Stefano Terra è lo pseudonimo di Giulio Tavernari (Torino, 1917 – Roma, 1986), che nasce a Torino in una famiglia di modeste condizioni, comincia a lavorare a tredici anni e svolge diversi mestieri fino all’avvicinarsi della Seconda guerra mondiale, quando inizia a frequentare gruppi antifascisti. Nel 1941 si rifugia al Cairo ed entra nel gruppo di esuli di Giustizia e Libertà, con i quali avvia quella che diventerà una lunga carriera giornalistica. Scrive anche il suo primo romanzo, La generazione che non perdona – storia di una cospirazione antifascista a Torino nel momento della stipulazione del patto Molotov-Ribbentrop tra Stalin e Hitler – che viene pubblicato per la prima volta al Cairo nel 1944 e sarà ristampato poi in Italia nel 1946 col titolo Rancore. Per un breve periodo si trasferisce in Palestina, dove in quel periodo si moltiplicavano iniziative di stampo socialista e comunista nei kibbutz, quindi torna a Roma alla vigilia della liberazione della città e qui riesce a pubblicare il suo secondo romanzo,Il ritorno del prigioniero (1944). Alla fine della guerra Terra si trasferisce a Milano e collabora per circa un anno alla storica rivista «Politecnico» diretta da Elio Vittorini, ma da giornalista segue con estremo interesse i cambiamenti politici europei negli anni del primo dopoguerra, su cui scriverà poi alcuni saggi. Nel 1953, dopo aver vissuto per tre anni in Jugoslavia come corrispondente per la RAI e l’Ansa, pubblica il volume Tre anni con Tito, in cui analizza la figura del dittatore jugoslavo Josip Broz Tito, che in quel periodo aveva cercato di creare una sorta di “terza forza” che unisse quei paesi che non volevano appartenere ai due blocchi Est – Ovest riunitisi attorno a URSS e USA nel periodo della Guerra Fredda, e che nel 1955 sarebbero diventati il Movimento dei Paesi Non Allineati. Nel 1967 Terra, che da tempo è corrispondente per «La Stampa» in Medio Oriente e nei Balcani, si trova in Grecia e assiste in presa diretta al colpo di stato che costringe alla fuga il re Costantino, instaurando la feroce “dittatura dei colonnelli” che controllerà il paese per sette anni. Le persecuzioni di cui sono vittime molti suoi amici, soprattutto intellettuali e artisti, lo convincono a scrivere delle opere più approfondite, che possano diventare delle testimonianze storiche al di là del rapido resoconto di cronaca: lascia quindi il giornalismo per dedicarsi esclusivamente alla scrittura Negli anni successivi pubblica saggi, libri di viaggio e poesie, finché nel 1974 esce il suo romanzo di maggior successo, Alessandra, che vince il Premio Campiello. È la storia del complesso e doloroso rapporto tra il protagonista, un diplomatico italiano che è divenuto console a Rodi, e la moglie Alessandra che si reca da lui dopo dieci anni di separazione, ma racconta anche molto del grande amore che Terra nutre per la Grecia, che considera la sua seconda patria.
Stefano Terra è lo pseudonimo di Giulio Tavernari (Torino, 1917 – Roma, 1986), che nasce a Torino in una famiglia di modeste condizioni, comincia a lavorare a tredici anni e svolge diversi mestieri fino all’avvicinarsi della Seconda guerra mondiale, quando inizia a frequentare gruppi antifascisti.
Nel 1941 si rifugia al Cairo ed entra nel gruppo di esuli di Giustizia e Libertà, con i quali avvia quella che diventerà una lunga carriera giornalistica. Scrive anche il suo primo romanzo, La generazione che non perdona – storia di una cospirazione antifascista a Torino nel momento della stipulazione del patto Molotov-Ribbentrop tra Stalin e Hitler – che viene pubblicato per la prima volta al Cairo nel 1944 e sarà ristampato poi in Italia nel 1946 col titolo Rancore.
Per un breve periodo si trasferisce in Palestina, dove in quel periodo si moltiplicavano iniziative di stampo socialista e comunista nei kibbutz, quindi torna a Roma alla vigilia della liberazione della città e qui riesce a pubblicare il suo secondo romanzo,Il ritorno del prigioniero (1944).
Alla fine della guerra Terra si trasferisce a Milano e collabora per circa un anno alla storica rivista «Politecnico» diretta da Elio Vittorini, ma da giornalista segue con estremo interesse i cambiamenti politici europei negli anni del primo dopoguerra, su cui scriverà poi alcuni saggi. Nel 1953, dopo aver vissuto per tre anni in Jugoslavia come corrispondente per la RAI e l’Ansa, pubblica il volume Tre anni con Tito, in cui analizza la figura del dittatore jugoslavo Josip Broz Tito, che in quel periodo aveva cercato di creare una sorta di “terza forza” che unisse quei paesi che non volevano appartenere ai due blocchi Est – Ovest riunitisi attorno a URSS e USA nel periodo della Guerra Fredda, e che nel 1955 sarebbero diventati il Movimento dei Paesi Non Allineati.
Nel 1967 Terra, che da tempo è corrispondente per «La Stampa» in Medio Oriente e nei Balcani, si trova in Grecia e assiste in presa diretta al colpo di stato che costringe alla fuga il re Costantino, instaurando la feroce “dittatura dei colonnelli” che controllerà il paese per sette anni. Le persecuzioni di cui sono vittime molti suoi amici, soprattutto intellettuali e artisti, lo convincono a scrivere delle opere più approfondite, che possano diventare delle testimonianze storiche al di là del rapido resoconto di cronaca: lascia quindi il giornalismo per dedicarsi esclusivamente alla scrittura
Negli anni successivi pubblica saggi, libri di viaggio e poesie, finché nel 1974 esce il suo romanzo di maggior successo, Alessandra, che vince il Premio Campiello. È la storia del complesso e doloroso rapporto tra il protagonista, un diplomatico italiano che è divenuto console a Rodi, e la moglie Alessandra che si reca da lui dopo dieci anni di separazione, ma racconta anche molto del grande amore che Terra nutre per la Grecia, che considera la sua seconda patria.