccia la storia fra Fiamma e Antonio, protagonisti del romanzo Come ci frega l'amore. Ho apprezzato molto il progetto di pet therapy, d'altronde rispetto tantissimo queste iniziative sociali volte ad aiutare davvero qualcuno, ammiro sia chi lo fa di mestiere sia chi ne parla, perché è giusto non far cadere nel dimenticatoio queste iniziative, soprattutto se possono veramente portare a dei buoni risultati. È di sicuro la prima volta che leggo un romanzo dove sono presenti in modo continuo dei cani. Ovvio, verrebbe da dire: stiamo parlando di una protagonista che come lavoro fa la veterinaria. Ma no, non intendo in quel senso. Mi è già capitato qualcosa di simile che adesso non ricordo. Quello che intendo è che qui sono presenti quasi come protagonisti veri e propri e la cosa se da un lato mi ha lasciata perplessa (non ero abituata a leggere delle abitudini canine) dall'altra mi ha affascinata, perché mi ha spinta a voler cercare di trovare un significato a tutto ciò. Amo gli animali, in particolar modo amo i gatti e la loro indipendenza, e se forse scrivere di loro può essere uno stimolo a farli amare anche da chi prima era scettico nei loro confronti, ecco che la cosa mi piace ancora di più. A un certo punto del romanzo devo ammettere di essere caduta nella "trappola dell'autore", quel genere di trappole che l'autore mette lì proprio per farti credere una cosa invece di un'altra. Ebbene, ovvio, ci sono cascata come una pera cotta, tanto che volevo prendere a schiaffi sia il libro che Diego, il protagonista. Ma alla fine ho preso a schiaffi solo me stessa per essere stata così ingenua. I miei complimenti alla scrittrice anche per questo, per avermi piacevolmente ingannata sul finale. Sono sicura che molti di voi avranno già letto questo bellissimo romanzo e avranno quindi avuto modo di conoscere questa scrittrice. E sempre di lei adesso mi accingo a leggere La distanza tra me e te. Alla prossima recensione!
Published on March 16, 2018 06:57
March 8, 2018
Io sono l'usignolo, di Emanuela Navone [SEGNALAZIONE]
Chi è Florian Chevalier e perché ha bruciato la casa del sindaco di Val Salice? Questo si domanda il giornalista Rubino Traverso, intenzionato a scoprirne di più e sorpreso che nessuno voglia raccontare nulla.Quando, proseguendo le ricerche, inizia a ricevere disegni bizzarri e strani messaggi intimidatori, capisce la verità non deve venire a galla. Che cosa nascondono gli abitanti di Val Salice?In un agosto spazzato dal vento, Rubino scoprirà a poco a poco che perfino un piccolo paese sperduto fra i monti liguri ha i suoi scheletri nell’armadio. E dovrà scoprire quali.Cosa sei disposto a perdere pur di conoscere la verità?
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Emanuela è nata a Genova e vive in un paesino sperduto sui monti proprio sul confine con il Piemonte. Scrive da quando era una bambina, e da allora ne è passata di acqua sotto i ponti. È cresciuta a pane e Stephen King, e gran parte della sua esistenza l’ha trascorsa leggendo i suoi horror e i fantasy della Bradley, Tolkien, Goodkind e autori meno famosi. Nel 2014 ha finalmente ottenuto la laurea dopo anni di lacrime e sangue e si è trovata nel mondo reale e ha scoperto che era pieno di denti aguzzi. È diventata assistente editor per Edicolors, una casa editrice specializzata in narrativa per l’infanzia; poi, cedendo allo smisurato ego che la divora, ha deciso di diventare freelance. Vive in una grande casa circondata da gatti — prima o poi diventerà come la gattara dei Simpson. Oltre alla scrittura, adora la musica metal e la fotografia. La trovate spesso in giro per i boschi con la sua fedele reflex e la testa sulle nuvole. Ha pubblicato, sempre come self, il breve Prontuario di editing e il racconto Reach, contenuto anche nella raccolta a scopo benefico Only Hope.
