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Sfida Scaffale Strabordante
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SSS12+1 Sfida dello Scaffale Strabordante 12+1: primo semestre, primi aggiornamenti
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11/24
Lacrime d'oro di Laurie McBain
Pag 439
Da tanto tempo non leggevo un romanzo che mi facesse ritornare alla magia di Via col vento.
Una donna che sa il fatto suo ed ..."
Uhhh Elvira, Via col vento è il mio libro preferito, corro a guardare!

uno dei miei libri preferiti di sempre!
Lo vorrei/dovrei rileggere!!

Sono mancata per un po'...ma ho letto diversi libri in lista per questa sfida:
-9/24: Il Conte di Montecristo di A.Dumas:l'ennesima rilettura per me ma ogni volta mi perdo nelle sue pagine:amori, intrighi, vendette...c'è di tutto e nonostante la mole si arriva alla fine senza accorgersene. Il romanzo per antonomasia, credo sia la definizione migliore.
-10/24:Schiava della libertà di I.Falcones:chiesto come regalo perché attirata dalla sinossi ho faticato a finirlo. Con 100 pagine in meno sarebbe stato più scorrevole e meno ripetitivo.
-11/24:We Are Family di F.Bartolomei: strano (a tratti paradossale ed incredibile) simpatico, scorrevole....alla fine si chiarisce tutto!
-12/24:A neve ferma di S.Bertola: mi ci sono fatta un sacco di risate! Ideale per trascorrere un pomeriggio (o poco più) in allegria.

Finalmente ho letto questo meraviglioso e imponente romanzo!
Erano anni che mi inseguiva, mi cascava l’occhio ogni volta che entravo in libreria, non c’era persona che difronte alla mia manifestazione di volerlo leggere non mi rispondesse: “DEVI leggerlo. Furore non è un romanzo ma IL romanzo!” e via dicendo. Ho letto sempre solo bene e forse proprio tutta questa positività mi ci ha creato dietro del timore reverenziale.
Poi per fortuna ci sono le Sfide Letterarie che ti caricano di buona competitività e decidi che quel momento è finalmente arrivato ed è ora di tirarlo giù dallo scaffale e affrontare “il mostro”… e che mostro…titanico e bellissimo, folgorante e rivelatore, imponente anche se a tratti complesso. Non parlo della scrittura, fin troppo fluida e coinvolgente quanto piuttosto il senso di quello che è narrato, ogni tanto mi dovevo fermare e riflettere sulla complessità di un pensiero per assorbirne il concetto nella sua interezza.
Ci ho trovato tanta filosofia, religione, analisi finanziaria ed economica, storicità, amore, lealtà e unione.
E ci ho trovato tantissima miseria riflessa nella vita e nella quotidianità di povera gente, ma il ritratto che mi ha trasferito è stato quello di una grandissima dignità, sempre e comunque.
Che bello il ritratto della famiglia e della cooperazione, che bella la lealtà e la cooperazione tra le genti.
E il finale… che pugno nello stomaco.
Una volta finito sono stata a lungo con il libro tra le mani e mi sono riletta ancora la Prefazione e la Postfazione, volevo continuare a mantenere il rapporto con l’oggetto, non riusciva a staccarmene.
Ho apprezzato tantissimo i capitoli brevi e descrittivi che riepilogavano il punto della situazione in maniera asettica, mi hanno ricordato la voce narrante di grandi kolossal del cinema come I Dieci Comandamenti di DeMille, La Bibbia di John Huston o Ben Hur di William Wyler.
Bello! Bello!! Bello!!!

Libro n. 6 della lista: Sovietistan di Erika Fatland
Interessante ed avvincente reportage sulla situazione contemporanea dei 5 Paesi dell'Asia Centrale che fecero parte dell'Unione Sovietica. L'autrice mescola con uno stile semplice e piacevole aneddoti di viaggio, storia e situazione politica, oltre ad alcune informazioni generiche.
E' lungo, ma scritto grande e si legge con vero piacere.
Unico appunto: le cartine in grigio sono davvero poco illuminanti, le avrei preferite orografiche o almeno a colori.

