La Stamberga dei Lettori discussion

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Articoli e recensioni del blog > Pseudonimi letterari e identità fittizie: da Stephen King a J.K. Rowling, passando per J.T. Leroy e Lara Manni

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La Stamberga dei Lettori (lastambergadeilettori) | 116 comments Mod
Articolo di Tancredi (su http://www.lastambergadeilettori.com/...)

Non c'è niente di peggio, per uno scrittore, di suscitare polemiche e far parlare di sé per tutto meno che per il contenuto dei suoi libri.
E' una amara lezione che molti scrittori hanno presto o tardi imparato: tra le ultime arrivate, si piazza J.K. Rowling e il suo recente caso di coming out da pseudonimo letterario. Un caso che mi è parso ottima occasione per un articolo - opinione non richiesta sul fenomeno degli pseudonimi letterari. O, per meglio dire, su un particolare uso degli stessi.
Da sempre gli scrittori, per innumerevoli e ragionevoli motivazioni, ricorrono con facilità agli pseudonimi letterari. Necessità di protezione: evitare di "macchiare" il nome nobile della famiglia di appartenenza o celare la propria identità. Necessità di oltrepassare le barriere: quella sociale, con un nome altolocato, quella sessuale (come le sorelle Bronte, che inizialmente hanno adottato nomi maschili), quella linguistica (come il polacco Jozef Kondrad Korzienowski, che s'inventò un Joseph Conrad più congeniale ai britannici). C'è chi preferisce tenere le carriere separate: come il matematico Charles Lutwidge Dodgson che firmava i suoi libri per bambini con il nome di Lewis Carroll. O persino chi muta il nome per tracciare distinzioni tra i diversi generi (come Agatha Christie che si trasformava in Mary Westmacott, scrittrice di romanzi rosa). Per finire con le logiche di mercato: autori come T.S. Eliot, D.H. Lawrence, ma anche J.R.R. Tolkien e da ultimo George R.R. Martin devono certamente una parte del loro successo al fascino delle lettere puntate. Fascino che si aggiunge al beneficio del dubbio nel caso di scrittrici come J.K. Rowling o P.D. James che, venendo incontro alle logiche di un mercato editoriale che premia gli uomini, celano il proprio genere.

Se aumentiamo la focalizzazione e ci concentriamo sulla seconda metà del Novecento e sulla narrativa contemporanea, vediamo come il fenomeno muti, assumendo connotazioni sempre più polemiche, di protesta.
Se è vero che genere sessuale e posizione sociale non sono più un problema, gli scrittori sono abilissimi a crearsi nuove barriere e nuovi problemi. Un problema è effettivamente il peso dell'eccessivo successo, che spinge molti scrittori a tentare vie alternative sotto pseudonimo. Celeberrimo il caso di Stephen King, che tra gli anni Settanta e Ottanta ha firmato diversi romanzi come Richard Bachman.
Una scelta operata per varie ragioni, soprattutto per mettere alla prova i suoi lettori e il mondo editoriale. King organizzò bene la sua burla: pubblicò cinque romanzi con una casa editrice diversa dalla sua e diede spessore al ritratto di questo suo alter ego, pubblicandone pure una presunta fotografia. Quando il gioco venne scoperto, King fece morire "di cancro" la sua creazione, per poi onorarne la memoria nei romanzi successivi. Un esperimento, dunque, per niente fallito: i romanzi di Bachman ebbero un discreto successo, ma sicuramente più successo ha avuto la creazione del suo alter ego.
Nell'operazione di King burla, gioco e invenzione letteraria s'erano intrecciate alla polemica contro i pregiudizi delle case editrici. Quest'ultimo aspetto in poco tempo diviene predominante nel ricorso allo pseudonimo: così è in casi più recenti e anche più noti e sorprendenti.
In Francia ha fatto scalpore il caso di Romain Gary (già pseudonimo), unico scrittore a vincere due volte, contro il regolamento, il prestigioso Premio Goncourt, partecipando con un romanzo firmato con un altro pseudonimo ancora.
Polemica voluta dall'autrice, invece, nel caso di Doris Lessing, Premio Nobel 2007: quando era già famosa, mandò un manoscritto a una casa editrice sotto falso nome, ma venne scartato. La Lessing a quel punto scoprì le carte e puntò il dito contro l'ipocrisia delle case editrici.