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IO SONO L'USIGNOLO
ESTRATTO: PRIMO CAPITOLO
Lunedì 21 agosto 2000
Il trasloco a Val Salice iniziò sotto i peggiori auspici.Primo punto: appena partiti dovemmo tornare indietro perché Rossana aveva dimenticato il valigiotto con creme, detergenti e qualsiasi orpello con cui donne come mia moglie si divertivano in bagno. Secondo punto: partiti per la seconda volta, dovemmo di nuovo tornare indietro perché Stella non trovava Lalla e se non aveva la sua bambola di pezza rischiava di patire l’autostrada.Terzo punto: Oscar, il gattone rosso e pigro, decise che non amava più la gabbietta e dovemmo farlo uscire, con la conseguenza che passò il viaggio disteso sulle cosce di Rossana, emettendo di tanto in tanto un miagolio di vero dolore.Morale: arrivammo a Val Salice due ore dopo il previsto, sotto un temporale di quelli che ti annegano appena metti un’unghia fuori, Rossana e Stella nervose e io più sudato di quando, al mare, mi ostinavo a non prendere sdraio e ombrellone perché non mi andava di sborsare ventimila lire. Ciliegina sulla torta, appena scendemmo dalla BMW, infagottati sotto giacchette leggere prese alla spicciolata in una valigia, Stella iniziò a starnutire.Di per sé, qualche starnuto non è grave, ma essere sposati con Rossana De Simone equivaleva a una delle Grandi Tragedie. Le hai portate le medicine? No che non le hai portate, vero? E adesso come facciamo diavolo adesso le verrà la febbre e non hai portato le medicine e se si sente male bisogna chiamare l’ambulanza andare al pronto soccorso che poi l’ultima volta siamo stati lì ore.Neanche il tempo di scaricare i bagagli che dovetti fiondarmi in auto e cercare una farmacia in quel paesino sperduto tra i monti liguri.Così iniziò la mia nuova vita lontano dalla città. E mentirei se dicessi che ero elettrizzato. Il campanello suonò mentre la porta si apriva. Mi sfregai le mani l’una contro l’altra, intirizzito nel giubbotto leggero. Le scarpe di tela filtravano l’aria come ciabatte da mare. Feci due passi. File di scaffali di legno ospitavano un melting-pot di medicinali, mentre dietro il bancone, una vecchia credenza conteneva piccole brocche forse dipinte a mano. In un angolo, una vecchia bilancia si incastrava tra due depliant che promettevano la migliore soluzione alla tosse secca e spiegavano perché fosse nocivo fumare in gravidanza.La farmacia di Ca’ Tonda, paesino minuscolo vicino a Val Salice, era un pot-pourri di scatoline colorate. Se avessi avuto dietro la mia reflex, mi sarebbe piaciuto catturare qualche sfumatura, un verde smeraldo, un rosso mattone o un bianco panna. La donna dietro il bancone batteva sui tasti del registratore di cassa e parlottava tra sé. Al suono del campanello, alzò lo sguardo. «Buonasera» cinguettò.«Buonasera.» Mi avvicinai con le mani in tasca.«Freddino, vero?»«Già.»La donna diede una rapida occhiata al registratore di cassa. Il pollice e l’indice grattavano pigramente il mento. «Oggi il buon Charlie non ne vuole sapere di funzionare.»Dovevo avere un’espressione stupita perché la donna scoppiò a ridere.«Charlie è il nome che ho dato al registratore» spiegò.«Ah.»«Che cosa desidera?»«Del paracetamolo. Mia figlia ha un forte raffreddore e mia moglie teme le venga la febbre.»La farmacista annuì e uscì dal bancone. Una piccola botte in camice bianco. «In questo periodo è facile ammalarsi» disse mentre rovistava in uno scaffale. «Turisti?»«Ci siamo trasferiti oggi a Val Salice.» Assunsi una delle mie migliori espressioni scocciate per troncare il dialogo. Non avevo di certo tempo da perdere in inutili chiacchiere. La farmacista terminò la ricerca su uno scaffale e passò all’altro. «Un posticino accogliente, vero?» Tentativo fallito.«Sa che è stato quasi raso al suolo da un incendio?» In meno di un secondo, la mia espressione scocciata diventò incuriosita. «Non lo sapevo.» Fissai la donna con vivo interesse.La farmacista pescò una confezione di paracetamolo nascosta tra un flacone di sciroppo per la tosse e un detergente intimo. Caracollò verso il bancone e vi posò la medicina. «Successe vent’anni fa.» Scosse la testa. «Una vera tragedia.»Posai una banconota da ventimila lire accanto al registratore di cassa. Lo sguardo della farmacista sembrava afflitto, ma dietro si scorgeva qualcosa, una specie di forte desiderio, un’aspettativa.dai chiedimi cosa successe ti pregoStetti al gioco. «Che cosa successe?»La donna parve gonfiarsi come un palloncino. Si allungò verso di me e mise una mano sulla bocca. «L’incendio distrusse la casa del sindaco e si propagò per metà del paese. Montignani, sua moglie e suo figlio non ce la fecero.» Tamburellò le dita sul bancone. «Aveva appena vent’anni, quel povero ragazzo. Morire così... Che destino ingiusto.»Presi il flacone di paracetamolo. «È stato un incidente?»I grandi occhi da lontra della farmacista mi guardavano fissi. «Certo che no. Florian Chevalier. L’usignolo.» Si diede un colpetto sulla tempia. «Un pazzo.» Armeggiò ancora qualche istante con il registratore. «Non è serata, vero, Charlie?»«Usignolo?» Mi stava prendendo in giro?«Così si faceva chiamare. Non so il motivo.» Risatina civettuola. «Perché lo ha fatto?» Misi la medicina nella tasca dei jeans. La donna fece spallucce. «Lo chieda agli abitanti di Val Salice.» Riprese ad armeggiare con il registratore di cassa. «Le scoccia se non batto lo scontrino?»Feci un saluto smozzicato. Non mi scocciava. Uscii.Oh, se lo avrei chiesto. Lo avrei chiesto di certo.Quella palla con il camice addosso non sapeva che le tragedie erano il mio pane quotidiano.Rubino Traverso, giornalista e fotoreporter: questa è roba per te.