Salgari soddisfa la voglia di avventure di un giovane lettore. I posti di cui parla sembrano vivere nelle sue descrizioni, piene di dettagli che non mi hanno mai distratta dall'avvenimento principale e che davano tanto colore all'avventura e al desiderio di vendetta del corsaro nero. Ovviamente leggerò le avventure seguenti!

AwenArianna Rosa
Antea è malata di anemia mediterranea, sta per morire e nella società distopica in cui vive non c'è scampo per i poveri... l'unica soluzione è una misteriosa macchina dei desideri controllata dalla multinazionale più potente del mondo.
Esordio molto carino, scrittura scorrevole, pronta per crescere ancora e storia capace di intrattenere, catturare e magari far pensare. Non sono una fan di certi topoi del target YA ma... do la quarta stella per il colpo di scena che mi ha soddisfatto moltissimo sia perché ci speravo sia perché ci sta proprio benissimo e apre una serie di scenari che mi rendono curiosissima del seguito!

Romanzo corposo e imponente che scorre via da sé, senza che tu te ne accorga minimamente.
Seguiamo pagina dopo pagina questi Karnosky che ci raccontano la loro storia tra la Mitteleuropa e l’America, avendo 3 personalissime impressioni della loro religione e tre modi diversi di crederla e interpretarla.
Attorno a loro si muove tutto un microcosmo di persone dalle tante e varie personalità, alcune che si riveleranno eccezionali negli anni (quanto ho apprezzato Solomon Burak) e altre ignobili e meschine (Hugo, Zerb) altre che non faticheranno a voltarsi altrove quando ci sarà bisogno di dare peso alle parole di una religione applicata solo a chiacchiere sui Testi Sacri.
Un romanzo sulla storia delle tradizioni ebraiche e sui conflitti che esse hanno generato negli anni, degli attriti generati da credenze diverse, ma anche sulle tante e tali vulnerabilità e precarietà dell’Uomo.
Un romanzo moderno e flessibile per la varietà di personaggi e situazioni, con un finale biblico scontato eppure emozionante.
Un romanzo necessario e fondamentale che mi ha tenuta incollata fino alla fine a seguire le gesta ora di David (il più irritante), ora di Georg (il mio preferito) e infine di Jegor (la figura più tormentata).
Ho apprezzato la scrittura fluida e mai schierata di Israele J. Singer e anche la totale assenza di riferimenti storici agli anni cui era ambientata la situazione: la grande capacità dell’Autore è stata appunto descrivere il momento storico in modo tale che ci si rendeva conto dell’anno storico in base alle inquietudini, alle tensioni e alle azioni che di dipanavano pagina dopo pagina.
Unica pecca che mi sento di segnalare è proprio il finale, tirato via troppo in fretta, come un cerotto; una Famiglia del genere meritava un finale con un giusto quantitativo di pathos relegato di fatto solo a 4 paginette.

Ciao, buona serata.

E' davvero una famiglia moderna quella che ci presenta Helga Flatland nel suo romanzo?
In realtà sembra che il divorzio dei genitori ormai 70enni mandi a catafascio le vite dei figli, ormai adulti e con una famiglia propria. Liv, incapace di schiodarsi dall'idea che la famiglia sia qualcosa per cui sforzarsi e tenere duro invece di qualcosa che dovrebbe renderci più felici. Ellen, che cerca di avere un figlio senza risultati e che comincia a vedere se stessa come un inutile utero vuoto (anche all'interno della propria relazione, che dovrebbe essere qualcosa di più di un nucleo riproduttivo). Haikon, che rifugge la monogamia eppure fa di tutto per tenere insieme quel che resta di una famiglia apparentemente sbriciolata.
Il romanzo è raccontato in maniera corale, prevalentemente dalle due sorelle, ma dando voce ad Haikon nelle ultime pagine e racconta una storia qualunque, ma scandagliando a fondo i sentimenti e soprattutto le presunte idee che gli altri si fanno di noi e le presunte idee che noi ci facciamo degli altri. Tutti i narratori di questa storia sono inaffidabili, perché inaffidabili sono le loro (ma anche le nostre) percezioni e i loro ricordi.
Se proprio devo fare un appunto, a volte un po' troppo "spiegone", però l'ho letto volentieri e con trasporto in pochissimi giorni.

