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December 1 - December 1, 2023
femminicida.
una figura bizzarra e quasi animalesca, che nulla ha a che spartire con il resto degli esseri umani.
Nella narrazione del femminicidio divulgata dai quotidiani, il mondo e la cultura sessista di cui è impregnato sono spesso filtrati da lenti rosee, rassicuranti. Lenti che ci allontanano dal problema facendoci pensare che no, a noi non capiterà mai. E che gli uomini cosiddetti «normali» queste cose non le fanno.
sistema sentimentale corrotto.
Una vittima del troppo amore, della favolizzazione del sistema in cui siamo immersi.
L’aggettivo scelto, quel «buono», si muove in senso diametralmente opposto: lo giustifica, estraniandolo dalla dimensione di terrore e riportandolo alla sfera umana. Diventa una figura sensibile, un nostro simile con cui è facile empatizzare e del quale possiamo capire, fino quasi addirittura a condividerle, le ragioni del terribile gesto da lui compiuto.
«delitti a sfondo culturale», e che invece hanno preso nel linguaggio comune e mediatico il terribile e impreciso nome di «delitti passionali».
donne muoiono per possesso e cultura patriarcale, non per troppo amore. Non esiste il «troppo amore» e qualcuno ce lo dovrà pur insegnare, prima che altre centinaia di donne muoiano per questa colossale bugia. Non esistono incantesimi che fanno perdere la ragione, non c’è una mela stregata che renda le persone folli o tristi: ci sono uomini cresciuti nella cultura sessista fondata sul possesso e sulla prevaricazione.
responsabilità della morte di una donna, quando non può essere data al sovrannaturale, ricade sempre sulle spalle della vittima.
movente è la cultura patriarcale che ci ha insegnato a possedere le donne come degli oggetti.
Ci sono le donne, tutte quante, all’interno della rete della società patriarcale che le vuole in ginocchio, preferibilmente silenziose e sicuramente di proprietà maschile. Ogni donna che ho citato è morta per la stessa semplice ragione: perché donna. Nessuna di quelle che ho citato è morta per aver alzato la voce o abbassato lo sguardo sul cellulare: tutte sono morte perché hanno sovvertito le regole alle quali, secondo la logica maschilista, una donna dovrebbe sottostare.
basta con l’utilizzo di parole come raptus, eccesso di gelosia, amore, troppo amore, passione, nella descrizione dei femminicidi.
romanticizzazione
La romanticzzazione del femminicidio consiste, in particolar modo, nel sminuire, attraverso un accostamento d'aggettivi attribuibili a un campo semantico inerente al caso o alla volatilità emotiva del carnefice, la severità che circoscrive il reato in sé. Ciò fa sì che si compatisca il carnefice anzi che la vera vittima. [importanza della narrazione]
D.i.Re (Donne in rete contro la violenza),
GiULiA (Giornaliste unite libere autonome),
Estirpare questa terminologia romantica comporta un’automatica riflessione sulle cause culturali, rendendo l’articolo realmente informativo ed educativo, in termini di riconoscibilità della violenza e di prevenzione.
«la donna voleva lasciarlo» o «sembrava volesse la separazione» o «pensava avesse un amante»:
duplice problem...
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victim bl...
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incolpa la donna del reato da essa s...
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si invita il lettore a credere che ci siano delle motivazioni nel femminicidio.
Cercare motivazioni per giustificare le ragioni che hanno spinto il carnefice a compiere tale delitti, ridicolizza il femminicidio, spostando l'attenzione sul perché del reato anzi che soffermarsi del problema che alla base - ovvero il patriarcato e la oggettivazione della donna come possessione e non come "donna"
frasi come «aveva perso il lavoro» o «era depresso» o ancora «aveva bevuto»
il punto di vista che si sceglie per raccontare la vicenda. Solitamente è quello dell’uomo, quando al centro di questi episodi c’è la donna, alla quale purtrop...
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La cultura si riforma
cambiando il modo in cui noi parliamo, scriviamo, comunichiamo.