Published on March 08, 2018 06:39
March 7, 2018
10 COSE CHE UNO SCRITTORE DEVE SAPERE
Per scrivere un libro è necessario conoscere bene l'italiano e la grammatica. Nonostante non importi avere la laurea in italiano è necessario conoscere bene la lingua. Ma non solo. Ci sono molti altri aspetti che spesso non vengono presi in considerazione durante e dopo la stesura di un romanzo, ma che spesso possono risultare fondamentali.
Vediamo i punti principali.
1) Se mentre scrivi ti annoi, probabilmente i lettori si annoieranno a leggere. Scrivere un libro richiede molta pazienza e determinazione, le soddisfazioni saranno molte ma ci saranno anche momenti in cui descrivere una scena potrà risultare più difficile del previsto. In questi casi, se capita di annoiarci mentre scriviamo, sarà molto probabile che il lettore si annoi leggendo. Ricordiamo: uno scrittore è quello che scrive, quello che vuole trasmettere. Vorresti che i lettori percepiscano lati negativi della storia? Uno degli errori più comuni è quello di aggiungere dettagli e informazioni inutili, solo per "arricchire" o "allungare" il testo. Queste descrizioni forzate sono noiose da scrivere e saranno noiose da leggere.
2) Leggere. È importante leggere. Mantiene attivi, attenti, perspicaci. La lettura apre la mente e aiuta l'immaginazione. Quante volte ce lo siamo sentiti ripetete da piccoli, quando andavamo a scuola dalla maestra, e poi a casa da nostra madre? Niente di più vero e utile. Come si può sostenere di amare la scrittura se prima ancora non l'abbiamo amata leggendola?
3) Fai in modo di emozionarti mentre scrivi.
Provare realmente quello che provano i personaggi è fondamentale per trasmettere bene quello che vogliamo. Per cui non imbarazziamoci se ci viene da piangere o da sorridere mentre scriviamo, è necessario essere capaci di provare queste emozioni se vogliamo scriverle. C'è molto potere in questo.
4) Scrivi il tipo di libro che vorresti leggere.
Sembra scontato, ma non è così. L'ho messo al quarto punto, ma forse è la prima cosa da dire a uno scrittore: scrivi ciò che vorresti leggere. Non c'è niente di più importante, è inutile intestardirsi di voler scrivere un genere solo perché è di moda, solo perché vende, quando noi stessi siamo i primi a non leggerlo.
Stessa cosa vale per le descrizioni, per i dialoghi (vedi punto 1).
5) Sii disposto a metterti in gioco. Anche se quello che scrivi non è perfetto.
La perfezione non esiste. Ed è un dato di fatto. Molti scrittori arrivano a un punto del libro e si bloccano, cercano la perfezione, la frase perfetta, la scena perfetta, e in questo modo forzano il romanzo e la naturalezza della narrazione. Non c'è niente di più bello della semplicità.
6) È importante concentrarsi solo su una frase o un capitolo per volta.
Scrivere continuando a mantenere l'insieme del romanzo può essere un problema e può trasformare la scrittura in un metodo per arrivare al fine della storia, unica parte essenziale e importante. È fondamentale invece dare il giusto significato e il giusto senso ad ogni frase che viene scritta, per non dare così l'idea di averla messa lì solo per arrivare al significato ultimo. Bisogna dare valore anche alle singole parole.
7) Devi essere capace di avere un'anima fragile dentro e una corazza di ferro fuori.
Ci saranno momenti scoraggianti, in cui vedrai altri emergere, altri denigrare il tuo lavoro. Per questo devi indossare una corazza di ferro e lasciare che tutto ti scivoli addosso senza scalfirti. Ma dovrai avere anche un'anima fragile per scrivere e trasmettere emozioni. Per far ridere o piangere il lettore.
8) Imparare dalle critiche.
Le critiche sono importanti. Sono le uniche che ti permettono di capire se stai sbagliando qualcosa. Esistono critiche costruttive che possono aiutarti a migliorare, a rendere il tuo stile ancora più unico. Non dar peso alle critiche offensive, quelle sono mirate esclusivamente ad abbatterti moralmente. Tieni invece conto di chi, gentilmente, ti mostra alcuni aspetti poco chiari sul tuo romanzo, o alcune parti che per validi motivi non sono piaciute.
9) Prenditi del tempo.
Neanche Dio creò il mondo in un giorno solo, quindi non obbligarti a finire un libro in un tempo prestabilito. Certo la dedizione e la costanza sono caratteristiche primarie, ma la fretta non è da sottovalutare. Può portarti a fare degli errori che riflettendo avresti evitato. Ci sono momenti, situazioni, che richiedono tempo.
10) Sii sempre te stesso.