Ultima arrivata, la Rowling. Una scrittrice che, al netto dei quattrini guadagnati con la fortunata serie di Harry Potter, fa parlare di sé anche quando non vorrebbe e mostra già insofferenza per l'ossessione mediatica cui è sottoposta - in effetti, mancano solo le recensioni alla sua lista della spesa.
La madre del maghetto l'estate scorsa ha sorpreso tutti con la pubblicazione di un giallo per adulti, scritto nonostante il pericolo di una pioggia di critiche e il peso della sua fama. Pochi libri, secondo il mio modesto parere, possono vantare l'ossessione che il suo Il seggio vacante ha suscitato, quasi come fosse il flop di una scrittrice da Nobel e non, com'è realisticamente, al netto delle opinioni personali, una prova diversa per una fortunata ma dilettante autrice di una saga per bambini. Tutte ragioni, comunque, che l'hanno indotta a rispolverare l'uso dello pseudonimo letterario, pubblicando sotto la falsa identità dell'esordiente Robert Galbraith un secondo giallo, The Cuckoo's Calling. Rifiutato, snobbato dalla critica forse ancora più del precedente, ha venduto solo 1500 copie in tre mesi, incontrando però il favore di un pubblico limitato ma sinceramente entusiasta. A cercare sui social network librari le più vecchie recensioni, s'incontra un giudizio positivo e ben disposto verso il libro. Proprio quel che cercava, probabilmente, la Rowling: un riscontro serio che non venga falsato dal suo nome, per un romanzo di genere scritto solo per il piacere di raccontare una storia.
Dispiaciuta per le limitate vendite, a sentire le malelingue, o più realisticamente, messa alle strette da un giornalista che si è accorto che Rowling e Galbraith condividono lo stesso agente letterario, la Rowling dopo soli tre mesi ha scoperto le carte: immediatamente - riporta Amazon - le vendite sono aumentate del 150%.
Queste esperienze chiamano una prima riflessione. La domanda che sorge spontanea a conclusione del caso Rowling è sempre la stessa: chi ci ha rimesso in immagine, la Rowling o le case editrici? Le limitate vendite di The Cuckoo's Calling sono una pessima figura per la Rowling, sintomo di una sua capacità letteraria che ora si scopre infima, o per critici e lettori che hanno snobbato un romanzo di genere non riconoscendo il marchio della Rowling? Difficile rispondere, difficile scegliere una delle due posizioni: se la prima pare semplicistica e approssimativa, la seconda è poco realistica. La verità è che - come ha voluto dimostrare l'autrice stessa - il nome vende più del libro, e il ricorso allo pseudonimo oggi è forte come in passato.

Ultimamente si è andati oltre ogni limite immaginabile, portando all'eccesso esperienze come quella di Stephen King: lo pseudonimo da alter ego diventa individuo vero e proprio.

Uno dei casi più celebri che ha aperto il nuovo millennio è senz'altro quello di J.T. Leroy. Autore di due romanzi autobiografici (Sarah e Ingannevole è il cuore più di ogni cosa), si presenta come un giovane poco più che ventenne, sopravvissuto a una vita di abusi e prostituzione. Jeremiah ha un aspetto androgino, compare saltuariamente in pubblico ma è attivo nel web, con un blog seguitissimo.
La sua storia è subito diventata un caso mondiale, andando ben oltre il comparto letterario, finendo con l'attirare l'attenzione e la solidarietà di star del cinema, di scrittori che l'hanno preso sotto la loro ala protettiva (a cominciare da Dennis Cooper, scopritore del giovanissimo Jeremiah), persino del mondo della musica (il gruppo Garbage ha composto la canzone Cherry Lips in suo onore).
In Italia Ingannevole è il cuore più di ogni cosa viene candidato al Premio Strega 2000, mentre nel 2005 Asia Argento ne realizza un film. Il 9 gennaio 2006 arriva la rivelazione shock: J.T. Leroy non esiste. Al suo posto, una donna quarantenne chiamata Laura Albert, autrice dei libri, e la giovane cognata di lei, Savannah Knoop, che impersonava il personaggio nelle uscite pubbliche. Cos'è successo? E' successo che una trentenne (all'epoca), con la passione della scrittura e del camuffamento, di fronte agli ostacoli nel lungo cammino verso una pubblicazione, si sia spacciata per un giovane ragazzo, finendo con l'impersonare completamente la sua creazione. Il mondo non l'ha presa molto bene: se alcuni gridavano al genio e parlavano del "caso J.T. Leroy" come una nuova forma di creazione letteraria, il potere giudiziario statunitense l'ha vista semplicemente come frode, condannando la Albert per un contratto cinematografico firmato con il suo pseudonimo.

