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Che fare con la certezza che lo sguardo dell’altro parla la stessa lingua del nostro, che è possibile per un istante amare qualcuno, che è possibile salvarsi, che la felicità esiste?
Si trattava di mendicare amore, quel mostro spaventoso. Tutto si riduceva, in fondo, alla febbre dell’amore. Chiedere amore, supplicarlo in mille modi, con i trucchetti più egoisti e più falsi che si potessero concepire, valeva tutto. Eppure noi restammo comunque al suo fianco.
Quell’animale feroce, il mio fantasma, il mio incubo: era tutto troppo orribile per voler essere un uomo. Io non potevo essere un uomo in questo mondo.
Anche a me è capitato di girare per la città, errabonda, senza sapere cosa fare, dove nascondermi. Perché l’amore non arriva. La giovinezza mi scorre via tra le dita e l’amore non arriva. Soffro per questo. Soffro anche per il rifiuto. Ma la mancanza d’amore è peggio.
Il caldo trans era identico. Lo strato di trucco diventava tutto appiccicaticcio, una maschera di fango tiepido che tappava tutti i pori, perché l’anima non potesse scappare da lì ogni volta che subivamo un’aggressione.
Che ne sanno loro delle ore perdute a cercare di dominare la difficile arte della trasparenza e dell’abbagliare.
Per morire è necessario preparare la casa, ricevere il bambino che abbiamo saputo essere. Sapergli chiedere perdono per tutti i tradimenti, per tutte le bugie, per le sistematiche delusioni, per la strada perduta, per tutta la bellezza ignorata.

