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Nel 2012 un’indagine del Forum economico mondiale ha evidenziato che nei Paesi dove si parlano lingue con i generi grammaticali, e di conseguenza quasi tutti gli enunciati presentano un’idea forte di maschile e femminile, le disuguaglianze tra i sessi sono piú marcate33
ma la realtà è che se anche fossero riusciti a disegnare un podista «di genere neutro» molti di noi lo avrebbero comunque interpretato come maschio, perché è cosí che facciamo: leggiamo le cose al maschile, a meno che non siano marcate in modo esplicito come femminili. E
«Disegna uno scienziato» somministrati a bambini di entrambi i sessi: i bambini, purtroppo, disegnano quasi sempre un uomo. Un preconcetto enorme e ben radicato, tanto da indurre i media di tutto il mondo a celebrare con accenti trionfali il fatto che oggi il ventotto per cento dei bambini disegni una scienziata femmina
La nostra percezione del mondo come realtà abitata soprattutto da maschi si estende persino al di là del genere umano: quando i partecipanti a uno studio sono stati invitati a riconoscere come femmina un animaletto di peluche privo di connotati di genere, si è constatato che sia i bambini sia i genitori e le altre figure di accudimento continuavano a riferirsi all’animaletto con il pronome maschile42. Gli autori dello studio hanno cosí scoperto che solo un peluche di aspetto «superfemminile» poteva sperare di essere identificato come «lei» da poco meno della metà dei partecipanti allo studio.
Ma forse l’esempio piú macroscopico di questo tipo di ingiustizia è la storia di Rosalind Franklin, che grazie ai suoi esperimenti con i raggi X e alle misurazioni della cella elementare accertò che il Dna è composto da due catene piú una spina dorsale zucchero-fosfato, permettendo a James Watson e Francis Crick (che vinsero il Nobel e oggi sono famosi in tutto il mondo) di «scoprire» il Dna.
La storia del genere umano. La storia dell’arte, della letteratura, della musica. La storia dell’evoluzione. Ci sono state presentate come fatti oggettivi, ma in realtà nascondono un inganno, giacché sono distorte dalla mancata percezione di metà del genere umano, e persino dalle stesse parole che vorrebbero esprimere quelle mezze verità. Una mancata percezione che ha creato vuoti informativi, che ha alterato ciò che pensiamo di sapere su noi stessi e alimentato il mito dell’universalità maschile. E anche questo è un fatto. Il
prima vista sembra giusto e corretto assegnare un’identica porzione di spazio ai sanitari delle signore e a quelli dei signori; in fin dei conti si è sempre fatto cosí. La divisione fifty-fifty della metratura disponibile è addirittura sancita nero su bianco dalle norme per la costruzione degli impianti idrici. Ciononostante, nelle toilette maschili dotate sia di orinatoi sia di cabine il rapporto tra numero di potenziali utilizzatori e superficie del locale è molto piú vantaggioso rispetto alle toilette femminili che
hanno soltanto le cabine. Ed ecco che all’improvviso la parità di spazi non è piú tanto giusta. Se i servizi maschili e femminili avessero un’identica quantità di cabine, però, il problema non sarebbe ancora risolto, perché la quantità di tempo necessaria a una donna per utilizzare una toilette può essere fino a 2,3 volte superiore a quella di un uomo3
Anziani e disabili ci mettono ancora di piú, ed entrambe le categorie hanno una componente maggioritaria femminile. E sono in prevalenza le donne ad andare ai servizi in compagnia di un bambino o di un anziano disabile4. Infine bisogna tener conto di quel venti, venticinque per cento di donne in età fertile che nei giorni del ciclo potrebbe aver bisogno di cambiare un assorbente o un tampone. Ci sono poi altri motivi per cui le donne usano il bagno piú spesso degli uomini: le gravidanze, per esempio, riducono in misura significativa la ...
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stando ai dati di WaterAid le donne e le ragazze di tutto il mondo impiegano ogni anno ben novantasette miliardi di ore nella ricerca di un luogo sicuro dove espletare le proprie necessità8
Stando a un’inchiesta del 2016, le donne indiane che vanno nei campi a espletare le proprie necessità corporali hanno, rispetto alle donne che dispongono di un servizio igienico domestico, il doppio delle probabilità di subire violenza sessuale da una persona diversa dal loro compagno22. A seguito dell’uccisione di due ragazzine di dodici
Trattenere l’urina può causare infezioni della vescica e del tratto urinario; frequenti sono anche i problemi di disidratazione e di stitichezza cronica28. Anche l’espulsione delle feci all’aperto può essere all’origine di svariate infezioni e patologie: malattia infiammatoria pelvica, parassitosi da vermi, epatite, diarrea, colera, polio e varie affezioni portate dall’acqua. Alcune di queste infermità uccidono soltanto in India milioni di persone ogni anno, soprattutto donne e bambini
le probabilità di contrarre la sindrome da shock tossico di origine streptococcica dovuta all’uso di tamponi durante il ciclo «si accresce quando non vi è la possibilità di accedere a un bagno per cambiarsi»
Nel 2017 una ragazza inglese ha raccontato su Twitter ciò che le era successo dopo che aveva segnalato al conducente del suo autobus le molestie di un passeggero65. «Sei carina, che pretendi?» era stata la risposta. Qualcosa di molto simile è capitato a una ventiseienne di Delhi: «Saranno state le nove di sera. Un tizio seduto vicino a me ha allungato le mani; io ho strillato e l’ho spinto via, poi ho chiesto all’autista di fermare il mezzo. Mi è stato detto di scendere e di risolvere la situazione da sola, perché stavo facendo tardare l’autobus»
La maggior parte delle donne che frequentano una palestra avrà sperimentato quel momento di esitazione che precede l’ingresso nella zona pesi, quando si sa che il plotone di uomini presenti è già pronto ad affibbiarti un campionario di soprannomi che grossomodo va da «rompiscatole» a «fanatica».