Esperienza tutta italiana, e con conseguenze ben diverse, quella di Lara Manni. Sebbene sia fortissima la tentazione di ignorare questa disastrosa esperienza editoriale italiana, il caso Lara Manni ha il pregio di presentarsi come sintesi perversa delle nuove manifestazioni dello pseudonimo letterario.
Saranno pochissimi a ignorare la vicenda, ma può essere utile ripresentarla in maniera rapida e semplice, attenendosi ai fatti. Fatti: Loredana Lipperini, giornalista per La Repubblica e scrittrice per Feltrinelli, viene accusata di essere Lara Manni, giovane scrittrice di fanfiction, che esordisce con Esbat, romanzo urban fantasy per i tipi di Feltrinelli. La misteriosa Lara Manni non è mai apparsa in pubblico, ma scriveva giornalmente sul suo blog, risponde(va?) alle mail dei suoi ammiratori ed è grande amica del collettivo Wu Ming nonché, guarda caso, di Loredana Lipperini, con la quale condivide (anche lei, come la Rowling!) l'agente letterario. Proprio il loro rapporto alla Peter Parker/Spiderman (con tanto di recensioni incrociate) fa subodorare l'identità, finché il bollino della SIAE di Esbat, registrato a nome Loredana Lipperini, mette a tacere qualunque dubbio. Il mondo editoriale italiano registra appena il caso, che invece infiamma il web: la Lipperini insabbia tutto, minaccia querele a destra e manca e scoppia una guerra che viene combattuta a pagine di Wikipedia. Ad oggi, la Wikipedia italiana considera Lara Manni e Loredana Lipperini due persone distinte, accennando appena al caso. Qualunque sia la verità dietro il caso, il commento non può che essere uno solo: un'immensa pessima figura per scrittrice, editori e lettori.

Cerchiamo di tirare le somme. Perché - si potrebbe obiettare, in una semplicistica lettura di questo articolo - King è un genio, Laura Albert una pazza (ma comunque geniale), la Rowling una vittima e la Lipperini sarebbe, nelle peggiori delle ipotesi, un'ipocrita?
A domanda banale e semplicistica, risposta altrettanto semplicistica: King ha avuto successo e ha reinventato lo pseudonimo letterario, facendone addirittura un personaggio dei suoi romanzi; la Albert ha commesso un reato ma commosso un mondo intero, mostrandone il doppio volto; la Rowling sta scoprendo i suoi limiti e il peso del suo nome; la Lipperini ha preso in giro i suoi lettori e ancora si ostina a non rivelarsi. Ma soprattutto: mentre King e la Rowling (quello della Albert è un caso differente) hanno tentato, scommesso su se stessi e pubblicato i romanzi sotto pseudonimi con case editrici differenti, con tutti i rischi annessi, la Lipperini e la Manni convididono clamorosamente agente ed editore (almeno per il primo libro della trilogia). Concedetemi la conclusione pessimista: in ciò, il caso Lara Manni ha dimostrato come il sempiterno malcostume italiano, in barba al tanto sbandierato merito, stia facendo marcire anche il mondo editoriale. Più delle azioni di Lara Manni e Loredana Lipperini parlano le reazioni di fan e detrattori, che hanno sistematicamente impedito una risoluzione del caso, ma soprattutto inquinato di ipocrisia il rapporto tra scrittore e lettore. Così, quello stesso pseudonimo letterario, che in mano a King e a Laura Albert è diventato motore di nuove creazioni letterarie, in Lara Manni è degenerato come moltiplicazione esponenziale di un'ipocrisia della quale siamo tutti intossicati e sempre più incapaci paradossalmente a fare a meno.



message 2: by Devero (new)

Devero | 633 comments Interessante.

Personalmente conoscevo il caso King e sapevo qualcosa del caso Leroy per via della condanna (per evasione fiscale se ben ricordo), e nulla della Rowling e Lipperlini/Manni.