Terminato il bellissimo libro:
La Festa del caprone" di Mario Vargas Llosa
La scrittura di Vargas Llosa ci trascina completamente e vorticosamente nella trentennale dittatura dominicana di Trujillo.
Un libro doloroso ma che fa comprendere i torbidi, infidi meccanismi che si celano dietro una dittatura e del suo inspiegato consenso!
Ve lo consiglio davvero....

13/24:L'ombra del vento:letto anni fa, ho colto l'occasione della sfida per leggerlo di nuovo...
Bello, bello, bello: mi ha suscitato un sacco di emozioni nonostante mi ricordassi diversi aneddoti.
14/24:Il sorriso di Caterina: La madre di Leonardo: originale l'idea di raccontare la storia da diversi punti di vista (in pratica tutti coloro che incontrano la protagonista) ma, proprio per questo diversi episodi vengono ripetuti e la lettura risulta, di conseguenza, pesante.
Con 100 pagine in meno sarebbe stato migliore.
Stupende le considerazioni finali!


4/24
Marguerite Yourcenar, "Memorie di Adriano", Einaudi p. 339
Una lettura impegnativa di un capolavoro senza tempo, ma splendida, arricchente e di forte emozioni come poche altre letture sanno offrirci.
È allo stesso tempo romanzo, saggio storico, opera poetica e libro di memorie. Il testo è costruito come una lunga lettera che l’imperatore Adriano, ormai prossimo alla fine, scrive al nipote Marco Aurelio, futuro erede dell'impero, come pretesto per ripensare alla sua vita di uomo e alla sua opera di politico. L'introspezione analitica e il tono di confessione conferiscono alla lettera il valore di testamento spirituale.
Adriano ripercorre le tappe del passato, rivivendone i momenti più incisivi. È la grande storia di Roma quella che si proietta sullo sfondo, in particolare il II secolo d. C., tradizionalmente considerato il più prospero dell'impero romano e di relativa pace.
La Yourcenar traccia il profilo di un uomo saggio ed equilibrato, le cui riflessioni sul potere, sul divino, sul rapporto con il tempo, sul modo di vivere le passioni e sul destino umano acquistano una dimensione universale.
Ed è sul mistero dell’amore che il libro, per mezzo della voce di Adriano, ci regala alcune pagine tra le più intense, di straordinaria modernità.
La scrittura, che mescola narrazione e riflessione filosofica, è raffinata e colta, in perfetto equilibrio tra passato e presente.
Preziosi, infine, i "Taccuini di appunti", posti in appendice all'edizione Einaudi, per capire la genesi dell'opera.
"Se un essere solo, anziché ispirarci tutt’al più irritazione, piacere o noia, ci insegue come una musica e ci tormenta come un problema, se trascorre dagli estremi confini al centro del nostro universo, e infine ci diviene più indispensabile che noi stessi, ecco verificarsi il prodigio sorprendente, nel quale ravviso ben più uno sconfinamento dello spirito nella carne che un mero divertimento di quest’ultima."
Una delle più affascinanti e struggenti definizioni dell’amore.
Voto: 5/5

Nella mia carriera di lettrice ammetto di non aver letto moltissimo di S.K., qualcosa sì anche di notoriamente importante (Carrie, Misery) e qualcosa ancora giace nella libreria a causa del “peso morale” (IT, Shining) ma nel complesso, ho sempre ritenuto che pur sapendo scrivere e scrivere bene, l’Autore si dedicasse alla produzione più che alla morale. Questo libro ha totalmente stravolto le mie convinzioni, S.K. si serve della materia horror (neanche tanta qui in realtà) per affrontare tematiche complesse che da sempre stanno a cuore a tutti, grandi e piccoli: c’è vita dopo la morte? Cosa credono le varie religioni? Si può sopravvivere alla morte di un Caro? ci riesce a convivere col proprio dolore tanto da arrivare, un giorno, a farsene una ragione?
Mi è piaciuto davvero tanto, S.K. ha costruito una storia complessa e articolata che in realtà è filata liscia da sé, ha saputo bilanciare perfettamente descrizioni di ambienti e sentimenti per affezionare il lettore ai personaggi per vederli poi nella loro discesa all’Inferno, impossibilitati ad aiutarli o a persuaderli.
Sicuramente uno tra i migliori King letti finora, sicuramente resto con la voglia di leggere altro e di decidermi ad affrontare i “mostri sacri” dell’Autore!