Mentre scrivi, mentre ti confronti con altri scrittori, mentre pubblicizzi la tua opera, sii sempre te stesso. Non cercare di crearti un'immagine diversa per sentirti grande o per dare l'impressione di esserlo. La naturalezza e la spontaneità saranno altri fattori importanti che completeranno la tua figura di scrittore.
Published on March 07, 2018 08:33
March 6, 2018
Aspettami fino all'ultima pagina, di Sofia Rhei [RECENSIONE] ☆☆☆
Mi duole sempre un po' il cuore quando mi accingo a esprimere un giudizio non troppo positivo su un libro che ho letto, ma le mie aspettative su questo romanzo erano fin troppo alte, dopo averne sentito cantar le lodi a destra e sinistra. Certamente immaginavo la storia molto diversa da quella che è in realtà, che si è rivelata essere un connubio di incertezze e fragilità della protagonista, la quale non riesce a decidere tra un amore tanto desiderato ma inesistente, e la libertà di poter vivere serenamente, senza aspettare, senza sentirsi usata e senza mentire costantemente. Fondamentalmente la decisione sembra piuttosto semplice: scegliere la libertà e abbandonare un amore inesistente, falso. Eppure così non è. Per Silvia, protagonista della storia, la sua relazione sentimentale con Alain ha qualcosa di speciale, che va oltre alle semplice leggi dell'attrazione. C'è amore profondo in lui, e di questo ne è convinta. Nonostante lui sia sposato e non intenda lasciare la moglie, nonostante lui le chieda di mentire sulla loro relazione, di tenerla nascosta, di essere la sua amante segreta. Per due anni Silvia ha continuato questa relazione che adesso la sta portando ad uno sgretolamento interiore, ad una fragilità che prima non aveva, le apre delle incertezze che evita di guardare in faccia, ma che sente in ogni istante della giornata.
TRAMASilvia ha quasi quarant’anni, vive e lavora a Parigi e ha una relazione difficile con Alain, un uomo sposato che da mesi le racconta di essere sul punto di lasciare la moglie. Dopo tante promesse, sembra che lui si sia finalmente deciso, ma la fatidica sera in cui dovrebbe trasferirsi da lei, le cose non vanno come previsto. E Silvia, in una spirale di dolore e umiliazione, decide di farla finita con quell’uomo falso e ingannatore e di riprendere in mano la sua vita. Alain però non si dà per vinto, e Silvia non è abbastanza forte da rimanere indifferente alle avances dell’uomo che ama... Dopo giorni e notti di disperazione, viene convinta dalla sua migliore amica a fare visita a un bizzarro terapeuta, il signor O’Flahertie, che sembra sia capace di curare le persone con la letteratura. Grazie ad autori come Oscar Wilde, Italo Calvino, Gustave Flaubert, Mary Shelley, e al potere delle loro storie, Silvia comincia a riflettere su chi sia realmente, su quali siano i suoi desideri più profondi e su cosa invece dovrebbe eliminare dalla sua vita...
Mi ha lasciato sensazioni di irrealtà, un po' di amaro in bocca, come se ci dovesse essere stato molto di più, come se non fosse "bene intrecciato". Ultima cosa che mi ha lasciata ancora più perplessa è stata la vera identità del suo psicoterapeuta: il signor O'Flahertie. Non scriverò di più in questa recensione, perché non intendo fare spoiler su un libro che a me non mi ha entusiasmata, ma che invece potrebbe piacere a molti di voi. L'avete per caso già letto? O intendete farlo? Cosa ne pensate?
Published on March 06, 2018 06:18
February 27, 2018
L'amore in un giorno di pioggia, di Sarah Butler [RECENSIONE] ☆☆☆☆
Buongiorno miei cari Lettori! Oggi voglio presentarvi un libro che definirei per trama e contenuti, molto delicato. Nessuno sognerebbe mai di trovarsi di fronte a vera e tanta delicatezza se prima non si è letto: "L'amore in un giorno di pioggia". Solitamente i romanzi hanno molti dialoghi e descrizioni, in questo libro non succede. Qui prevalgono i pensieri e le emozioni.
Io non ti conosco.Ma insieme possiamo guardare le stelle.Prendimi la mano.Adesso non siamo più soli.
Quando iniziai a leggerlo, la prima cosa che mi colpì e che mi invitò a proseguire con maggiore curiosità, fu la lista delle 10 cose.
DIECI COSE DI CUI HO PAURA1 Scoprire di essere come mio padre2 Non essere in grado di spiegarti tutto3 Il mare. Riesco ad arrivare fino alla battigia. Posso togliermi le scarpe e sguazzare a riva. E' più in là, dove diventa freddo e nero, che mi fa paura.4 Essere arrestato5 Non avere le parole giuste.6 Dormire.7 Morire.8 I cani.9 Non trovarti.10 Trovarti.