Per come la vedo io l'uso di pseudonimi ha senso solo in due casi: mantenimento dell'anonimato oppure prova di valore con se stessi.
Certo, ha senso anche per giudicare quanto oggettivamente il mondo ci vede. Ricorderò sempre che Elvis Presley una volta si presentò, sotto pseudonimo, ad un concorso di sosia di se stesso ed arrivò solo quarto.


message 3: by Sakura87 (new)

Sakura87 | 2496 comments Mod
Non era una battuta di Groucho Marx? :D


message 4: by Devero (new)

Devero | 633 comments Sakura87 wrote: "Non era una battuta di Groucho Marx? :D"
Elvis la fece davvero quella cosa. Certo, non era più proprio un giovanotto, ma si preparò più che bene. Scoprì che i fan lo immaginavano sempre uguale al se stesso ventenne/trentenne.


message 5: by Sakura87 (last edited Jul 18, 2013 07:42AM) (new)

Sakura87 | 2496 comments Mod
Scherzi a parte, sulla discussione Manni/Lipperini l'anno scorso ne ho discusso a lungo (anche con persone che assumevano toni poco piacevoli) su aNobii, quando saltò fuori il famoso bollino. Ora, io credo che creare uno pseudonimo sia un grazioso gioco letterario, e che ci sono persone che non possono farne a meno: professionisti o personaggi pubblici che non vogliono essere ricollegati al mondo della letteratura, madri di famiglia che scrivono porno o paranormal romance per ragazzine (secondo me non c'è nulla di male, ma ognuno fa come credo)...
C'è poi chi crea uno pseudonimo per avere dei vantaggi: italiani che inglesizzano il cognome e usano iniziali puntate per fingere di essere stranieri ("perché se sanno che sono italiano non mi comprano") e così via.

Ma secondo me è veramente malato prendere uno pseudonimo e farne un personaggio con una sua biografia, che risponde ai fan, dialoga su un blog, frequenta forum, instaura insomma un rapporto virtuale più o meno stretto con altre persone, e poi pretendere che la gente non si senta presa in giro.
E allora, va benissimo che una giornalista famosa si vergogni un po' di pubblicare romanzi fantasy basati su un manga, ma da qui a creare una persona inesistente e ad un anno dalla prova oggettiva del loro legame (un bollino SIAE) non aver rilasciato nemmeno una sparuta dichiarazione...
Hai fatto la frittata? Almeno mettici il sale e rendila saporita.


message 6: by Devero (new)

Devero | 633 comments Magari il medico le ha imposto una dieta insipida per l'alta pressione.


message 7: by Loredana (last edited Jul 18, 2013 08:21AM) (new)

Loredana Puma (elli_81) | 23 comments Sakura87 wrote: "Ma secondo me è veramente malato prendere uno pseudonimo e farne un personaggio con una sua biografia, che risponde ai fan, dialoga su un blog, frequenta forum, instaura insomma un rapporto virtuale più o meno stretto con altre persone, e poi pretendere che la gente non si senta presa in giro.
E allora, va benissimo che una giornalista famosa si vergogni un po' di pubblicare romanzi fantasy basati su un manga, ma da qui a creare una persona inesistente e ad un anno dalla prova oggettiva del loro legame (un bollino SIAE) non aver rilasciato nemmeno una sparuta dichiarazione...
Hai fatto la frittata? Almeno mettici il sale e rendila saporita."


Non potrei essere più d'accordo. All'epoca la storia Lipperini-Manni mi aveva davvero disgustato. Non vedo nulla di male nel piccolo esperimento della Rowling (o in quelli, a suo tempo, fatti da King), che comunque, appena c'è stato il sospetto, ha ammesso subito: "ok, sono io", ma trovo invece allucinante la costruzione dell'intero personaggio di Lara Manni, con tanto di rapporti umani instaurati con i lettori tramite il Web, per poi farla svanire nel nulla - senza, come dici tu, uno straccio di dichiarazione (se non minacce di querele a quelli di Wikipedia) - una volta scoperta la bufala. Questa donna deve avere dei seri problemi... -.-
Non sapevo nulla invece del caso J.T. Leroy... O_o
Comunque, articolo ottimo e davvero interessante, come sempre! Bravo Tancredi! ^_^


message 8: by Arwen56 (new)

Arwen56 | 765 comments Articolo interessante. Io, ad esempio, il caso di Lara Manni non lo conoscevo.


message 9: by Rainb0warri0r (new)