Ritorno dopo mesi per aggiornare con l'ultima lettura terminata, Giochi sacri, che mi ha tenuto impegnata per un po' non solo per la sua mole (quasi 1200 pagine) ma anche per la ricchezza di una trama fitta fitta di personaggi, intrighi ed eventi. Nella Bombay tra gli anni '90 e 2000, l'ispettore Sartaj Singh si trova ad affrontare il temutissimo gangster Ganesh Gaitonde, ma questo loro incontro è solo di fatto l'epilogo di una storia immensa di potere, corruzione, politica e religione, oltre che di molto altro. Attraverso l'espediente narrativo di quella che a tutti gli effetti è una confessione iniziata negli ultimi minuti di vita ma proseguita post-mortem, il gangster racconta a capitoli alterni della propria vita e ascesa nella criminalità, l'affascinante e tormentato ispettore indaga e approfondisce la relazione con personaggi che nella vicenda sembrano avere un ruolo apparentemente marginale, ed il lettore (io in questo caso) si ritrova a tenere duro per non mollare e non perdere il filo in questa fittissima rete di intrecci e personaggi. Il romanzo è densissimo di azione e la scrittura scorre che è un piacere, ma le tantissime digressioni (e le altrettante parole e frasi la cui traduzione va cercata nel glossario a fine libro) finiscono per far calare inevitabilmente l'interesse. Un grande peccato perché l'abilità e destrezza di Chandra nel far combaciare tutti i pezzi in questo immenso affresco indiano è davvero, davvero notevole.
Giudizio finale: se ci fosse la mezza stella, la aggiungerei alle 3 date.