Protagonisti sono Alice e Daniel.Daniel è un senzatetto, gentile e onesto, con la mania della lista delle 10 cose e dei colori e delle parole. In tutte le parole lui vede un colore che le rappresenta, come fosse l'anima, un qualcosa di irripetibile. Cammina sulle rive del Tamigi stringendo tra le mani una busta con sopra scritto un nome, sempre lo stesso da trent'anni. Un solo nome e nessun indirizzo. Sono gli auguri di compleanno per la figlia.Alice ha trent'anni e preferisce l'aria aperta e l'avventura a Londra. Ma adesso è tornata perché suo padre sta morendo. Alice e Daniel sembrano non avere nulla in comune, tranne l'amore per le stelle, i colori e i mirtilli ancora aspri. Ma soprattutto l'abitudine a stilare elenchi delle dieci cose che li rendono più tristi o felici.Alice non conosce l'uomo che le si avvicina con aria confusa e impacciata al funerale del padre. E non sa che la sta cercando da tutta la vita. Tra le mani Daniel tiene un fiore di carta e nella testa tutte le parole e le carezze che ha conservato per Alice in tutti questi anni. E che, forse, adesso avrà il coraggio di regalarle...
Chi non pensa alle cose che lo fanno sentire più triste o più felice? Ebbene, io ci penso spesso. Mi ritrovo magari seduta al bar e penso a quanto possa essere bello fare colazione al bar tutte le mattine. Poi la mia mente va alla squisita tazza di latte e cereali che mangio per colazione e quasi mi pento di quello che avevo appena pensato.
Altre volte mi capita di pensare a com'era la scuola. Le cose belle e quelle non, quelle divertenti e quelle pericolose. Non stilo mai un elenco delle 10 cose, ma forse in fondo mi piacerebbe, così, per imparare a conoscermi meglio, per vedere che cosa metterei ai primi posti.
"L'amore in un giorno di pioggia" mi ha colpita proprio per questo: per l'abitudine a stilare elenchi, imparando così a conoscersi meglio, comprendendo veramente cosa si cela dietro a nostro animo.
Published on February 27, 2018 08:54
February 26, 2018
SNOW FROZEN
L'avevano detto su tutti i giornali, le radio e le tv: Burian è arrivato e ha portato con sè vento, neve e temperature sotto zero. Neve qui non se n'è vista molta a dire il vero, ma le temperature sotto zero ci sono eccome! Stalattiti che pendono dai tetti e dai terrazzi, e freddo intenso.L'inverno senza un giorno di neve non sarebbe inverno e la neve a me è sempre piaciuta, nonostante i disagi. Spero proprio che però sia finita qui, in molte regioni italiane ha fatto danni pazzeschi. Il mio pensiero va ai terremotati, a quelle persone che vivono ancora nelle tende, ai senzatetto, agli animali che non hanno un riparo. Questa mattina è passato il camionista a ritirare molte presse di paglia da portare negli allevamenti di alta montagna, spero arrivino in tempo per stanotte, le previsioni danno circa 6-7 gradi sotto zero.
È una fortuna vivere in Italia dove questi eventi sono veramente rari, però credo siano necessarie più attenzione e organizzazione per far fronte ai disagi del freddo e della neve. Noi nel frattempo ci muoviamo a piedi e cerchiamo di essere positivi e di goderci il panorama. E prevedendo questo freddo siamo riusciti a tenere al riparo nei ricoveri i nostri animali in fattoria. Saranno giorni duri e di intenso lavoro. Ma nonostante sia freddo e le previsioni hanno ridato neve tra mercoledì e giovedì, noi non demordiamo e andiamo avanti con la nostra attività, il nostro allevamento e la voglia di fare sempre di più e farlo meglio ❤
Published on February 26, 2018 10:03
February 23, 2018
Remember, un amore indimenticabile, di Ashley Royer [RECENSIONE] ☆☆☆☆
TRAMA
Dopo la tempesta arriva sempre il sereno. Levi ne era davvero convinto. Per tutta la vita ha osservato la pioggia e rincorso gli arcobaleni, credendo ciecamente nel lieto fine. Ma un giorno le cose sono cambiate: il giorno in cui Delia, la sua ragazza, è morta in un tragico incidente d’auto. Da quel momento il temporale l’ha inghiottito, e la luce non è più tornata. Così Levi ha smesso di parlare. Furioso con il mondo intero, Levi ha deciso di non permettere a nessuno di forzare l’armatura dietro cui si è barricato. Né a sua madre che lo ha spinto a lasciarsi alle spalle il passato e l’Australia, né a suo padre che gli ha aperto le porte di casa in Maine, e nemmeno a Delilah, la ragazza che gli è apparsa come in un sogno e gli ha ricordato terribilmente Delia. Delilah in realtà è più che contenta di stargli alla larga: l’ultima cosa di cui ha bisogno è un tipo così scontroso e imprevedibile. Ma più passano i giorni, e più si rende conto che, dietro quel modo di fare insolente e sprezzante, si nasconde un’anima profondamente ferita, un cuore spezzato che deve ritrovare se stesso. E solo lei può aiutarlo.
