Tutta la stanchezza del mondo

by Enrica Tesio

La passione è per sua natura volatile, avvampa e si consuma, è passeggera e, soprattutto, se incanalata nell’abitudine non può che sopirsi e scomparire. Fai della passione il tuo lavoro e presto non avrai più una passione, questa è la versione più realistica della massima di Confucio.

Se togliamo alla felicità lo status di scopo, la gravosa valenza di responsabilità morale, le sfumature progettuali, forse tornerà a essere quello che è, cioè un delizioso effetto collaterale del vivere, un’emozione che ti viene a stanare sotto il tavolo, il più dolce degli imprevisti. La felicità capita ogni tanto, non è un piano quinquennale, è un accadimento piuttosto raro, così raro che fatichiamo a riconoscerlo. Anche per questo Kurt Vonnegut invitava i propri lettori a tentare un esercizio semplice: far caso alla felicità, quando accade.

“Abbastanza” è una parola sottovalutata, evoca mediocrità, è un 41 alla maturità, un 99 all’università. E invece no, è tempo di riportarlo al suo significato originario, a interpretarlo come sinonimo di “assai”, parola gemella. Ad satis e a bastanza, in tempi antichi, volevano dire la stessa cosa, solo che l’uso del primo si è allargato per eccesso a coprire il senso di “molto”, il secondo è sceso per difetto a coprire il senso di “sufficiente”. Per fare caso alla felicità conviene considerare abbastanza come un assai. E quando abbastanza è assai? Questa la so, basta che poi i life coach non si inventino l’assaismo. L’abbastanza è assai quando sei così di buonumore da non voler andare a dormire, per goderti il momento ancora qualche minuto, ma alla fine ti addormenti

Il peggior body shaming, come si dice adesso, me lo sono fatto da sola. Che poi “shame” è una parola doppia perché significa vergogna, ma significa anche peccato. Ed è un peccato tremendo vergognarsi, ma soprattutto una madornale perdita di tempo ed energia. La seduzione ha molto a che fare con i difetti, con il desiderio di colmare una crepa, una ferita. La seduzione è compensazione. Ma questo lo so ora.

Sono stanca di tutte le parole, delle ansie, delle immagini mentali, delle rincorse, delle aspettative, delle distanze, dei filtri, della confusione tra estetica e seduzione, dei ruoli, dei regina reginella quanti passi devo fare per arrivare al tuo castello, dei female club, dei male club, dei rubinetti e dei conigli. E tu sei stanco come me? Allora è perfetto: io sono stanca a te.

Finisce quando lo devi comunicare alle famiglie, ai figli, ai vicini,1 quando tocca dirlo agli amici, ai conoscenti. Finisce quando per la prima volta rifai da sola le cose che facevi in coppia: il primo Natale, la prima vacanza, il primo cambio degli armadi. Finisce quando vieni a sapere di un nuovo amore. Finisce quando ti concedi un nuovo amore. Finisce quando vi perdonate e vi condannate, finisce quando vi ricordate il male che vi siete fatti, finisce quando vi ricordate il bene che vi siete fatti.

È fatica la noia. Con il giorno che dà un calcio a quello dopo per mandare avanti il tempo. Con la voglia di cambiare, ma non sapere da dove iniziare. Quel vivere male da dimissionari mi stanca, quando il “fuori” non è più lo spazio dove tutto è possibile, il fuori è solo una minaccia, la fonte infinita di nuovi livori. Mi ha chiamato un’amica sconvolta, aveva aperto la dispensa, trovato una scatola di piselli, scadeva nel marzo 2023. Il pensiero che nel marzo 2023 potesse stare esattamente come nel presente l’aveva annichilita. La possibilità che non succedesse nulla, che l’aspettasse solo un lungo rettilineo le ha fatto desiderare di buttarsi al fiume con una confezione di piselli formato famiglia al collo. Aspettare la nostra scadenza ci stanca.

Ogni tanto il mio umore cade, a prescindere dalla gravità della vicenda per cui è caduto bisogna tirarlo su. Tirare su l’umore mi stanca, farmi aiutare da qualcuno che mi vuole bene mi riposa.

Mi affatica la tristezza che mette all’angolo e sembra non ci sia via d’uscita. Sapere che gli angoli sono delle svolte mi riposa.

Le bugie mi stancano. Inventarle, dirle, ricordarsele, prendere le strade secondarie per non farsi trovare dalla verità.

il pianto come la pioggia si sente, mentre i sorrisi come il sole non fanno rumore.

Voler essere capita senza chiedere di essere capita è fatica.

Mi stanca essere scema. Si pensa che sia scemo chi non riesce a farsi entrare le cose in testa, quando è evidente che è scemo chi non riesce a farle uscire certe cose dalla testa. Ossessioni, paure, idee nocive.

Fatica è gestire i complimenti, se non me ne fanno ci resto male, se me ne fanno non so che cosa fare e allora dico non è vero.

È fatica avere la testa tra le nuvole. Ma ancora di più avere le nuvole nella testa.