Ottobre è stato per me un mese di libri impegnativi da leggere, e L'Opera al nero è senza dubbio il più impegnativo tra essi.
E' infatti un romanzo di notevole densità e complessità: attraverso gli occhi del protagonista Zenone - medico, alchimista, scienziato, filosofo, teologo, pensatore finissimo - si racconta e si sviscera il XVI secolo tutto, di cui la Yourcenar traccia un quadro vivo e ricchissimo; è un periodo storico estremamente complesso, fatto di trasformazioni, in bilico tra le certezze del passato e il timore che le numerose novità del secolo - di pensiero soprattutto, ma anche tecniche, scientifiche, geografiche, religiose - portano con sé.
Per stessa ammissione dell'autrice, Zenone pesca tratti caratteriali, episodi biografici, ricerche, riflessioni, scoperte e altro ancora da svariati personaggi storici più o meno noti di quel periodo, accomunati tutti dall'aver osato pensare e agire in modo nuovo, diverso, mettendo continuamente in discussione ogni verità - vecchia o nuova che fosse. In Zenone ci sono Leonardo, Paracelso, Copernico, Galileo, Campanella, Bruno e numerosi altri a me meno noti (ma tutti elencati nella preziosissima nota finale dell'autrice). E come tutti loro Zenone pensa, dubita, ragiona, rielabora; su ogni accadimento che vive o a cui assiste, su ogni scoperta che fa o di cui viene a sapere, su ogni persona che incontra... e il lettore con lui.
Ne L'Opera al nero gli episodi storici si affiancano a quelli della vita (movimentata) di Zenone, mescolandosi a quelli di altri personaggi a lui legati ma soprattutto a numerose, numerosissime, riflessioni. La proporzione tra questi elementi, però, non è felice - non secondo i miei gusti, almeno, avvicinando il testo più a un saggio che a un romanzo. Soprattutto nella prima metà (quella della vita errante di Zenone), ci si sofferma poco su quanto accade al protagonista e moltissimo su personaggi comprimari, episodi storici e ciò che essi portano con sé; approdiamo alla seconda metà del romanzo (quella in cui Zenone ritorna a Bruges e vi resta a lungo, dunque la più statica) senza sapere poi molto di Zenone stesso; nonostante ciò, visto che la proporzione tra accadimenti e riflessioni si riequilibra, ma soprattutto perché nel frattempo si è entrati in confidenza con lo stile dell'autrice, il romanzo scorre via con maggiore facilità; ma la densità del testo resta sempre elevatissima, dall'inizio alla fine.
Non è un romanzo che intrattiene, non è un romanzo che si possa leggere quando si è stanchi o distratti; è un'opera che ci richiede attenzione, concentrazione e interesse, e che stimola il nostro pensare. La complessità della prosa della Yourcenar - che non sono in grado di definire altrimenti che "accademica" - e l'impegno che la lettura delle sue opere richiede mi erano risultate chiare già con Le memorie di Adriano. Tuttavia, vuoi perché da un lato abbiamo un personaggio realmente esistito ed estremamente carismatico mentre dall'altro un personaggio di finzione chiuso in sé stesso e nelle proprie riflessioni; e vuoi perché da un lato c'è un romanzo ambientato in un periodo storico con cui ho grandissima familiarità e dall'altro un secolo (e un'area geografica, quella delle Fiandre) che mai ho avuto occasione di approfondire... con L'Opera al nero ho fatto molta, molta più fatica, e l'impressione finale che me ne è rimasta non è stata altrettanto favorevole. Considero Le memorie di Adriano un capolavoro; penso invece che de L'Opera al nero dimenticherò molto in fretta molte cose, pur essendo rimasta estremamente ammirata dalla cura e dall'abilità con cui l'autrice ha ricostruito l'Europa del XVI secolo con tutte le sue contraddizioni e problematiche.
Non cesserò mai di stupirmi che questa carne sostenuta dalle sue vertebre, questo tronco congiunto alla testa dall'istmo del collo, con le sue membra simmetricamente disposte intorno, contengano e forse producano uno spirito che si serve dei miei occhi e dei miei movimenti [...] Ne conosco i limiti, e so che il tempo non gli mancherà per andar più lontano, e la forza, se per caso il tempo gli fosse concesso. [...] So che esso sbaglia, erra, interpreta spesso a torto la lezione che gli impartisce il mondo, ma so anche che porta in sé di che scoprire e talvolta rettificare i propri errori. Ho percorso almeno una parte del globo nel quale ci troviamo: ho studiato il punto di fusione dei metalli e la generazione delle piante; ho osservato gli astri ed esaminato l'interno dei corpi. Sono capace di estrarre d a questo tizzo che sollevo la nozione di peso e da queste fiamme la nozione di calore. So che non so quel che non so; invidio coloro che sapranno di più, ma so che anch'essi, come me, avranno da misurare, pesare, dedurre e diffidare delle deduzioni ottenute, stabilire nell'errore qual è la parte del vero e tener conto nel vero dell'eterna presenza di falso. Non mi sono mai ostinato su un'idea per timore dello smarrimento in cui cadrei senza di essa. Né ho mai condito di menzogne un fatto vero per rendermene la digestione più facile. Non ho mai deformato le opinioni dell'avversario per confutarle più facilmente [...] O piuttosto, sì: mi sono sorpreso a farlo, e ogni volta mi sono rimproverato come si sgrida un domestico disonesto, e ho ritrovato la fiducia solo dopo essermi ripromesso di far meglio. Ho avuto anch'io i miei sogni, e non gli attribuisco valore d'altro che di sogni. Mi sono guardato bene dal fare della verità un idolo; ho preferito lasciarle il nome più umile di esattezza. I miei trionfi e i miei pericoli non sono quelli che la gente s'immagina ci sono altre glorie oltre la gloria e altri roghi oltre il rogo. Sono quasi riuscito a diffidare delle parole Morirò un po' meno sciocco di come son nato.