A volte cerchiamo qualcosa in un libro che spesso non troviamo. Con questo invece sono stata fortunata, ho sentito subito una certa affinità e si è rivelato proprio come lo avevo immaginato: dolce, profondo, semplice.
È stata una lettura che mi ha fatto sorridere spesso. Levi, il protagonista maschile della storia, è scontroso, burbero e arrogante. Mi sono immedesimata molto bene in lui, perché ho passato vari periodi bui della mia vita che mi avevano portata ad essere chiusa e scontrosa. Mi avevano fatto desiderare di non essere più felice. Con una scrittura semplice e a tratti ancora molto acerba, Ashley Royer racconta la storia di Levi, il suo declino e la sua faticosa risalita. È una storia di rinascita, dove assieme a molti dialoghi propriamente adolescenziali, descrive il carattere di lui in modo impeccabile, delineando bene la sua sofferenza, la sua voglia di gettare la spugna e quel piccolo desiderio, in fondo ad ognuno di noi, quella piccola scintilla di sopravvivenza, la voglia di tornare alla vita che grida e ti chiama a gran voce. Questo, anche se tenti in tutti i modi di reprimerla per non rendere vana la tua sofferenza.
La scrittrice è molto giovane, appena diciassette anni, si sentono alcuni tratti forse quasi infantili durante la lettura del testo, che più che irritare il lettore, inteneriscono fino al punto di farti amare ancora di più la storia. Le emozioni che ho provato leggendola sono state sincere, tuttavia non così prorompenti da rendere questo libro entusiasmante, e proprio per questo non me la sento di dare cinque stelline ma mi fermo a quattro, con la certezza di tornare presto a leggere questa scrittrice che sono convinta crescerà molto, perché ha veramente tanto da dare.
Published on February 23, 2018 12:08
February 17, 2018
Va' dove ti porta il cuore, di Susanna Tamaro [RECENSIONE] ☆☆☆☆
Oggi sono qui, di fronte alla tastiera del computer con le mani che mi tremano dal freddo. Eh, sì, perché finalmente sembra arrivato l'inverno, quell'inverno che non voleva saperne di fare la sua comparsa in un febbraio che non ho mai ricordato caldo come quest'anno. Proprio oggi, di fronte a una televisione spenta, con una tazza di tè caldo alla mia sinistra, ho deciso di parlarvi di Va' dove ti porta il cuore, di Susanna Tamaro. Sarà l'atmosfera nostalgica e piovosa ad avermi ispirato la lettura di questo romanzo, comunque sia desidero parlarvene perché è una storia dolce, malinconica. Una storia che mi fa venire in mente un'epoca diversa, con profumi diversi. Susanna Tamaro ha una penna gentile, altruista. Così come lo è la sua storia, delicata ma forte. Va' dove ti porta il cuore è un romanzo che tutti dovremmo leggere prima o poi. È un po' come la storia del Piccolo Principe, sono quelle storie che vanno lette, perché cambiano la vita.
TRAMA
È come se qui accanto ci fosse una parte di te, la parte che amo di più.
Olga è nell’età in cui si fanno bilanci. Malata, sente il bisogno di raccontarsi, di ripercorrere la sua giovinezza, il suo matrimonio infelice e le vicende che hanno condotto sua figlia Ilaria a una morte precoce. Ha così inizio la sua lunga confessione alla nipote. E nel gesto della scrittura, pacata ma intensa e commovente, Olga ritrova finalmente il senso della propria esistenza e della propria identità. Una storia forte e umanissima che ha emozionato lettrici e lettori di ogni età.
Questa storia mia ha trasmesso tutta la dolcezza e la malinconia che si possono provare solo dopo aver vissuto a lungo. La sofferenza, la gioia, gli ostacoli da superare, sono tutte cose che si possono provare soltanto vivendo, ed è proprio di questo che parla il libro: di vita.
La vita di Olga in particolare, è un susseguirsi di eventi spesso deludenti, un dover far fronte a molte situazioni imbarazzanti, pericolose. Olga è una donna di altri tempi, una donna forte, ma fragile allo stesso tempo. I suoi errori l'hanno scolpita tracciandone le linee del volto, della voce, del suo essere semplice. Spesso mi sono chiesta che cosa significasse essere semplici, e sono convinta che questo romanzo sappia spiegarlo molto bene. Vivere senza pretese, con la speranza che tutto possa migliorare e con il vuoto dentro delle occasioni perdute. Forse questa storia vuole trasmetterci la forza per affrontare i nostri sogni, senza lasciarli in balìa del tempo. Prendendoci cura di loro e di noi stessi. Forse ci dona forza e coraggio, per credere in noi stessi, per non lasciarci trasportare dalla corrente, por non lasciarci ammalare. È un romanzo che consiglio molto ha chi sente il bisogno di riflette sulla sua vita e le sue scelte. È un romanzo introspettivo, profondo, capace di aiutarti a comprendere meglio la vita, ad accettarla, a farti vedere le ferite senza più sentirne il dolore. È una storia che ti insegna ad amare anche la sofferenza.