Rainb0warri0r (rainbowarrior) Concordo con voi. Il punto fondamentale, mi sembra, è che si è passati dal nom de plume alla truffa vera e propria. Cioè si è passati dall'utilizzare un nome apposito per bollare la carriera prosaiola allo spacciarsi per altre persone completamente.
Emblematico davvero quello di Leroy, anche perché coinvolgeva due persone: Laura Albert, che scriveva, e Savannah Knoop, che impersonava fisicamente Leroy.
Della condanna per evasione fiscale citata da @Devero non so nulla. Io ricordo "solo" una condanna per truffa perché nel periodo in cui Ingannevole è il cuore più di ogni cosa era stato scelto da Asia Argento per una trasposizione cinematografica, l'altro libro, Sarah, era stato opzionato da Steven Shainberg e nel contratto Laura Albert aveva firmato come J.T.Leroy. Venuta a galla la verità Shainberg rinunciò al progetto e partirono cause legali.
Come approfondimento consiglio, se è ancora in circolazione, l'ultima edizione de Ingannevole è il cuore più di ogni cosa, accompagnata dal fascicolo Essere Laura Albert (o qualcosa del genere), una lunga confessione della scrittrice in cui svela tutti i retroscena. Una vita, la sua, quasi ancora più assurda e interessante di quella finta scritta sotto il nome di Leroy. Un personaggio davvero strano, ma strano strano.

Il caso Lara Manni... non vi dico di andare a cercare informazioni perché è stato il caos più totale. Caos peraltro svanito improvvisamente: da un certo momento nel web si è smesso di parlarne, quasi fosse diventato tabù. C'è anche da dire che una volta venuto fuori il bollino SIAE c'era ben poco da aggiungere; la conclusione più naturale avrebbe previsto una dichiarazione ufficiale da parte della Lipperini, ma così non è stato.
La cosa più sconcertante è l'intrico perverso che parte dalla Lipperini (con tutto il suo seguito, la sua corte e i suoi illumati colleghi wuminghi) passa attraverso editori e agenti letterari e finisce con EFP, il portale di fanfiction che ha più volte dato i natali, per così dire, a scrittrici esordienti (anche se le colleghe di Lara Manni dopo un iniziale e presunto boom sono scomparse nel nulla).
Il problema non è che la Lipperini, con tutto quello che ha da fare, abbia speso tempo ed energie per impersonare ventiquattro ore su ventiquattro una persona inesistente, ma che il caso Lara Manni si sia presentato come un miracolo nell'editoria italiana, la realizzazione di un sogno impossibile, salvo poi dimostrare che, non solo il merito non esiste e i raccomandati vincono ovunque, ma, ancora peggio, che è tutto gestito in famiglia. E questo non lo chiamo né uso alternativo dello pseudonimo letterario, né espressione di creatività e originalità, ma semplicemente truffa.


message 10: by Sakura87 (new)

Sakura87 | 2496 comments Mod
Della condanna per evasione fiscale citata da @Devero non so nulla. Io ricordo "solo" una condanna per truffa perché nel periodo in cui Ingannevole è il cuore più di ogni cosa era stato scelto da Asia Argento per una trasposizione cinematografica, l'altro libro, Sarah, era stato opzionato da Steven Shainberg e nel contratto Laura Albert aveva firmato come J.T.Leroy. Venuta a galla la verità Shainberg rinunciò al progetto e partirono cause legali.

Di queste cose capisco poco, ma mi sa che, in questo caso, firmare con nome falso potrebbe rientrare tra le pratiche per evadere il fisco, da qui la condanna.

Lipperini/Manni e mancanza di smentita. Ho sentito dire che ammettere pubblicamente di essere Lara Manni fomenterebbe gli attacchi personali di gente (tra cui Serino) che si scaglia continuamente contro di lei per motivi diversi da quelli editoriali. Questo perché la Lipperini è in un certo senso un personaggio scomodo, con le sue battaglie per il femminismo: tanto per dirne una, in passato si è messa contro Antonio Ricci per certe pubbliche recriminazioni contro l'uso delle veline.
Preso atto di ciò, non riesco a essere d'accordo con chi ha detto (e l'hanno fatto) "non puntiamole addosso i riflettori per il suo essere Lara Manni o chi ce l'ha con lei glielo userà contro in battaglie più importanti". Ognuno si prende le sue responsabilità. Non riesco nemmeno a essere d'accordo con chi ha detto "non possiamo giudicarla, le sue motivazioni non le conosciamo": non le conosciamo perché non ne ha date. E, se non ha voluto darne, si accolli le supposizioni anche maliziose che si fanno sul suo conto.