5/24
Ilaria Tuti, "Come vento cucito alla terra", Longanesi p. 384
Ancora una volta non sono rimasta delusa da questo secondo romanzo storico di Ilaria Tuti, autrice che apprezzo moltissimo.
Il talento della sua penna ci racconta la vicenda delle Lady doctors, che combatterono per salvare i soldati feriti durante la Prima Guerra Mondiale, per affermare sé stesse e per i diritti di tutte le donne.
In modo appassionante e coinvolgente, l'autrice ci restituisce una preziosa testimonianza della straordinaria e coraggiosa tenacia delle prime donne chirurgo, la cui esistenza è rimasta troppo a lungo nascosta tra le maglie del tempo. Una potente storia di
di lotta e sacrifici, ma anche di riscatto, speranza e libertà, nella lunga la strada dell’emancipazione femminile.
"Riparare. Ricucire. Correggere il destino, quando era possibile. Serviva vocazione, serviva l'ambizione folle di diventare ciò che a una donna non era concesso di essere."
Voto: 5/5

Probabilmente avevo io delle aspettative molto alte verso questo libro che, in base al titolo, parlasse molto di più delle case editrici italiane e delle chicche dietro i libri; diciamo che questo fa ma, per 300 e passa pagine l'Autore parla semplicemente di quelle cui lui ha lavorato, autocelebrandosi e celebrandole, salvo poi passare a raccontare delle case editrici minori scarsamente negli ultimi paio di capitoli, talmente scarsamente che ad alcune case editrici ha dedicato un paragrafo e ad altre lo zero assoluto.
Peccato

https://www.goodreads.com/topic/show/...
Qui fra qualche giorno si chiuderà
Buone letture : )

10/24 Amatissima di Toni Morrison
I salti temporali e di contesto, lo stile a volte lirico e infarcito di figure retoriche a volte sfrangiato e surreale non hanno reso la lettura semplice. Ma poi, dopo qualche decina di pagine, si è aperto un varco, non so neanch'io perché, e sono entrata nella storia e non ne sono uscita più. Si avverte che il testo è maggiormente apprezzabile in lingua originale, come si evince anche dalla postfazione in cui si parla dei vari neologismi utilizzati dall'autrice che, ovviamente, si perdono in traduzione, ma anche nella versione in italiano si può cogliere tanto della storia di Sethe e tanto ci colpisce di come viene narrata la devastazione esteriore ed interiore di chi ha subito la schiavitù.

1) Tempesta solare di Asa Larsson - Primo di una serie di 5 romanzi polizieschi ambientati a Kiruna, nel nord della Svezia, non di particolare merito ma amo gli autori nordici e amo le atmosfere fredde, buie e nevose e le ho trovate tutte, compresa una storia anche abbastanza suggestiva.
Credo abbiano tratto anche una serie tv dal titolo “Rebecka Martinsson”. Non escludo di proseguire cercando anche gli altri romanzi, validi per quando non si ha voglia di pensare troppo
2) La festa del Caprone di Vargas LLosa - Letto con Lisa e Gracy in una bella e intensa collettiva: abbiamo condiviso pensieri e riflessioni su un particolare e doloroso momento storico: la dittatura trentennale di Trujillo a Santo Domingo e la sua caduta, magnificamente descritta dando voce a 3 diversi punti di vista, in una intensa visione collettiva e una dettagliata ricostruzione dei fatti. Davvero consigliato
4) Ogni mattina a Jenin di Susan Abulhawa - Quale occasione migliore per approfondire un tema tristemente tornato attuale attraverso gli ultimi accadimenti del 7 ottobre? Un libro necessario, doloroso, potente, una tragedia umana senza fine, un punto di vista (quello palestinese) attraverso 4 generazioni che aiuta a ricordare il passato, a ricostruire la storia di un popolo e di un conflitto che ci lascia oggi più che mai senza parole. 🙏
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Libro difficile da leggere e da commentare. Mi ha portato via più tempo del dovuto, alcune parti scorrevano che era una bellezza (quelle narrate dal giovane protagonista) altre parti ostiche e dispersive (quelle narrati dai nonni, per lo più).
Ci sono stati passaggi di una commozione disarmante, la pedanteria sfiancante e puntuale del giovane Oskar riusciva a immergermi totalmente nella mente e nel comportamento di un bambino di 10 anni in questo Safran Foer è stato davvero bravo bravo.
Nel complesso però un po' deludente, mi aspettavo forse io qualcosa di più dalle tante recensioni positive lette qua e là...