Published on February 17, 2018 04:00
Va' dove ti porta il cuore, di Susanna Tamaro [RECENSIONE]
Oggi sono qui, di fronte alla tastiera del computer con le mani che mi tremano dal freddo. Eh, sì, perché finalmente sembra arrivato l'inverno, quell'inverno che non voleva saperne di fare la sua comparsa in un febbraio che non ho mai ricordato caldo come quest'anno. Proprio oggi, di fronte a una televisione spenta, con una tazza di tè caldo alla mia sinistra, ho deciso di parlarvi di Va' dove ti porta il cuore, di Susanna Tamaro. Sarà l'atmosfera nostalgica e piovosa ad avermi ispirato la lettura di questo romanzo, comunque sia desidero parlarvene perché è una storia dolce, malinconica. Una storia che mi fa venire in mente un'epoca diversa, con profumi diversi. Susanna Tamaro ha una penna gentile, altruista. Così come lo è la sua storia, delicata ma forte. Va' dove ti porta il cuore è un romanzo che tutti dovremmo leggere prima o poi. È un po' come la storia del Piccolo Principe, sono quelle storie che vanno lette, perché cambiano la vita.
TRAMA
È come se qui accanto ci fosse una parte di te, la parte che amo di più.
Olga è nell’età in cui si fanno bilanci. Malata, sente il bisogno di raccontarsi, di ripercorrere la sua giovinezza, il suo matrimonio infelice e le vicende che hanno condotto sua figlia Ilaria a una morte precoce. Ha così inizio la sua lunga confessione alla nipote. E nel gesto della scrittura, pacata ma intensa e commovente, Olga ritrova finalmente il senso della propria esistenza e della propria identità. Una storia forte e umanissima che ha emozionato lettrici e lettori di ogni età.
Questa storia mia ha trasmesso tutta la dolcezza e la malinconia che si possono provare solo dopo aver vissuto a lungo. La sofferenza, la gioia, gli ostacoli da superare, sono tutte cose che si possono provare soltanto vivendo, ed è proprio di questo che parla il libro: di vita.
La vita di Olga in particolare, è un susseguirsi di eventi spesso deludenti, un dover far fronte a molte situazioni imbarazzanti, pericolose. Olga è una donna di altri tempi, una donna forte, ma fragile allo stesso tempo. I suoi errori l'hanno scolpita tracciandone le linee del volto, della voce, del suo essere semplice. Spesso mi sono chiesta che cosa significasse essere semplici, e sono convinta che questo romanzo sappia spiegarlo molto bene. Vivere senza pretese, con la speranza che tutto possa migliorare e con il vuoto dentro delle occasioni perdute. Forse questa storia vuole trasmetterci la forza per affrontare i nostri sogni, senza lasciarli in balìa del tempo. Prendendoci cura di loro e di noi stessi. Forse ci dona forza e coraggio, per credere in noi stessi, per non lasciarci trasportare dalla corrente, por non lasciarci ammalare. È un romanzo che consiglio molto ha chi sente il bisogno di riflette sulla sua vita e le sue scelte. È un romanzo introspettivo, profondo, capace di aiutarti a comprendere meglio la vita, ad accettarla, a farti vedere le ferite senza più sentirne il dolore. È una storia che ti insegna ad amare anche la sofferenza.
Published on February 17, 2018 04:00
January 30, 2018
Eppure cadiamo felici, Enrico Galiano [RECENSIONE]
Capelli rossi, occhi azzurri e lentiggini su naso e zigomi. Nonostante la bellezza della copertina a farmi decidere di leggere il libro è stato il titolo. L’impatto che ha avuto su di me questa frase: “Eppure cadiamo felici” è stato pressappoco come ricevere uno schiaffo in faccia, come sentire quella starna brezza che tira sempre più forte e che mi fa capire che quello lì, proprio quello, è il libro giusto. Mi sono sentita come “una busta di plastica trasportata dal vento” e mi ci sono sentita per tutta la lettura del romanzo. E anche dopo, quando l’ho finito. E anche adesso, mentre scrivo la recensione.Perché, vedete, io non ho letto nemmeno la trama di questo romanzo, è bastato quel titolo a farmi capire che questa storia non me la sarei mai scordata.
A voi invece la scrivo, la trama, così che potete leggerla se vi va, anche se, vi avverto, non rende abbastanza.
Sai perché mi scrivo sul braccio tutti i giorni quelle parole, “la felicità è una cosa che cade”? Per ricordarmi sempre che la maggior parte della bellezza del mondo se ne sta lì, nascosta lì: nelle cose che cadono, nelle cose che nessuno nota, nelle cose che tutti buttano via.Il suo nome esprime allegria, invece agli occhi degli altri Gioia non potrebbe essere più diversa. A diciassette anni, a scuola si sente come un’estranea per i suoi compagni. Perché lei non è come loro. Non le interessano le mode, l’appartenere a un gruppo, le feste. Ma ha una passione speciale che la rende felice: collezionare parole intraducibili di tutte le lingue del mondo, come cwtch, che in gallese indica non un semplice abbraccio, ma un abbraccio affettuoso che diventa un luogo sicuro. Gioia non ne hai mai parlato con nessuno. Nessuno potrebbe capire.
