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Read between February 25 - July 27, 2025
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Viviamo in città superaffollate. Abbiamo violato, e continuiamo a farlo, le ultime grandi foreste e altri ecosistemi intatti del pianeta, distruggendo l’ambiente e le comunità che vi abitavano. A colpi di sega e ascia, ci siamo fatti strada in Congo, in Amazzonia, nel Borneo, in Madagascar, in Nuova Guinea e nell’Australia nordorientale. Facciamo terra bruciata, in modo letterale
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e metaforico. Uccidiamo e mangiamo gli animali di questi ambienti. Ci installiamo al posto loro, fondiamo villaggi, campi di lavoro, città, industrie estrattive, metropoli. Esportiamo i nostri animali domestici, che rimpiazzano gli erbivori nativi. Facciamo moltiplicare il bestiame allo stesso ritmo con cui ci siamo moltiplicati noi, allevandolo in modo intensivo in luoghi dove confiniamo migliaia di bovini, suini, polli, anatre, pecore e capre – e anche centinaia di ratti del bambù e zibetti.
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Ecco a cosa sono utili le zoonosi: ci ricordano, come versioni moderne di san Francesco, che in quanto esseri umani siamo parte della natura, e che la stessa idea di un mondo naturale distinto da noi è sbagliata e artificiale.
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C’è un mondo solo, di cui l’umanità fa parte, così come l’HIV, i virus di Ebola e dell’influenza, Nipah, Hendra e la SARS, gli scimpanzé, i pipistrelli, gli zibetti e le oche indiane. E ne fa parte anche il prossimo virus killer che ci colpirà, quello che ancora non abbiamo scoperto.
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Ecco cosa distingue gli esseri umani per esempio dai bruchi: noi, al contrario di loro, possiamo fare mosse intelligenti.