Quanto alla Rowling, anch'io sono un po' maliziosa, e credo che si sia stancata del giochetto perché non ha reso quanto sperava. Al primo che risponde: "Eh va be', come se le manchino i soldi", vi invito a recuperare dei vecchi articoli in cui si lamentava della pirateria dei suoi romanzi di Harry Potter perché le sottraevano proventi...


message 11: by Eustachio (new)

Eustachio | 19 comments Proprio oggi mi sono imbattuto nel sito di Robert Galbraith, dove tra le FAQ la Rowling risponde alle "insinuazioni" su chi abbia svelato lo pseudonimo:

Was revealing the true identity of Robert Galbraith not simply an elaborate marketing campaign to help boost sales?

If anyone had seen the labyrinthine plans I laid to conceal my identity (or indeed my expression when I realised that the game was up!) they would realise how little I wanted to be discovered. I hoped to keep the secret as long as possible. I’m grateful for all the feedback from publishers and readers, and for some great reviews. Being Robert Galbraith has been all about the work, which is my favourite part of being a writer. This was not a leak or marketing ploy by me, my publisher or agent, both of whom have been completely supportive of my desire to fly under the radar. If sales were what mattered to me most, I would have written under my own name from the start, and with the greatest fanfare.

At the point I was ‘outed’, Robert had sold 8500 English language copies across all formats (hardback, eBook, library and audiobook) and received two offers from television production companies. The situation was becoming increasingly complicated, largely because Robert was doing rather better than we had expected him to, but we all still hoped to keep the secret a little longer. Yet Robert’s success during his first three months as a published writer (discounting sales made after I was found out) actually compares favourably with J.K. Rowling’s success over the equivalent period of her career!


Sinceramente non so cosa credere. Ma ancora più sinceramente non mi interessa tanto la questione, mi accontento di avere un nuovo libro della Rowling neanche un anno dopo dal precedente, con tutto che The Casual Vacancy non mi è piaciuto granché.


message 12: by Sara (new)

Sara Sbaraglia | 95 comments Per quanto riguarda la Rowling io non sono tanto maliziosa. Se dice di aver voluto provare a cimentarsi in un genere diverso senza che il fatto di chiamarsi Rowling influisse su tutto (dalle vendite alle recensioni), le credo. Se in questo specifico frangente le fosse importato qualcosa dei soldi si sarebbe firmata col suo nome, che era per lo meno una garanzia in fatto di quattrini. Poi l'aver fatto outing dopo soli tre mesi non credo sia un segnale di vanagloria. Se è vero che un giornalista l'ha messa alle strette, l'outing è il minimo (considerando il caso di Lipperini/Manni, direi che è d'obbligo). E se non fosse vero, magari quei tre mesi le sono bastati al suo scopo, oppure si è stancata, oppure chissà.

@Sakura: mi sembra giusto che la Rowling si lamenti della pirateria. In fondo quelli sono soldi che le hanno rubato. Il fatto di averne già tanti non significa assolutamente nulla. XD


message 13: by Devero (new)

Devero | 633 comments Sara wrote: "@Sakura: mi sembra giusto che la Rowling si lamenti della pirateria. In fondo quelli sono soldi che le hanno rubato. Il fatto di averne già tanti non significa assolutamente nulla. XD "

Io non sono contrario alla pirateria a prescindere. Con edizioni pirata molte opere hanno fatto fortuna, e quando qualche editore propone prezzi eccessivi, non la ritengo riprovevole in quanto tale.


message 14: by Sara (new)

Sara Sbaraglia | 95 comments Devero wrote: "Sara wrote: "@Sakura: mi sembra giusto che la Rowling si lamenti della pirateria. In fondo quelli sono soldi che le hanno rubato. Il fatto di averne già tanti non significa assolutamente nulla. XD ..."

Ahaha! Ma nemmeno io sono contraria alla pirateria a prescindere, solo che non posso assolutamente dare torto agli autori di libri/film/videogiochi e via discorrendo che si scagliano contro di essa. Hanno decisamente ragione loro =)


message 15: by Devero (new)

Devero | 633 comments Il Presidente Jefferson disse una volta: "Se io ho una candela accesa e tu una spenta, non è che io perdo la mia luce facendoti accendere la tua candela alla mia".
Le idee circoleranno sempre, che uno lo voglia a meno. Quando l'avidità s'impone, allora vedrai che la pirateria si presenterà sempre. Lo fa coi prodotti fisici, figuriamoci con l'informazione.


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