Fino a quando una notte, in fuga dall’ennesima lite dei genitori, incontra un ragazzo che dice di chiamarsi Lo. Nascosto dal cappuccio della felpa, gioca da solo a freccette in un bar chiuso. A mano a mano che i due chiacchierano, Gioia, per la prima volta, sente che qualcuno è in grado di comprendere il suo mondo. Per la prima volta non è sola. E quando i loro incontri diventano più attesi e intensi, l’amore scoppia senza preavviso. Senza che Gioia abbia il tempo di dare un nome a quella strana sensazione che prova.
Ma la felicità a volte può durare un solo attimo. Lo scompare, e Gioia non sa dove cercarlo. Perché Lo nasconde un segreto. Un segreto che solamente lei può scoprire. Solamente Gioia può capire gli indizi che lui ha lasciato. E per seguirli deve imparare che il verbo amare è una parola che racchiude mille e mille significati diversi.
Nessuno lo sa, ma lei è una che quando alle elementari le chiedevano: “Cosa vuoi fare da grande?” rispondeva sempre nello stesso modo, e cioè: “felice qualcuno”.Gioia Spada è una che colleziona parole, di quelle intraducibili come fernweh che in tedesco significa: Avere nostalgia di posti lontani, anche se non li abbiamo mai visti. (Credo che fra le tante, sia quella che preferisco di più).
Ecco, per descrivere questo romanzo me ne basterebbe trovare una che significhi al tempo stesso bello e che fa paura.
Sì, perché un libro così fa paura.
Non paura nel senso che ti succede come quando guardi un film horror, no, non quel genere di paura.
Paura nel senso che è un libro che apre e mentre lo fa ti svuota dentro e ti riempie di nuovo. Ti dice che c’è qualcosa là fuori e che in fondo è meglio di quello che credevi. Ti dice che ci sei, e che ci sei ora, e che questa è l’unica certezza che hai.
Ti dice di non aver paura degli altri, perché a volte fa più paura quello che siamo noi, dentro.
Era da “Raccontami di un giorno perfetto” che non leggevo un libro così, e a dirla tutta un po’ forse si somigliano queste due storie, un po’ forse possono avere un lato di buio e uno di luce, entrambe. Ma passando a un lato più tecnico che morale, Enrico Galiano, professore di italiano che ha ideato la serie Cose da prof, scrive molto bene. Mi piace il suo modo diretto ma non troppo, quei giri di parole che sanno di ripetizione, senza essere pesanti. I dialoghi sono strutturati in modo da rispecchiare molto i giovani di oggi, in particolar modo proprio gli adolescenti, e nonostante tutto non sono volgari e nemmeno pesanti, ma spesso risultano ironici, divertenti.
Enrico scrive così la storia di due ragazzi problematici: Gioia e Lo, entrambi adolescenti, entrambi soli, entrambi esclusi. Gioia Spada ha diciassette anni, una spruzzata di lentiggini su naso e zigomi, e grandi occhi azzurri che nascondono tutte le sue paure. Ha la passione per la fotografia, ma solitamente tende a fotografare tutti di spalle perché, dice, è lì che vedi davvero come sono le persone, spontanee e sincere. Per lei, sul viso, le persone portano sempre una maschera, ed è per questo che non ha intesa con nessuno dei ragazzi o delle ragazze che conosce. Ha un’amica, certo, si chiama Tonia ed è anche molto simpatica. Unico difetto è che non esiste. Perché lei, be’, è un’amica immaginaria. Mica poteva essere vera, una così.
E poi, dall’altra parte c’è Lo. Misterioso, ironico, a volte scorbutico. É un tipo in gamba, Lo. Un tipo di cui ti fideresti già dal primo incontro. Eppure nasconde qualcosa, una cosa che forse, solo Gioia riuscirà a scoprire cos’è.
Si incontreranno per caso fuori dall’entrata di un bar, la notte in cui lei decide di uscire di casa in tutta fretta, per fuggire al litigio dei suoi genitori. Impareranno a conoscersi e a capire molte cose l’uno dell’altra. A incuriosire Gioia è anche il barattolo di sassi che Lo porta sempre con sè.
Loro sono i protagonisti della storia, ma un’altra figura per niente scontata che ho amato moltissimo è quella del professor Bove. Un tipo a posto, se per “a posto” intendiamo dire: “uno qualunque”. No, il professor Bove non è uno qualunque. Luiè il professore.
Una storia molto dolce, triste, ma piena di luce. Sa tenerti incollata alle pagine, tanto che avevo timore di finirla troppo presto e dimenticare le cose importanti tra le pagine. Ma è impossibile, una storia così non si dimentica.
Published on January 30, 2018 14:50