Secondo l’«Economist», l’Islanda è il miglior Paese al mondo per le donne lavoratrici6.
se c’è una cosa che lo sciopero delle islandesi ha dimostrato con chiarezza è che l’espressione «donna lavoratrice» è una tautologia. Non esiste una «donna non lavoratrice»: esiste tutt’al piú una donna che non viene pagata per il suo lavoro.
Sappiamo da tempo che le pazienti sottoposte a interventi cardiochirurgici (soprattutto prima dei cinquantacinque anni) hanno esiti peggiori rispetto agli uomini; tuttavia la ragione del fenomeno si è scoperta soltanto nel 2016, grazie a un gruppo di ricercatori canadesi. «Ci siamo accorti che le donne tornano a casa e riprendono subito le loro mansioni di cura, mentre gli uomini hanno, nella maggior parte dei casi, qualcuno che si occupa di loro»,
in caso di infarto le donne che vivono sole si riprendono meglio di quelle sposate.
Uomini e donne single dedicano alle faccende di casa pressappoco la stessa quantità di tempo; quando invece inizia la coabitazione, «il carico di lavoro domestico delle donne aumenta mentre quello degli uomini diminuisce, indipendentemente dalla posizione lavorativa di entrambi»,
Non è detto che tutti i dirigenti maschi eterosessuali abbiano a casa una moglie a tempo pieno, perché sono molte le donne che non possono permettersi di rinunciare completamente al lavoro. E cosí, per conciliare nel migliore dei modi lavoro retribuito e responsabilità di accudimento, le donne scelgono il part-time: stiamo parlando del quarantadue per cento delle lavoratrici in Gran Bretagna, contro l’un per cento dei maschi, ovvero di una forza lavoro part-time composta per il settantacinque per cento da donne40
Brasile, Bolivia e Botswana, in cui la copertura pensionistica è pressoché totale e il divario di genere è stato ridotto «grazie all’introduzione di schemi non contributivi facilmente accessibili a tutti»59. Alle lavoratrici boliviane viene accreditato un anno di contributi per ogni figlio, fino a un massimo di tre. Si è inoltre scoperto che l’introduzione di crediti pensionistici a favore del genitore che ha la responsabilità primaria dei figli incentiva gli uomini ad assumersi una quota maggiore del lavoro di accudimento60
A partire dal 2008 l’Ue ha cercato di estendere il congedo per maternità a venti settimane a stipendio intero71: la proposta è rimasta nel limbo per anni, dopodiché, nel 2015, è stata definitivamente abbandonata in buona parte grazie alla strenua opposizione della Gran Bretagna e delle sue lobby economiche72. Senza piú la Gran Bretagna, forse tra poco le donne dell’Unione europea potranno beneficiare di questa riforma progressista.
Le cose vanno ancora peggio negli Stati Uniti, uno dei quattro Paesi al mondo che non garantiscono alcuna indennità alle madri76
Da numerosi studi svolti in tutto il mondo risulta che, rispetto ai colleghi maschi con pari requisiti, le studentesse e le docenti universitarie hanno molte meno probabilità di ottenere fondi per la ricerca, fissare appuntamenti con gli insegnanti, trovare un docente piú esperto che si offra di far loro da mentore, e persino ottenere un posto di lavoro18. E se le madri sono meno stimate e meno pagate, spesso i padri sono favoriti rispetto ai colleghi senza figli (cosa che di certo non accade solo negli ambiti accademici)
gli annunciò «che servivano parcheggi per le donne incinte [vicino all’ingresso principale], preferibilmente al piú presto. Brin «accettò subito, ammettendo di non averci mai pensato prima»2. Sandberg, dal canto suo, si sentí in imbarazzo per non essersi «resa conto che le donne incinte avevano bisogno di un posto auto riservato finché i [suoi] piedi doloranti non ne avevano fatto esperienza diretta»
E poi c’è la temperatura standard degli uffici. Determinata negli anni Sessanta in funzione del metabolismo basale di un maschio di quarant’anni che pesa settanta chili4. Uno studio recente ha tuttavia dimostrato che «il metabolismo basale delle giovani donne che svolgono mansioni poco impegnative in un ufficio è significativamente piú basso rispetto ai valori standard degli uomini impegnati in attività analoghe. La formula degli anni Sessanta sovrastima il metabolismo femminile di un buon trentacinque per cento, il che significa che la temperatura negli uffici è in media cinque gradi al di
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stesso vale per i tumori alle ovaie causati da esposizione all’amianto (tra le principali sostanze cancerogene secondo l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro), che pure sono la neoplasia ginecologica piú diffusa tra le donne inglesi. Come se non bastasse, il Comitato esecutivo per la sanità e la sicurezza non raccoglie dati sui tumori alle ovaie da amianto. La scarsa conoscenza dei fattori di rischio negli ambiti lavorativi a prevalenza femminile si deve in parte al fatto che spesso le mansioni svolte non sono che un’estensione, per quanto su una scala piú vasta e quindi con un
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Non tener conto dei corpi femminili significa non soltanto avere apparecchiature militari che non funzionano a dovere sulle donne, ma anche mettere in pericolo la loro incolumità.

