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l’ultimo granello di quella maledetta clessidra che mi permetteva di vivere come uno struzzo, con la testa sotto la sabbia, si fosse finalmente deciso a staccarsi e cadere giù, insieme a tutti gli altri. Lo struzzo ci muore, così, dentro la sabbia della clessidra. Mi sa che mi tocca spaccare il vetro, il tempo. O almeno tentare di ribaltare la clessidra. Di ricominciare. Perlomeno, di darmi la possibilità di farlo.
X è una croce. Obliqua come obliquo è il modo di vivere la spiritualità per alcuni dei personaggi di questa storia. Una croce a tratti cattolica, a tratti celtica. Talvolta è difficile distinguerle l’una dall’altra, perché storte entrambe. Perché quanto racconterò ha anche a che fare con qualche fascista, ma soprattutto col fascista inconsapevole dentro ognuno di noi. È di tabù che si parla. E della difficoltà di romperli. Della necessità di farlo, e di farlo ora. Prima che siano loro a rompere noi.
A proposito di cuori. Mi sa che io al posto del cuore c’ho un cubo di Rubik. Appena uscito dalla scatola, tutti i colori erano perfettamente allineati, le sei facce uguali. Perfetto come il suo cuore quasi-gemello, il tuo. Poi la vita, come una bambina fuori di testa, ha pensato bene d’incasinarmi tutti i lati. Una parola detta con troppa rabbia, e tac!, la bambina spostava un lato.
Un girotondo finito con un ragazzino che mi alzava la gonna, e tac!, un altro lato. Un amico che se ne va per sempre, e tac!, di nuovo. Tac, tac, TAC! Finché a un certo punto anche per me è diventato impossibile dare un senso a quel cuore Arlecchino, con tutti i tasselli colorati fuori posto. È così che è diventato il rompicapo che è.
È strano il meccanismo della proiezione: odiamo di più gli altri, quando ci mostrano parti di noi che vorremmo dimenticare.
Tu dicevi sempre che la vita è assurda: o non succede niente – tempo che passa, acqua di mare sulla banchina, sabbia dentro la clessidra che pare intoppata, scende lenta che manco te ne accorgi – oppure succede tutto insieme. Sembra, poi, che le cose brutte abbiano un talento particolare per piombarti addosso a valanga. Da questo punto di vista la vita è un eccheccazzo continuo. A volte in positivo, altre in negativo. Inutile specificare in quale punto nello spettro delle emozioni si collocasse il mio “eccheccazzo”, quell’estate.
Credo di doverti innanzitutto una manciata di ricordi. Alcuni luminosi, di quelli che quando la notte è scura si lasciano stringere in mano e ti scaldano col loro profumo di felicità, antenata e anima della speranza più sincera. Di questi ricordi ti ringrazio: non potrei né vorrei fare altrimenti.