Eppure, in una lingua fatta di sorrisi, occhiate, pacche sulle spalle e una quindicina di parole russe, tedesche, inglesi e francesi – tutte storpiate – i prigionieri parlavano comunque di solidarietà, compassione, sostegno, amore per la casa, per le mogli e i figli con colleghi di decine di nazionalità e lingue.