Žučenko non lo turbava perché era più colpevole di lui. Žučenko gli faceva orrore perché era nato mostro, e questo lo scagionava. Lui, invece, Chmel’kov, era nato uomo, non mostro. Capiva confusamente che con i nazisti per chi voleva restare uomo la scelta era semplice: non la vita, ma la morte.